lunedì 16 febbraio 2009
Polizia
Stanno passando attraverso quel varco, sotto la gonna di un'alba svogliata. Dobbiamo prestare attenzione, correre senza tenerci per mano. Non ti fermare di fronte ai barbagli riflessi da vetri in frantumi. Lontani. Non importa più nulla, siamo rimasti ormai in pochi. Hanno forzato la porta gettandosi in strada, un refolo d'aria mi strappa il cappello. Lì fuori è già chiaro, vedo la mia valigia rotolare ondeggiando mentre chinati fuggiamo. Striscianti. Il cuore fa l'eco ai passanti che affrontano pertugi e scaloni passandoci accanto, col fischio dell'allarme fra le dita. Una spirale in bianco e nero piramidale, un carrello di ciliegio intarsiato che vomita ragnatele di tela pregiata. Aspetta, non correre, non c'è nulla che non si possa aggiustare. Selvaggi. Il vapore delle cucine puzza di imbroglio, osservato da un grillo inchiodato alla parete dallo scricchiolio del buon senso. Vorrei il mio cappello nocciola, con banda di raso marrone e un fiore di carta oleata. Non te lo chiedo, mi limito a salire verso il balcone della plaeta, di nuovo, ripetendo i percorsi segnati da facce sospettose, cercando di tenerti al riparo dal contagio dell'ansia. E tu lo stesso. Sfiori col dito la metafora di un tarlo sul bordo di una sedia borchiata d'ottone, cantando con lo sguardo le note del tuo silenzio. D'accordo. Senta signora vorrei una valigia; non uno zaino, non un borsone da disastro finanziario. Verde, la voglio verde con inserti di cuoio e possibilmente un lucchetto pacchiano. Spartano. Il tuo editore ha chiamato per darti ottime notizie e tu sfoghi lacrime di stress sulla caporeparto, facendo spazio al buonumore per antitesi. Li ho visti aprirla e tirarci fuori le mie cose, una per una, come formiche al banchetto di un ragno defunto. Barbari. Se non fossi così stanco insisterei, se non avessi un giardino da curare che si illumina di mute apprensioni cercherei anche il cappello. Preferisco scappare, tornare a correre lungo flaccide parabole col ridendo sguaiato al calore del sangue. Destino. Ritorno e la voglio, l'ho vista poco fa che armeggiava con l'articolo. Ricorda? Esatto, magari verde. Ricordi? Ironia malvagia, il commesso ripete a pappagallo. Massì, quella. Ah, ricordi. Me la stavi rubando poco fa, per ripagarti dell'offesa di un branco di spavaldi incoerenti. Incoscienti. Ma guarda: dov'e' il biglietto per nome indirizzo, dov'è la fottuta garanzia? L'ha scritta in bel corsivo un damerino infarfallato con il colluttorio nel taschino? Intuitiva, raccogli il mio pensiero e gli dai fiato: Polizia! Voglio rivedere tutto il contenuto, e metteteci pure il cappello. Gira e rigira lo so, lo sento, riprenderemo dove finisce l'alba e comincia il mattino, con cose da dire e cose già dette.
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micro esperimenti narrativi
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