martedì 24 novembre 2009

Restituire la vita con gli interessi (sottotitolo: la morte fa paura)




Ho letto questa cosa dei talenti, molti parlano di questa parabola, spesso senza averla mai nemmeno letta. Pare che tutti siano concordi a interpretare i talenti come la capacità di far bene qualcosa dataci da Dio. Eppure se uno legge il vangelo scopre che l'interpretazione più comune non è del tutto condivisibile. Tanto per cominciare ci sono due versioni, una di Luca e una di Matteo. Ci sono delle differenze, e belle grosse.

1– nobile o uomo qualunque?

In Luca c'è un nobile che parte per ricevere l'investitura a regnante nonostante il popolo lo odi e non lo voglia come re.

In Matteo non ci sono più nobili né regni, solo un uomo qualunque che parte per un viaggio, però diventa un profezia. Succederà, in futuro, come succede in questa storiella.

2 – talenti o mine?

In Luca non sono nemmeno talenti, sono mine. Una mina vale molto meno di un talento.

3 – in parti uguali o secondo la capacità di ognuno di far fruttare il capitale?

In Luca consegna dieci mine ai dieci servi, senza suddivisioni.

In Matteo consegna i talenti a seconda della capacità di ognuno: cinque a quello più capace, due a quello meno capace, uno solo all'incapace.

4 – chi ha dato i soldi ai servi è severo (Luca), duro (Matteo)

In entrambi è una persona che prende quello che non ha messo in deposito e miete quello che non ha seminato. La regola dunque è che devi restituire più di quello che ti viene dato, anche se lo trovi ingiusto, perché non verranno accettate scuse.

5 – il ritorno

In Luca il nobile è diventato Re anche contro il volere del popolo che lo odia. I servi avevano di fronte due possibilità: credere che sarebbe diventato Re e sarebbe tornato a chiedere conto dei suoi soldi, oppure credere che il popolo l'avrebbe avuta vinta e fregarsene perché nessuno sarebbe tornato a riprendersi i soldi.

In Matteo l'uomo torna dopo molto tempo. I servi potevano continuare a far fruttare i soldi nella certezza che prima o poi sarebbe tornato, oppure a un certo punto dirsi che era probabilmente morto chissà dove e usare i soldi che avevano in tasca.

6 – bilancio

In Luca uno fa fruttare il capitale dieci volte, uno cinque volte. Vengono ricompensati non in modo uguale, ma in proporzione ai risultati ottenuti.

In Matteo il servo capace e quello un po' meno capace hanno entrambi raddoppiato il capitale. Sorpresa: quello più capace ha fatto quanto il meno capace. O quello più capace si è impegnato poco, o quello meno capace si è impegnato tantissimo. Eppure vengono ricompensati in modo uguale.

In entrambi però nessuno dei servi ha mai considerato come suo il capitale, che fosse mina o talento (sembra cosa da poco ma è diverso considerare una mina o un talento. Il talento era il taglio monetario più grande in circolazione a quei tempi e valeva 60 mine. Un talento pesava 26 Kg. Una mina pesava quasi mezzo chilo).

La mina o il talento sono e rimangono soldi del padrone. Il dovere dei servi è farle fruttare affinché al suo ritorno il padrone conceda loro autorità e gioia secondo Matteo, potere su intere città secondo Luca.

7 – paura

Il servo che non ha fatto fruttare il capitale ricevuto in entrambi gli evangelisti ha agito così per paura. Sia in Luca che in Matteo ha avuto paura di un uomo duro e severo che miete quello che non ha seminato e prende quello che non ha messo in deposito.

8 – interessi

La reazione del padrone è il rimprovero e la punizione.

Definisce il servo malvagio (anche infingardo in Matteo) e lo accusa di non aver affidato ai banchieri il capitale.

Quindi il messaggio è che se non siamo capaci di far fruttare il capitale e abbiamo paura del ritorno di chi ci ha affidato i suoi soldi, faremmo bene a darlo ai banchieri e non metterlo in un fazzoletto (Luca) o sottoterra (Matteo).

9 – morale

Sia in Luca che in Matteo: a chi ha verrà dato, a chi non ha verrà tolto anche quello che ha.

10 – epilogo

In Matteo il padrone fa buttare il servo pauroso nelle tenebre a piangere e stridere i denti.

In Luca il Re fa condurre alla sua presenza quelli che non volevano diventasse Re e li fa uccidere sotto i suoi occhi. Il servo pauroso non subisce altre punizioni di sorta.

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