Tra le nuvole è un film che parla di gravità, di quella forza che fa diventare pesante un corpo, e del tentativo di liberarsene, fluttuando nel vuoto.
Il protagonista che vive la maggior parte del tempo in un aereo è la metafora di un uomo che vuole una vita senza peso. Dal suo punto di vista puoi sposarti, comprare una casa, fare dei figli, trovare mille modi per dare peso alla tua vita ma quel che ottieni alla fine è l'esserti caricato di così tanto peso da non poterti più muovere, da non poter più andare dove vorresti. Per lavoro, che per lui è parte di una missione evangelica assieme alle conferenze che tiene sul tema, libera il prossimo da quello che considera il peso di tutti i pesi: il lavoro: licenzia dipendenti conto terzi.
Ma dov'è che uno dovrebbe voler andare, in definitiva? Sviluppare i propri talenti, inseguire i propri sogni, dedicare l'esistenza a qualcosa che ci dia la sensazione di esserci realizzati pienamente, qualcosa che rimanga. La vita reale, fatta di persone e oggetti che ci vincolano e ci tengono coi piedi per terra non potranno mai essere un veicolo per giungere alla pienezza, alla soddisfazione. Solo qualcosa di trascendente, un obiettivo grandioso, può meritare assoluta dedizione.
L'atteggiamento mistico di chi ha bisogno di un ideale per giustificare il proprio impegno, per non lasciarsi andare a una vita sacrificata che non manterrà le sue promesse di ricompense ultraterrene, e che lo trova nella ricerca di una glorificazione terrena. Può essere un farsi esplodere per entrare nel novero dei martiri, un voto di silenzio, lo studio maniacale di una disciplina scientifica, qualsiasi ossessione in grado di isolare l'individuo e innalzarlo a esempio di rifiuto consapevole del mondo reale come forma di superiore comprensione del senso del vivere.
La vita ascetica del protagonista si concretizza non nella contemplazione del creato, non nella ricerca di un rapporto col divino, non nella lotta per ottenere cambiamenti dell'uomo o della società. Tutto ciò implica un qualche aggancio con la realtà, con la gravità, col peso del mondo, che l'uomo tra le nuvole vuole perdere in favore di un narcisista solipsismo fatto di incontri occasionali in luoghi casuali. Muoversi nello spazio come una particella di luce, dirottata da scontri imprevedibili con altre particelle, deviata da campi magnetici nel suo ineluttabile tragitto verso il buco nero della morte.
Cosa può essere allora, in questo contesto, il tangibile riconoscimento di massima coerenza con l'imperativo del vivere senza peso? Raggiungere dieci milioni di miglia in aereo e ottenere la tessera che hanno dato solo a sette persone, meno di quante sono sbarcate sulla luna. Come dice l'antagonista, riassumendo la sua “filosofia da strapazzo”: “È soltanto un bozzolo di autoesilio.” Cosa più di un aereo esprime meglio la necessità di chiudersi a ogni possibilità di altra esperienza per capire cosa significa volare?
Proprio come con l'aereo, periodicamente finisci il carburante e devi tornare a terra. Proprio questo accade al protagonista quando incontra una donna che gli fa comprendere gli aspetti più attraenti dell'essere pesanti: nutrire fiducia in qualcuno, avere la certezza di non sbagliare scommettendo sull'amore. Ma proprio a questo punto arriva la geniale e devastante conclusione della storia. Come lei era una parentesi di gravità nella sua vita senza peso, lui era per lei una parentesi di ebrezza disimpegnata. Lei ha una casa, un marito, dei figli, apre la porta in vestaglia, senza trucco, spettinata, stanca.
Il protagonista si ritrova senza peso, ma stavolta senza volerlo. Viene tagliato fuori e non più è quello che vuole. Qui c'è la scena più bella del film, proprio quando ha perduto la grazia, ha mangiato la mela, ha scoperto la qualità invincibile della forza di gravità, ecco che raggiunge i dieci milioni di miglia. Arriva il riconoscimento e per lui non ha più alcun valore, non riesce più nemmeno a capire come avesse potuto averne prima. A questo punto l'aereo potrebbe anche precipitare, come è successo al protagonista sorvolando il pianeta amore.
mercoledì 3 febbraio 2010
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