Uno dei sogni più strani è un sogno con la bomba, come questo che ho fatto un paio di notti prima del terremoto giapponese: eravamo seduti intorno a un tavolo, al sole, chiacchierando, godendoci il panorama. Le associazioni. Quante associazioni. Quando osservo mio figlio che sogna mi immagino di vedere le associazioni sotto forma di temporale, di fulmini dentro la bambagia di nubi gentili, tuoni silenziati, sentimenti quatti quatti, fulmini arrendevoli. Le associazioni capitano, avvengono dentro di noi, afferma chi vuole sbrigarsi a troncare l'argomento, senza che ce ne rendiamo conto, a nostra insaputa, o quanto meno fuori dai confini della nostra volontà. Contatti elettrici governati da un caos capace di organizzarsi in modo spontaneo. La dimostrazione è l'evidenza, basta domande, la scienza si ferma qui e non ammette opzioni irrazionali. Stavo parlando di associazioni come parlo quando il mio unico scopo è obbligare il mondo a lasciar trascorrere del tempo senza che succeda niente, senza che debba per forza cambiare qualcosa. Toccavo il tavolo, grattavo il legno rugoso per rimuovere frammenti di vernice, granelli di sporcizia, portare alla luce il marrone più chiaro che riposa al di sotto, protetto, nascosto. Per esempio tutto questo lo associo alle praterie americane, dico, e mostro con la mano i prati, alle cittadine di provincia americane, dico e indico le strade, i cartelli scritti in inglese. Al tavolo ci sono mia moglie e mio figlio e un uomo che è di schiena, è controluce, è mio padre ma è anche un barbone, o Gesù, o una statua messa lì per divertire i turisti, perché qualcuno salti su a dire forza, scattami una foto mentre abbraccio la statua, mi siedo in braccio alla statua, assumo la medesima espressione corrucciata della statua. Per esempio, dico, associo quest'uomo a una statua e mi ricorda un pellerossa a grandezza naturale che pubblicizza whisky e tabacco, puntando l'indice verso il cielo, e mi ricordo che mi sarebbe piaciuto fare una foto con la statua dell'indiano, mi sarebbe piaciuto far finta, nella foto, che mi stesse indicando qualcosa di molto importante che sarebbe rimasto fuori campo, qualcosa di cui indovinare la natura partecipando dell'espressione e dello sguardo miei e dell'indiano, e sarebbero stati contrastanti, lui preoccupato, io estasiato. Non se ne è fatto niente, dico nel sogno a mia moglie, che sta guardando lontano forse ascoltandomi forse no, dico a mio figlio, che mi sta imitando nello scalfire il legno del tavolo ammorbidito da piogge recenti, dico all'uomo padre barbone Gesù statua, che mi sto convincendo sia un aggeggio robotizzato per come mi fissa, disinteressato, come se condividesse la mia necessità di un periodo superfluo, da buttare via, durante il quale si possa avere la certezza che ogni cosa rimarrà al tempo zero, lo sguardo di un animale feroce che si è abituato alla gabbia, lo sguardo che gli viene quando ha appena consumato la razione e sa che per oggi non accadrà di nuovo. Il sole produce la sensazione di spilli di quando l'aria è secca, il cielo della tonalità di azzurro che fa viaggiare i suoni così distanti da farti sentire uccelli che cinguettano anche dove girandoti non riesci a trovarne. Non c'è traffico né folla, non c'è vento né ombre, dev'essere mezzogiorno, dev'essere domenica, penso, non c'è nemmeno il sottofondo, i rumori che non sentiamo, i particolari che non vediamo, il mondo che brulica in modo così costante e monotono da imporci di ignorarlo o impazzire. Taccio, non parlo più di associazioni, non dico più niente per capire quanto durerà il silenzio, fino a quando mia moglie e mio figlio resteranno incantati nella bolla di pace irreale che non voglio essere il solo a percepire intorno, nei riflessi del sule su vetri e metalli, nei profumi di erba, di terra, di fiori, nella luce leggera che si tuffa come la carezza di una febbre cerebrale dentro alla pelle delle braccia, delle guance, della fronte, facendoti sentire ubriaco e stanco, in grado di resistere a qualunque tipo di freddo, compreso quello del cuore. Mio figlio alza la testa prima degli altri perché i bambini sentono frequenze che vanno perdute con l'età. Mio figlio si volta e mi chiede conferma con un'occhiata, senza pronunciare la domanda a voce alta, così da non coprire il debole suono che solo lui può ascoltare. Adesso lo sento anch'io, è una turbina d'aereo, e mi sembra di vedere un puntino, là in fondo. L'uomo padre barbone Gesù robot per la prima volta apre la bocca e lo fa per suggerirmi di scappare, mi dice 'Scappate e vi salverete', lo dice come se fosse un'ovvietà. L'aereo si avvicina ma il pericolo non viene da lì. Si squarcia la copertura di un silo sotterraneo, lo vedo aprirsi dall'interno come un uovo che non regge più la forza del becco, ne spunta il fumo e il cono della punta del missile. Qualcosa non ha funzionato, il missile non sale dritto su nel cielo come dovrebbe ma scarta di lato, rovina la parabola, cede alle esigenze di fattori imprevisti e viene giù sbilenco, va a sfracellarsi nei prati senza esplodere. È una bomba atomica, lo so, non ho alcun dubbio, fuggire non servirebbe a niente, per raggiungere una distanza di sicurezza dovrei avere almeno un'ora di tempo. Se non scoppia entro un'ora non scoppia più? Lo chiedo al padre statua Gesù robot barbone e lui non dice niente, mi guarda come se fosse convinto che io conosca già la risposta, se ne sta lì seduto come se gli capitasse ogni giorno di trovarsi nel raggio di una bomba atomica sul punto di esplodere. Decido che dobbiamo andare, che non ha senso stare qui a guardare il missile nell'attesa che esploda oppure no, e sento che la pausa è finita, il tempo ha ripreso a scorrere. Il resto del sogno consiste nello scappare, nello sbirciare ogni tanto lo specchietto retrovisore temendo di vedere l'esplosione farsi avanti, dicendo a mia moglie e a mio figlio di stare giù, sdraiati sul fondo dell'abitacolo, dicendolo col tono affettuoso, sereno, quasi annoiato di chi è convinto che domani ci rideremo sopra, dire cose come 'Non può scoppiare, non si è innescata”, cercando di non ripetersi, inventando rassicurazioni differenti, mentire quando tua moglie ti chiede se sei sicuro, come fai a saperlo, rispondere l'ho letto, 'L'ho visto in un documentario', e sentire che sboccia il desiderio che succeda adesso se deve succedere, che non si debba più continuare a vivere con questa paura intorno e addosso e dentro.
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