Io & Marley parla di un uomo e di una donna che decidono di metter su famiglia e ne racconta le vicissitudini per mezzo di un cane. Un cane come preludio di un figlio, come anticipo, test propedeutico, esorcismo della paura che tutti hanno, o dovrebbero avere, di fronte alla decisione di riprodursi.
E questo cane non delude le aspettative, proprio come un figlio irrompe, sconvolge, provoca tutti quei cambiamenti che sembrano coinvolgere solo l'aspetto esteriore della vita, le abitudini, i gradi di libertà, gli equilibri di coppia, mentre in realtà ciò che modifica sono gli attori stessi, i coniugi, costretti a una costante rivoluzione creativa della propria vita, ormai al di fuori di qualsiasi rassicurante, prospettico, fiducioso controllo. Non solo il cane non delude le aspettative, ma le supera, rivelando un carattere tanto affettuoso quanto incontenibile, disubbidiente, dispettoso, prepotente.
In tale contesto seguiamo il crescere e l'invecchiare dei protagonisti. Arriva il primo figlio. Lui insoddisfatto perché crede di saper fare il reporter quando invece è un ottimo opinionista. Lei insoddisfatta perché non vuole lasciare il lavoro ma nemmeno vuole essere una di quelle madri che vedono i figli un'ora al giorno. Il secondo figlio. Lei che non ce la fa più, è esausta, stanca morta di fatica, molla il lavoro per stare coi figli. Lui che è costretto ad accettare il fatto che probabilmente non scriverà mai articoli importanti ma resterà opinionista perchénon può permettersi di rischiare il lavoro, i soldi non bastano mai. Il terzo figlio. E il cane a fare da filo conduttore. Lei in fondo non riesce a concepire l'idea di abbandonarlo. Lui grazie al cane scrive la sua rubrica umoristica. In fondo è il cane che produce le entrate della famiglia.
Lui compie quarant'anni. Tempo di bilanci. Hanno resistito. Nonostante tutte le difficoltà. Lei dice non ti dicono mai quanto sarà dura, nessuno ti insegna il mestiere di genitore. Lui dice sì che lo fanno, ma non vengono ascoltati, si pensa che siano solo tristi e sfortunati. Lei dice cambia lavoro. Lui dice ormai son troppo vecchio. Lei dice non siamo vecchi, noi tutti ti seguiremo ovunque andrai. E lui ci crede e tenta di afferrare per la coda la carriera che ha sempre sognato: il reporter.
Si trasferiscono dalla Florida a Filadelfia. Dal caldo al freddo, come se anche il clima partecipasse all'azione. I bambini crescono. Il cane invecchia. Lui scopre che in fondo non gli piace fare il reporter, che opinionista non è accontentarsi, rassegnarsi, arrendersi, ma accettare la fortuna di essere bravi almeno in qualcosa, anche se quel qualcosa non è grandioso quanto si vorrebbe.
Il cane ha finito di accompagnare i due umani, di interpretare la parte della colonna portante del fragile edificio chiamato famiglia. È rimasto vicino ai loro bambini, ha provocato scompiglio nei momenti di noia, ha dato affetto nei momenti di debolezza.
Il cane muore.
domenica 19 aprile 2009
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