Il Lego, lo dico per chi è appena sbarcato su questo pianeta, è un insieme di oggetti – mattoncini, ingranaggi, sensori – che è possibile collegare liberamente al fine realizzare un'idea progettuale. Il Lego, come strumento per attività reificanti, si presta a rappresentare metaforicamente qualsiasi attività umana.
Esistono due modalità di porsi in relazione con il Lego: una descrittiva e una fattiva. Le stesse modalità possono in seguito venire trasferite su qualsiasi esperienza umana.
La modalità descrittiva si occupa di dare un nome a ogni singolo pezzo, elencare configurazioni classiche, analizzare procedure di incastro. I pezzi fisici del Lego sono una qualità accessoria, non è necessario che esistano in natura. In modalità descrittiva è possibile anche ipotizzare l'esistenza di pezzi di Lego svincolati dalle necessità naturali. Chi adotta un approccio descrittivo non manipola i pezzi, non costruisce alcunché, il suo obiettivo è dimostrare la possibilità di esistenza di mattoncini multidimensionali, di formalizzare gerarchie implicite basate sull'applicazione di determinate funzioni discriminatorie.
In qualsiasi disciplina umana è possibile delimitare un'attività prettamente descrittiva.
La modalità fattiva consiste invece nella sperimentazione, nella realizzazione. In questa fase sono necessarie abilità aggiuntive rispetto a quelle utili al solo sviluppo di un processo descrittivo. Intuito, creatività, fantasia, pensiero laterale, immaginazione. Addirittura si può verificare la situazione in cui un eccesso di sapere descrittivo pregiudica l'accesso a soluzioni innovative. Ideare un progetto, stabilire gli scopi dell'artefatto, applicare l'ingegno alla scoperta della soluzione più efficace o più efficiente o più elegante.
In qualsiasi disciplina umana è possibile delimitare un'attività prettamente fattiva.
Molto spesso la padronanza della modalità descrittiva è considerata propedeutica alla modalità fattiva. Se non conosci tutto quel che c'è da sapere sul Lego, non ti viene permesso di giocarci. Se ci giochi lo stesso e produci comunque qualcosa di notevole dicono che sei un idiot savant, un talento naturale. È infatti dato per scontato che non si possa utilizzare il Lego senza conoscere il nome dei singoli pezzi e aver studiato almeno i principali utilizzi che grandi uomini, con rispettivo nome da memorizzare, hanno ottenuto in passato.
La modalità descrittiva serve solo a creare una terminologia per la condivisione delle conoscenze. È un protocollo di comunicazione. Un bambino che vuol giocare col Lego può tranquillamente farne a meno. Imporre un controllo sull'aspetto descrittivo dell'attività può rendere complicato, noioso, dispersivo, elitario, quello che potrebbe essere, a parità di risultati concreti, spontaneo e divertente.
Se per giocare con il Lego servisse prima una laurea in Legologia, il Lego diventerebbe un lavoro e la gente verrebbe pagata per giocarci. Alcune attività umane ricorrono a questa procedura per ridurre rischi, evitare danni, come ad esempio la pratica medica, ma in altri casi è solo un modo di creare una barriera all'accesso, trasformando in professione quello che può essere senza problemi definito un gioco.
lunedì 8 febbraio 2010
Fenomenologia del Lego.
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L'ho trovato per terra
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