Prendo per mano il bambino, trovando conferma nella carne morbida e calda della mano del bambino, ricevendo dalla concretezza della mano del bambino l'ordine di resistere e di combattere, di fare quello che andava fatto, andare avanti senza pensare, senza farsi domande. Mi volto a guardare il bambino e lo vedo sereno, la totale fiducia contenuta nella sua mano si estende agli occhi del bambino, al suo sguardo preoccupato solo di vedere corrisposta la tranquillità, la completa protezione da ogni pericolo, e gli sorrido, gli dico la tua mano è calda. Il bambino annuisce, mi dice non ho freddo papà, lo dice per scaldarmi, per farmi capire che dovrei fare qualcosa per stare caldo anch'io, che la mia di mano adulta è fredda, è forte ma fredda. È tutto a posto, dico al bambino, proviamo di qua, il bambino saltella per affrettare il passo, mi chiede Lì dentro? dico Sì, sbatto le suole sull'asfalto del parcheggio per far circolare il sangue nei piedi formicolanti di gelo. Il bambino mi imita e ride, è tutto un gioco per il bambino, la sua mano si aggrappa alla mia e stringe forte quando entriamo nella penombra del piano interrato, sotto l'ipermercato di Parabiago. Non ci sono mai stato a Parabiago, non so nemmeno dove sia sulla cartina, ma non ci devo pensare, sarebbe una perdita di tempo e noi di tempo da perdere non ne abbiamo mai, non abbiamo mai tempo per niente che non sia proseguire, mettere un piede davanti all'altro, obbedire agli ordini che vengono dall'alto, da dentro, da un posto comunque lontano. L'ipermercato di Parabiago è una struttura di cemento armato grezzo, lasciato grigio e ruvido per volere del progettista, in risposta a esigenze artistiche che restano implicite. È un groviglio di spirali, l'ipermercato di Parabiago, ci sono passaggi che non portano a niente, ci sono false scalini e piattaforme all'abbandono, prive di ringhiere e marchiate con simboli confusi, esistono condotti sotterranei e pozzi di ventilazione, e ovunque segnali luminosi e manifesti pubblicitari decorativi. Il bambino non deve avere dubbi, è il motivo per cui non mi devo fermare, è la ragione per cui devo fingere di conoscere la strada, avere la situazione in pugno. Guardo il bambino, gli chiedo Va tutto bene? e il bambino smette di spalancare gli occhi in giro per mentirmi dicendo Sì, solo Sì, tempo fa avrebbe fatto solo un cenno, ora il suo coraggio è aumentato, possiede la sicurezza di un'aperta menzogna, è come se dicesse Niente mi fa piangere, Niente mi fa paura quando mi tieni per mano. Canzoni natalizie provengono da lontani e invisibili diffusori e coprono in parte i fischi delle correnti d'aria che invitano a entrare nell'imboccatura del tunnel più vicino. Il bambino dice Che cos'è questa puzza? gli rispondo che è il parcheggio sotterraneo, Non è niente, è puzza di parcheggio, e lui dice Guarda papà, si va di là. C'è un ascensore e dentro all'ascensore una donna impellicciata che parla senza dire niente, non riesco a trattenere il significato di quello che dice per un tempo sufficiente a memorizzarlo, la donna stessa mi dà l'idea di una proiezione olografica registrata, proiettata dentro all'ascensore per motivi noti solo ai dirigenti dell'ipermercato di Parabiago. Il bambino invece la comprende, si schermisce quando la donna gli fa una domanda che mi scivola fuori dalle orecchie, ride quando la donna dice qualcosa di spiritoso che potrebbe divertire anche me, ne sono certo, se solo mi sforzassi di più nel trovare il modo di accettare le sue parole. Premo un bottone e la donna mi sgrida mi dice qualcosa ma io capisco Intervallo, Piano intervallo, e il bambino mi guarda, si aspetta che io risponda alla donna, inizia a sospettare che qualcosa non vada, così io dico alla donna La smetta, Faccia silenzio, e la donna si offende, smette di blaterare, si volta dall'altra parte.
(Foto di http://www.sven-fennema.de/)
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