Anche questa sceneggiatura segue il modello del viaggio dell'eroe. Oltre al problema professionale (psicologo che cura l'uomo che si crede un re) del protagonista abbiamo anche il problema personale (lo scrittore che ha usato le fantasie del re era il padre del protagonista e si è suicidato, causando uno shock nel figlio adolescente che gli ha provocato perdita della memoria e sensi di colpa vari) e il problema privato (inizia relazione con una ragazza che lo inganna, nascondendogli il fatto di essere una giornalista che sta scrivendo un articolo sul padre scrittore e sul libro in questione). Anche i vari personaggi sono ricalcati da archetipi: l'araldo, il cambiaforme, il guardiano, il mentore, l'alleato, il giullare. Addirittura la caverna passa da metafora a oggetto materiale inserito nel plot. Crisi nel secondo atto e climax nel terzo, c'è proprio tutto.
Se qualcuno sta studiando l'arte di scrivere, in particolare una sceneggiatura, può divertirsi a scomporre questo film per collocare i vari pezzi nelle caselle del manuale di Campbell o di Vogler o di qualcun altro. Ma forse, purtroppo, questa è l'unica qualità importante del film. Gli attori si impegnano. Scenografia e fotografia curate. Regia con alcuni guizzi d'ingegno. Ma l'impressione generale rimane quella di un congegno a orologeria. La tensione drammatica è blanda e sfilacciata. La sindrome dell'uomo seduto fra due sedie si esprime anche stavolta nella decisione di aggiungere romanticismo a mistero, poesia a thriller, ecologia a depressione. Il tentativo di accontentare tutti finisce come al solito per deludere.

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