martedì 17 novembre 2009
Johnny inghiotte lattine.
Non ho mai sopportato il successo di Johnny. Solo perché sa inghiottire lattine, guarda, non bastavano gli spot alla televisione, anche sui manifesti l'hanno messo. Non posso andare in giro in macchina con la mia fidanzata senza che il maledetto Johnny appaia nel parabrezza e, dall'alto di quegli enormi cartelloni, con la mano imbullonata che si muove avanti e indietro, sgargiante di luci al neon, inghiottisca lattine.
La mia fidanzata lo ammira in segreto, lo capisco da come gira la testa per seguire con lo sguardo la mano di Johnny, la lattina che si ficca in bocca, e la mastica, la deglutisce. Maledetto, non ha neanche uno straccio di laurea, bestemmia, ha i capelli così sporchi che ti ci specchi nell'unto, non oso immaginare la puzza di Johnny, maledetto, lui e le sue lattine che agganciano lo sguardo della mia fidanzata mentre andiamo in giro in macchina in quello che dovrebbe essere rilassante, per me, un momento di pace, di conforto, di amore.
Invece stringo le mani sul volante e fisso l'orizzonte, deciso a non lasciarmi abbindolare da Johnny, il maledetto, coi suoi stivaletti di cuoio e la camicia dai polsini, luridi, slacciati, penzolanti sul polso, sporchi di aranciata birra cocacola, roba che esce dalla lattina che si prepara a entrare in quella bocca dai denti perfetti, bianchi perfino, che alla tv senti anche il rumore amplificato dell'alluminio che scricchiola, si spezza in quelle mandibole spesse, muscolose, si frantuma come un onda contro gli scogli bianchi e diritti della bocca enorme, sorridente, oltraggiosa di Johnny, maledetto, che ingoia lattine per soldi, per fama, per quella che per me rimane l'inconoscibile motivazione che spinge un uomo bestiale come il maledetto Johnny a ingoiare lattine.
Ma le donne impazziscono, anche la mia fidanzata che seduta qua di fianco spalanca gli occhi e le labbra le diventano rosse mentre si gira a seguire con lo sguardo l'ennesimo cartellone folgorante sulla strada della nostra passeggiata domenicale, in adorazione della metallica ostia sconsacrata, massacrata dalla bocca del maledetto Johnny, gli sponsor di bibite che fanno a gara per mostrare il proprio logo, per arricchire chi non ha avuto abbastanza cervello da ottenere la licenza elementare, eppure eccolo lì, nello splendore mediatico a lasciarsi idolatrare per il fatto che ingoia lattine, maledetto Johnny, i denti così dritti e bianchi a far da garanzia, le mandibole una promessa mantenuta, e la lingua, oh, la lingua, come si riduce ogni volta, al punto che le ragazze, la mia fidanzata per prima, iniziano a piangere, in silenzio, e si stringono le mani al petto, come in adorazione del maledetto Johnny.
A volte dico basta, se lui ingoia lattine io ingoierò bottiglie, mi dico, e mi immagino la forza necessaria per spingere la bottiglietta giù per la gola, il fastidio del vetro freddo sulle delicate mucose, il virare del colore sul mio viso quando divento paonazzo per la mancanza d'aria, la bottiglietta incastrata in gola, magari per traverso, come nei cartoni animati, il fondo della bottiglia che spunta da un lato del collo e il tappo dall'altra parte, con io che dondolo sui piedi, gongolo, nei pochi secondi che precedono la perdita dei sensi, e la mia fidanzata inginocchiata su di me che invoca il mio nome, pentita, mentre intorno tutti urlano e qualcuno chiede l'intervento di un medico, quando alla fine, quando ormai mi danno per spacciato, deglutisco, mi riprendo, fisso la telecamera e con aria di sfida dico “Johnny”, non c'è bisogno di aggiungere altro, dico solo “Johnny”, e viene giù il mondo.
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micro esperimenti narrativi
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