venerdì 13 marzo 2009

Conigli e lupi.

Camminare per strada, senza meta, come quando si era piccoli e non c'erano nodi di cravatta né orologi da controllare. A volte capita di trovare le cose più strane: cose gettate, cose perdute, cose messe lì apposta. Anche le ombre, per dire. Ho visto un tizio che ci passa intorno i gessi colorati, di notte, alle ombre proiettate dai lampioni. Esci di casa al mattino e vedi le ombre di ombre che furono e queste son cose che possono far riflettere, si corre il rischio di fare analogie e parallelismi con argomenti legati a significati profondi.

Oggi ho trovato due immagini che mi hanno colpito, sono di un artista che si chiama Ryohei Hase.



Uomini conigli. I conigli non esitano a calpestarsi, presi come sono da un'invincibile ansia che li soverchia e constringe a scappare, a correre avanti, ad arrivare prima degli altri laggiù, dove si presume non esisterà più quel grande pericolo che in questo momento di panico sembra così vicino da poterci afferrare per i talloni e trascinarci indietro, strappandoci dal resto del gruppo che proseguirà senza di noi, forse felice che qualsiasi cosa fosse abbia preso le tue, le sue, le caviglie di qualcun altro. E in fondo quest'immagine surreale ci è così familiare, diventa così concreta quando pensi al meccanismo in cui è facile cadere quando non ti si vuole lasciare un attimo di respiro, dove è previsto che tutto sia folle corsa collettiva mascherata da gara ad eliminazione, da progresso, da selezione darwiniana quando in realtà è forse solo un gioco per tenerci tutti occupati, per non darci modo di pensare ad altro che a scappare. Ma scappare da cosa poi, in definitiva?



E poi ecco gli uomini lupo. Tutti col la propria bella catena al collo, pieni di rabbia, di frustrazione, alla ricerca del colpevole, della fonte di un risentimento senza nome. Animali messi nell'angolo, maltrattati, che si ribellano anche sapendo di non avere speranze, sbavano e strabuzzano gli occhi solo per non pensare alla loro condizione per qualche momento pieno di cieca furia, lo sguardo annebbiato da un obiettivo preciso, la libertà forse, o l'annientamento. Ma se guardi bene la mano che tiene la catena non è di qualcun altro, forse la catena è solo una scusa per continuare a sfoderare i denti, e quando non c'è nessuno disponibile facciamo finta, la raccogliamo la strattoniamo con le nostre stesse mani.

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