C'era una volta un bambino che si svegliava sul treno. Si addormentava nel lettino e si svegliava sul treno, nessuno riusciva a capire come potesse succedere. Ogni volta ci toccava correre a recuperare il bambino. Ero io a mettermi al volante della macchina, a premere l'acceleratore per sorpassare il treno e precederlo in stazione, saltare sul treno e fiondarci alla cabina numero 30, sul quinto vagone, per riportare indietro il bambino che si svegliava sul treno. Era un problema che ci tormentava l'esistenza, quel bambino. Noi del servizio TST (Tutela del Sonno Tranquillo) siamo professionisti meticolosi, affidabili, se i genitori avessero scoperto la faccenda del bambino che si svegliava sul treno avremmo rischiato di perdere il lavoro. Bisognava intervenire. Il bambino che si svegliava sul treno aveva sette anni e un buco al posto dei denti davanti, inconveniente che a volte gli provocava dei fischi involontari nel pronunciare parole con troppe consonanti. Gughi, il mio capo, disse che per prima cosa dovevamo interrogarlo, fargli confessare la marachella e obbligarlo a promettere che in futuro si sarebbe comportato come si deve. Gughi è sempre stato un maniaco della buona educazione. Provai a fargli cambiare idea solo un paio di volte, ma se conoscete Gughi sapete che è inutile, quando si mette in testa una cosa non gliela levi più.
La mattina dopo al posto della solita procedura di riallettinamento standard, con le tute di protezione lucidate e l'attrezzatura completa dentro a uno zaino pesantissimo, il tutto per impressionare come si deve il bambino che si svegliava sul treno, gli puntammo la luce in faccia e Gughi mi diede una gomitata per farmi iniziare l'interrogatorio. Ci eravamo preparati, lui doveva minacciare e intimidire, io dovevo proteggerlo e consigliarlo. Il solito trucco poliziotto buono e poliziotto cattivo. Gli dissi ciao, sono Reddo, sono qui per aiutarti, vedrai che ce la caveremo in pochi minuti, ci basta rispondere alle domande di questo signore che è arrabbiato con noi. Il bambino era ancora mezzo addormentato, dovevamo fare presto, non doveva rendersi conto che non si trattava di un sogno. “Arrabbiato?”, disse il bambino. Gughi fece la voce dura e gli ordinò di confessare tutto. “Tutto?”, disse il bambino. Mi stavo spaventando anch'io anche sapendo che Gughi non faceva sul serio. Mi intromisi dicendo che bastava dire come si faceva a sfuggire alla sorveglianza e finire sul treno. “Quale treno?” disse il bambino. Perfino Gughi ammise che forse il bambino non aveva colpa, non arrivò a dire in modo chiaro che aveva fatto uno sbaglio, però disse che forse, forse, c'era un'altra spiegazione.
Tirammo a sorte quella sera. Ero appena arrivato in ufficio quando mi dissero che toccava a me. Gughi aveva estratto il mio nome. Sempre a me tocca, lo so che fanno finta di pescare un biglietto dal cappello o il legnetto più lungo, alla fine chissà come chissà perché il risultato è sempre che tocca al sottoscritto. Stavolta non ho neanche protestato, in fondo l'idea di vivere un'avventura non mi dispiaceva per niente. Al massimo cosa poteva succedermi? Avevo il mio gas paralizzante, avevo il mio distintivo, avevo perfino una radiotrasmittente per chiedere aiuto. Misi solo una condizione: animali. Ci vado solo se mi date la certezza che non ci siano animali, dichiarai. Gughi rise, mi diede una pacca sulla spalla, ma quali animali, disse, non ci sono animali. Garantito? Assicurato! Non un gatto, un cane, nemmeno un pesce rosso? Niente, neanche un criceto, niente animali! E invece un gatto c'era, un gatto grosso e parecchio antipatico, m'ha lasciato le cicatrici sulle mani. E un cane in giardino, mi ha strappato l'impermeabile d'ordinanza. E un pesce rosso che mi ha guardato malissimo. E un criceto che ha cercato di dare l'allarme correndo come un pazzo sulla ruota. Uno zoo, la casa del bambino che si svegliava sul treno.
Presi posizione accanto al lettino e iniziai il turno di guardia. Non gli avrei permesso di alzarsi e andarsene in pigiama a occupare la solita cabina del solito treno. I bambini posti sotto la nostra custodia si svegliano nello stesso posto in cui si sono addormentati, che i genitori ci pagano apposta per stare tranquilli. Cosa succederebbe se al mattino non si avesse la certezza di trovare i propri figli dentro ai loro lettini, eh? Pensavo queste cose senza dirle a voce alta, per tenermi occupato e non guardare l'impermeabile strappato, non badare al male dei graffi sulle mani, non sentirmi osservato dal pesce. Uno zoo, quella casa, mai visti tanti animali tutti assieme. Così sgridavo mentalmente il bambino che si svegliava sul treno, osservandolo dormire e farfugliare nel sonno parole che non riuscivo a capire per via del rumore fatto dal criceto. Tu devi farmi il favore di non svegliarti sul treno! Hai capito?, stavo dicendo mentalmente al bambino quando si è sentito un fischio fortissimo, un fischio da treno. Il bambino stava dicendo parole piene di lettere esse e fischiava a tutto andare, così forte che il cane in giardino abbaiava, il gatto soffiava, il pesce notava in cerchio, il criceto niente, il criceto stava fermo con le zampette sulle orecchie.
Pensai che sarebbero arrivati i genitori del bambino, allarmati, ma all'improvviso il suono si attenuava, il fischio diventava sempre più sottile, come se svanisse nell'aria. E infatti stava svanendo qualcosa, il bambino che si svegliava sul treno! Mi diedi una pacca sulla fronte, ecco come succede, come ho fatto a non pensarci subito? Mi frugai nelle tasche cercando di fare alla svelta, dovevo agire prima che il bambino finisse di cavalcare il fischio come se fosse un fulmine, mi sparisse davanti per riapparire nel treno, era un classico caso di svicolamento temporale legato allo spazio trenico, secondo la legge del fischio, se avevo fatto bene i conti, avevo ancora al massimo due secondi prima che l'inversione della radice quadratica, massa per energia diviso zero più o meno uguale ma eccola, trovata! Presi la mia cicca di riserva, quella che tengo nella stagnola per le occasioni importanti, quella che frizza e pizzica la lingua, e la infilai nel buco fra i denti del bambino, interrompendo il fischio. Ecco perché quando c'è da vgilare sul sonno dei bambini chiamano la nostra ditta e chiedono espressamente di me, perché sono il migliore. Dopo Gughi, certo, il migliore dopo Gughi, lo sanno tutti, è sottinteso.
Immagine forse arriva da qui non ricordo, le salvo su disco e poi non riesco più a trovare la fonte
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