Quando c'hai un figlio gli anni passano sempre più veloci, ma in un modo del tutto nuovo. Senza figli gli anni passano troppo veloci perché non vuoi diventare vecchio, oppure passano troppo lenti perché sei troppo giovane per avere uno stipendio decente, il ciclo di studi universitari completato, una casa di proprietà scelta da te con il bonus d'orgoglio per un mutuo di cui hai valutato tasso e rata, una famiglia con tanto di fuochi artificiali e filmato con effetti speciali e musica di sottofondo anni '80. Queste sono tutte faccende che riguardano la vita precedente, prima della metamorfosi che ti provoca, se sei fortunato, l'arrivo di un figlio, altrimenti diventi uno dei tanti finti giovani cinquantenni che vanno a cuccare sfitinzie e sbarbatelle, una dei tanti esempi di restauro chirurgico sboccato in dadaismo estetico. Non c'è niente di più triste degli adulti che non hanno mai raggiunto la maturità, una volta diventavano baldracche e alcolizzati, ora invece sono Trilly e Peter Pan, versione horror demenziale.
Quando c'hai un figlio il tempo continua a sembrarti scorrere alla velocità sbagliata, ma non più in riferimento a te. Troppo veloce perché ha già sei anni, va a scuola, sono sempre di più le cose che sa, le cose che riesce a fare da solo, ti ricordi quando pesava dieci volte meno di adesso e ti guardava come se tu fossi la cosa più interessante del mondo, adesso cominci a diventare superfluo e non sai se la tua è assuefazione allo schiavismo genitoriale o se davvero la libertà dell'era pre-figli non fosse illusoria e deficitaria. E troppo lento il passare degli anni quando non vedi l'ora di scoprire che faccia avrà, come reagirà allo stress, come tenderà a risolvere i problemi, che grado di acutezza intuiva sarà in grado di raggiungere, che grado di complessità di ragionamento, quanto sarà simpatico, quanto sarà preciso, che sogni farà. Perché tu vuoi esserci e il futuro è sempre un'incognita.
Quando c'hai un figlio di sei anni cominci a chiederti se è il caso di iniziare a portarlo alle feste. Il mio li compie in estate, a scuole chiuse, per cui non potrà dare feste di compleanno invitando i suoi amici di scuola. Non lo so se danno queste feste per ricevere regali o per una sorta di iniziazione alla socialità extralavorativa. C'è già chi si risente per non aver ricevuto inviti e chi si vanta di essere nella lista della tal promessa dell'alta società futura. Non oso immaginare i problemi di autostima legati all'accettazione del gruppo che si presenteranno nell'adolescenza, epoca di lotte intestine per il ruolo di soggetto alfa in grado di venire allo scoperto con esplosioni di testosteronica violenza. Per ora si tratta di riunioni con tanto di genitori che nelle personalità come la mia inducono a torpore, malinconia e progressivo senso di estraniazione.
Quando c'hai un figlio e lo porti a una festa dipende dal figlio. All'unica festa cui ha partecipato, mio figlio, forse troppo abituato a frequentare gli adulti, non ha giocato con bambini sconosciuti, preferendo intrattenersi in futili conversazioni e dichiarare di essere stanco e di voler tornare a casa dopo una decina di minuti. Con i compagni di classe, che conosce bene, sarebbe solo un'altra ora di scuola, tutta di ricreazione. Ora, non voglio fare quello che pensa sempre il peggio della gente, ma secondo me le feste per bambini così piccoli (così come molte altre feste piene di invitati di cui non è mai fregato niente a nessuno e sono pure antipatici ma è sempre un regalo in più che tanto il buffet costa uguale) servono per aumentare i regali che al bambino di sei anni, parliamoci chiaro, a meno che sia Gandhi, interessano quelli, i regali, se ne frega di tutto il resto, del tempo e dei soldi che perdono gli invitati per partecipare, della dimostrazione di amicizia (proporzionale all'entità del regalo, che sei gli regali un giocattolo da poche lire significa che non gli vuoi bene, è un insulto e non verrai mai più invitato, cosa che non succede se stai a casa fin dall'inizio, perché se non hai mai regalato niente non vuol dire che qualora finalmente ti presentassi non porteresti un regalo da un milione di dollari).
Quando c'hai un figlio pensi che forse si tratta in realtà di iniziative per cementare i rapporti fra i genitori, come se fossimo ancora un po' tutti adolescenti, con genitori alfa che partecipano a tutte le feste e genitori beta che si sono riprodotti senza averne diritto. E se non ci porti tuo figlio resti quello che non si preoccupa di un bambino che dà una festa e non vede arrivare gli invitati, poverino, resta lì da solo, scioccato per il resto della vita, per colpa tua che sei un bastardo asociale. Se tuo figlio compie gli anni d'estate la prossima volta programma meglio la nascita o fai la festa di non compleanno, se sei andato a tutte le feste altrui potrai sempre recriminare che tu sei altruista e disponibile e questo è il ringraziamento, alla tua festa di non compleanno ci verranno tutti solo se hai un'attitudine molto sviluppata nelle abilità sociali (così snob, signora mia, ci mancavano solo le feste di non compleanno, ma io ho detto no, non se ne parla, sarebbe come regali sia a Natale che a Santa Lucia, niente di personale, anzi, però, mi dispiace, non so lei, ognuno è libero di pensarla come vuole, ma certe cose le trovo diseducative).
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