lunedì 30 novembre 2009

Saluti da Andrea.




Non ci sono mai andato di persona ma chi ci è stato è tornato diverso, cambiato. Devi prendere aerei sempre più piccoli, poi una barca a motore, poi una barca a remi, poi una macchina, una moto, una bicicletta, un mulo. Poi a piedi, poi sui gomiti, poi crolli e quando ti svegli sei arrivato. Questo scrive il mio amico sulle cartoline che mi spedisce. Il posto è bellissimo, ci sono le palme e i pappagalli, i pappagalli forse, ma non è detto, li senti fischiare, a volte parlano, ma potrebbero essere nastri amplificati. Quando arrivi non ti è permesso guardare fra i rami, ci sono delle procedure. L'ingresso è decorato a motivi floreali e un ragazzo con maschera tribale ti chiede i bagagli. È una specie di scherzo, nessuno ha bagagli. Questo scrive il mio amico su cartoline tutte uguali, le uniche in vendita alla reception. Poi entri ti vai a sedere perché ti senti stanco, forse per il caldo, l'umidità, gli insetti invisibili che vivono negli angoli ciechi, e vedi dei libri sui tavolini del bar. Sono tavolini spartani, fatti di rami scortecciati e noci di cocco una sull'altra in fragile equilibrio. Pensi che sia un posto bellissimo, così pensi, pensi che le noci di cocco crolleranno da un momento all'altro. Afferri un libro dalle pagine consumate dall'uso, sporche di salsedine e sughi e guano, fai finta di leggere perché le parole sono scritte in una lingue inventata e comunque sei troppo occupato a pensare che sia un posto bellissimo. Questo scrive il mio amico e le sue cartoline hanno francobolli completamente bianchi. Non è un hotel come tutti gli altri, la spiaggia è troppo lunga, la giungla fitta di sentieri, non ci sono indicazioni, cartelli, solo una freccia, ogni tanto, e continuano a spostarla. Ti puoi sedere sulla sabbia, facendo attenzione ai paguri e agli anellidi fuori misura che esistono solo lì, così gialli e neri da sembrare velenosi. Il ragazzo tuttofare, quando si sente particolarmente in vena, se li mette sulla lingua, li fa girare in bocca e li sputa fuori, masticati, per la gioia degli ospiti. Anche se dopo un po' gli ospiti non li vedi più così spesso. Si sparpagliano nei bungalow. Pensi che siano tornati a casa, soggiorno terminato, anche se ogni tanto ti sembra di averne visto uno imboccare un sentiero, o entrare in mare quando è già venuto buio. Questo scrive il mio amico e la sua calligrafia cambia, cartolina dopo cartolina, diventa sottile. E come si mangia bene. Lumache, crostacei, pipistrelli, bocche iperdentute di pesci abissali. Salse, architetture vegetali per contorno, e acqua, acqua pura, a volontà. Le pietanze non sono fatte per essere mangiate, si capisce, servono solo per consentire le grandi bevute. C'è sempre questa sete in giro che ti insegue, ti tiene sveglio a sudare mentre, nudo, giaci sulle lenzuola fradice a riflettere. I pappagalli di notte tacciono, questo scrive il mio amico, non firma più le cartoline ultimamente. Dopo un po' il sole, tutta quella luce, ti cambia il colore degli occhi a furia di cercare nuvole in quel cielo bellissimo, pensi che sia tutto bellissimo, anche il cielo, ma soprattutto le nuvole. Le nuvole ogni tanto cadono, tutte intere, senza preavviso, vengono giù, si schiantano da qualche parte là in fondo, vicino all'orizzonte, o il giorno dopo trovi alghe putride e pesci morti sulla battigia. Hanno un buon odore, pensi, e tutto è bellissimo. Avere sete, ascoltare i pappagalli, resistere alla tentazione di imboccare un sentiero, uno qualunque, immaginando che porti a una cascata, a un lago, a una fabbrica di nuvole. Questo scrive il mio amico e l'inchiostro che usa da nero sta diventando azzurro. A un certo punto arriva la febbre, inizi a scottare, il ragazzo tuttofare dice che è normale, che non ti devi preoccupare, passerà. In effetti non è così male, sei solo più lento nei movimenti, vai soprappensiero con più facilità. Diventa anche più facile aspettare che venga sera, la schiena appoggiata al tronco di una palma, i pappagalli da qualche parte là in alto, felici, sembra che ridano. Quando non riesci ad alzarti qualcuno ti porta dell'acqua, ti accarezza la testa, ti lascia dove sei mentre sbucano le stelle, oh, le stelle, oh, così luminose, così silenziose. Questo scrive il mio amico, dopodiché le sue cartoline contengono solo disegnini e scarabocchi.

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