Quando c'hai un figlio può capitare di venire svegliati con una testata in fronte e questo chiarisce per sempre che per dormire sereni occorre sentirsi al sicuro, almeno un po'. Ma qualora non si perdesse il proprio equilibrio emotivo nemmeno venendo presi a testate ecco una canzoncina a voce non troppo alta, al volume idoneo a indurre nell'ascoltatore la massima attenzione al fine di comprendere le parole e raggiungere la prontezza mentale necessaria a scoprire che non hanno alcun senso. Se ancora tutto questo non bastasse a provocare un naturale ritorno alla vita cosciente di un padre, sono pressoché infiniti gli stratagemmi che un figlio riesce a inventare per causare risvegli occasionali e involontari, dei quali si chiede scusa come lo si chiede al passante urtato per errore in uno stretto corridoio. Al punto da avere la cortesia di stupirsi per gli effetti indesiderati delle proprie azioni: “Oh, sei sveglio papa?”
Arriva a un certo punto il momento di chiarire l'esistenza di una gerarchia. Accade con i lupi, con i leoni, con i gorilla, anche con gli esseri umani. Quando c'hai un figlio capisci quasi subito che non puoi motivare in modo razionale la tua supremazia. Anche una domanda banale come “Perché dobbiamo fare come dici tu?” diventa il titolo di una possibile tesi di laurea. Questo è un caso emblematico di esercizio del potere: di fronte all'impossibilità di rendere comprensibile all'interessato, privo degli strumenti adatti a metabolizzare argomenti il cui grado di complessità gli risulta irraggiungibile, ti limiti a imporre la tua autorità. Per volontà divina sono stato investito del ruolo paterno e tu non puoi fare niente per eludere i tuoi doveri di obbedienza incondizionata.
Inutile dire che questo rende semplice fare i genitori. Non c'è bisogno che tu capisca quello che non capisce tuo figlio perché comunque non potresti aprire un efficace canale mediatico. Il problema nasce dall'istintiva propensione all'indipendenza e all'autodeterminazione che si sviluppa a partire dal momento in cui tuo figlio realizza di poter vivere senza di te. È ancora un sentimento in potenza e la frustrazione che gli deriva dalla consapevolezza di dover dipendere da te per molte esigenze e di dover quindi sottostare alla tua volontà è il seme del futuro rancore che ti serberà nell'adolescenza e, se sei particolarmente sfortunato o hai avuto un figlio particolarmente ottuso, forse nell'intera vita adulta.
Tutto questo è normale. Se tuo figlio obbedisce ciecamente a tutto quello che gli proponi se fossi in te mi farei delle domande. Il mio da un po' di mesi a questa parte è in guerra simulata permanente, una guerra di trincea, estenuante, in cui tenta continuamente di guadagnare terreno un centimetro per volta, anche se i mille tentativi precedenti hanno avuto esito negativo. Non se ne fa niente del terreno conquistato, è solo un esercizio, un continuo allenamento. Se vuoi un consiglio gratuito non smettere mai di condurre trattative e proporre armistizi, un figlio sconfitto non ti piacerebbe così tanto come la tua fatica vuole indurti a credere. A meno che tu non gli voglia bene, allora mandalo pure in collegio e scordati di lui senza poi pretendere che in futuro si ricordi di te.
C'è un trucco che ho trovato molto comodo. Lavorare sui fianchi per il tempo necessario a rendere credibile un ultimatum. Dargli la possibilità di sentirsi orgoglioso di aver combattuto con coraggio e di non aver ceduto fino a quando non era possibile fare altrimenti a causa della superiore potenza di fuoco del nemico. Esperienza, conoscenza e saggezza sono l'equivalente della bomba atomica come strategia di deterrenza. Il terrorismo è invece l'arma di chi non ha più niente da perdere e non è certo l'espediente migliore per risolvere un conflitto limitando al massimo le perdite umane e materiali. Mantenere la calma quando si viene svegliati alle sei del mattino con una testata in fronte è un buon inizio. Nel mio caso può capitare di venir ampiamente ripagati: bere il caffé mentre tuo figlio improvvisa una break dance, la mossa del bruco è eccezionale, ti fa capire dove attingere le forze per affrontare un nuovo giorno.
mercoledì 8 settembre 2010
Le cose che cambiano quando c'hai un figlio (28 di N)
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