Stavo guardando Discovery Channel, trasmettevano uno dei tanti documentari che trovo così rilassanti. A volte se per qualche motivo non riesco a dormire vedo sul divano, metto le cuffie e ascolto un film ad occhi chiusi o meglio un documentario su uno dei vari canali scientifici. Le voci narranti dei documentari hanno il più delle volte un suono molto gradevole da ascoltare.
Ce n'era uno sulla luna ieri. La luna ci sta lasciando: si allontana di 3,8 centimetri all'anno. Sono 38 Km ogni milione di anni. Quando sento parlare di quantità di tempo così vaste comincio davvero a considerare la consapevolezza una condanna, la punizione per una qualche mancanza compiuta nei confronti di un'entità soprannaturale. Cosa sono cento anni di vita? Niente.
Il monte conoscenze dell'umanità si accumula da qualche migliaio di anni, in termini di tempo astronomico è niente. anche le distanze che possiamo percorrere sono niente; in cento anni di vita pur viaggiando a velocità prossime a quella della luce non andremmo lontani. Siamo come formiche su una crosta di pane che galleggia in mezzo all'oceano.
Se immagini di poterti sollevare dalla superficie terrestre fino ad abbracciare con lo sguardo l'intera rotondità del pianeta, guardi giù e vedi questi formicai di esseri umani che brulicano e inseguono i più disparati obiettivi personali nell'ambito di necessità collettive. Come qualsiasi altra forma di vita deve nutrirsi, scaldarsi, riprodursi, sfuggire a tutte le cause di morte che si trovano dentro e fuori da sè.
Il fatto che la luna si allontani, mi racconta questa bella voce nel documentario, comporta la fine della vita sulla Terra. Il bello è che comunque la luna sarà anticipata dal sole in quest’opera di annientamento. Il sole si espande e ci carbonizza prima che la luna sia così lontana da creare grossi problemi.
Così io mi ritrovo a chiedermi che senso abbia essere coscienti della propria esistenza. Non era meglio nascere senza consapevolezza, guidati solo dall'istinto? Se davvero esiste un'entità soprannaturale cui ricondurre il nostro stato, che volontà perversa e crudele deve avere per farci dono della consapevolezza? Che cosa gli abbiamo fatto di male per meritarci questo?
Siamo destinati a sapere che non solo avremo fine come individui, è già questo non è bello da affrontare, ma anche che avremo fine come specie, come pianeta intero. Non abbiamo modo di scappare da nessuna parte. Gli scienziati ipotizzano come soluzione la costruzione di immani navi spaziali dove gli uomini si imbarcheranno per vivere nello spazio.
Altri scienziati dicono che le stelle man mano moriranno una ad una e a un certo punto l'universo smetterà di espandersi e tornerà a contrarsi. A quel punto anche essersi rifugiati nelle astronavi per scappare da qua non sarà servito a molto.
L'unica soluzione per me è la consapevolezza a scartamento ridotto, a compartimenti stagni: ignoro, faccio finta di niente, spero solo che questa conoscenza dei fatti mi renda meno terrorizzante il momento di salutare tutti e cedere il testimone. Quando vedo qualcuno in grado di vivere con inconsapevole trasporto emotivo sono sempre dilaniato da due opposte emozioni: la compassione per la vittima di un paradiso terreno illusorio e l'invidia per la capacità di sottrarsi al peso di troppa conoscenza.
Dicono che senza la notte non potrebbe esserci il giorno, come dire nel nostro caso che senza questa mancanza di senso dell'universo non potrebbe fiorire la ricerca di un senso che in fondo è ciò che ci contraddistingue come esseri consapevoli. L'importante è non spingensi oltre, restare in equilibrio nel mezzo, senza mai chiedersi il senso della ricerca di un senso.
una volta Dio si faceva vivo per darci delle risposte, poi si vede che le domande son diventate troppo difficili anche per Lui.
domenica 22 marzo 2009
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