mercoledì 22 giugno 2011

Gli idrocarburi si sono formati tutti nel periodo Carbonifero grazie a una particolare combinazione di fattori e condizioni irripetibili. Gli idrocarburi non si riformano, sono carbonio imprigionato nel sottosuolo nell'arco di milioni di anni che stiamo reimmettendo nell'atmosfera nel giro di un paio di secoli.

mercoledì 15 giugno 2011

Al di lei servizio (1 di K)

Bestiacce, orride bestiacce artificiali. E lei che coraggio a chiedermi la digitazione, lei che sa quanto odio gli animali meccanici, ne approfitta per mettermi alla prova, come se non bastasse il fatto che ogni giorno, puntuale, spalanco i tendaggi, dischiudo le veneziane, isso gli stendardi e con essi abbandono il terrore di brutte sorprese, l'incubo ricorrente di entrare nella stanza e non sentirla russare, perché lei non lo sa che russa, un russare lieve e costante, un tremolio mucoso che assomiglia a un garrito vittorioso, almeno a me fa quell'effetto perché mi significa che è un giorno come ieri, come il precedente ancora, un suono rassicurante che posticipa la rivoluzione che ho progettato nei dettagli, ho scritto l'elenco delle persone da informare, ho preparato l'ultimo abito che lei indosserà, ho illustrato la disposizione che dovrà assumere la mobilia per l'esposizione, in modo che i candelabri non rischino di appiccare il fuoco ai veli ricamati. Entro e trovo lei sveglia che accarezza una specie di ermellino, una faina, un'orrida bestiaccia artificiale e lei dice Caro saresti così gentile da praticare la digitazione, lei mi chiede Non lo trovi intrigante?, dice proprio intrigante, e io che sto valutando la profondità del viola attorno ai di lei occhi rispondo che sì, lo trovo interessante, e lei è indispettita perché non lo trovo intrigante, e lei assottiglia le labbra che noto essere più bluastre del solito, e lei mi dice Caro ti dispiace occuparti della ricarica, temo di essere una frana in certe cose, e sorride, tira la pelle del volto in un sorriso, la luce della finestra riesce a passare attraverso la pelle di lei sottile, quasi trasparente, che mi sembra di vedere le di lei ossa del cranio.

Dev'essere un regalo del principe, non so come faccia a mantenere l'ascendente su di lei, dopo tutto il male che le ha fatto, dopo che è stato formalmente bandito dalla casa, scommetto che questa bestiaccia l'ha fatta entrare lui, l'ha programmata lui. È anche di scarsa qualità, penso, mentre avvicino una sedia al letto di lei e mi siedo a digitare nella pelliccia artificiale, movimenti coordinati, semicerchi, diagonali, mi viene la nausea nel percepire i fremiti che il mustelide posticcio fa correre nei cavi nascosti, nelle ruote dentate, nelle fragili sospensioni idrauliche. Lei dice Sei molto bravo, dove hai imparato? Dico Talento naturale e lei ride, il più delle volte non so perché ride ma non mi interessa, mi piacciono i suoi occhi quando ride e il suono che fa. Ripeto a voce più alta che è un talento naturale e mi lascio andare anch'io, dimentico il principe e l'ingegnere, dimentico che dovrei già essere per strada, dimentico i dottori e gli amministratori, gli agenti monomandatari che mi stanno certo aspettando al piano di sotto per elencarmi i punti salienti e tranquillizzarmi sulla natura transitoria delle clausole capestro. Ogni volta che mi arrendo all'impulso del riso poi mi sento triste, quando il sangue ha bruciato la sostanza esilarante, quando mi ricade addosso il mondo perché non c'è più la risata di lei a tenerlo sospeso, e ridere in quel momento mi appare così simile alla copula, solo più igienico e meno osceno, mi pento sempre di aver riso, di aver espulso dal mio corpo quel poco seme di buonumore che è già un miracolo per uno della mia età. E adesso guardo dalla finestra e il panorama è impolverato, la luce più stanca, il tempo rallenta per farmi il dispetto di un giorno lunghissimo.

L'interno della bestiaccia ha tintinnato, le batterie sono al massimo, lo consegno all'abbraccio di lei con il manierismo di chi sta biasimando in silenzio, mi inchino e dico con il tono di voce più freddo possibile che adesso se per lei va bene io mi congederei. Lei accarezza l'orrida testa pelosa, le palline vetrose gialle e nere che mi fissano, e mi dice Grazie, non so cosa farei senza di te. Faresti quello che stai facendo comunque: spegnerti dentro a quel letto, chiuderti nella camera padronale con la bella vista sul roseto e i campi terrazzati che portano giù fin dentro a piazza vecchia, ecco cosa faresti senza di me, staresti comunque in attesa delle campane di mezzodì per metterti in ginocchio e pregare il dio dell'appetito. Pensi che non lo sappia? Credi che non ti conosca? Mi inchino di nuovo alla di lei presenza, facendo attenzione a tenere basso lo sguardo, dico che è un piacere, che è un onore, e quando mi tende la mano sto bene attento che le mia labbra non entrino in contatto, che sia solo il mio alito a sfiorarla. Quindi esco, mi chiudo i battenti alle spalle come se fossero il coperchio di una bara, come se stessi chiudendo lei dentro e non me stesso fuori, e mi sento finalmente libero di concentrarmi su qualcosa che non sai lei, torno in possesso di un naso che odora, non c'era che odore di morte da odorare lì dentro, torno in possesso di una bocca che sbava, c'era un veleno nell'aria che seccava le fauci lì dentro, torno in possesso di orecchie che odono, c'era il fischio assordante della di lei presenza lì dentro, torno in possesso delle mani e dei piedi ansiosi di maneggiare e camminare, di un cervello per difendermi dall'inferno della gente, un cuore per tentare di sopravvivere. Scendo le scale di corsa e spingo via un avvocato che appena mi vede si stacca dal muro, getta la sigaretta e sventola le carte, dico non ora, non adesso, le consiglio vivamente di prendere in considerazione l'eventualità in cui e non finisco la frase scappo fuori e mi fermo a faccia in alto, rivolta al sole, temendo di esplodere.

Ci sono dei paletti infilati nel terreno, si sente il rumore di una mazza e la voce dell'ingegnere che non può fare a meno di urlare consigli e rimarcare ormai ben note disposizioni. Fai attenzione alla cuspide, è quello che dice al primo colpo di mazza, sarebbe meglio inclinare di altri quindici gradi, siamo proprio sicuri sicuri che sia rinforzato a dovere? Sono giorni che mi tocca subire la presenza dell'ingegnere entro i confini della proprietà. Sta realizzando un binario, una sedia a vapore, un circuito che, nelle promesse, dovrebbe contribuire alla di lei guarigione, per chi voglia assecondare le teorie di quelli che scommettono sulle cause psicologiche. L'ingegnere ha investito del suo, vuole dimostrare l'effetto terapeutico dell'accelerazione, dice che a una precisa velocità da lui stesso calcolata verranno spezzati certi legami emotivi, certe pulsioni inconsce, e per questo va sprecando paletti, alcuni grossi come tronchi, che sarebbero più utili altrove. L'ingegnere che per verificare le pendenze e dare consistenza a calcoli parabolici ruzzola nei prati e quando si rialza grida Tutto bene non mi sono fatto niente! come a prevenire chiunque si sentisse in dovere di chiederlo. Ignoro i suoi gesti di richiamo, non ho intenzione di ascoltare i suoi vaneggiamenti matematici sulla truffa del calcolo infinitesimale, non voglio essere inglobato nelle presunte cospirazioni degli intellettuali e nelle ripicche paranoiche da cattedra universitaria, mi interessa solo raggiungere il mercato, incontrare per caso il principe e quindi ucciderlo, controllare di persona che la vita gli scivoli fuori, spezzargli il collo o pugnalarlo, non ho ancora deciso i dettagli.

Mi lancio verso la dispensa tenendo alzato il dito indice, un minuto mi serve solo un minuto devo prima sbrigare una faccenda improrogabile, e invece raggiungo il portoncino di servizio e mi lancio fra i muretti a secco cercando di evitare le pozzanghere. L'ingegnere mi ha seguito e sta lanciando richiami, aggrappato al portone, con quella sua voce eternamente piccata, incapace di vincere il tabù del metter piede nel selvaggio territorio abitato da servi e contadini. Sto pensando alla testa del principe, a quanto è brutta e malfatta la testa del principe. Come ha osato mandare a lei un animale meccanico, come ha osato farlo di nascosto, per il gusto di oltraggiare l'onore della famiglia un'altra volta ancora. Gli sarei piombato addosso come una folgore, l'avrai schiacciato con una mano sola. Al mio passaggio si zittiscono le rane nei fossi, le cicale sotto i rami degli alberi di confine. Al mio passaggio si tolgono il cappello i fornitori e i parenti alla lontana, aprono i ventagli le dame e rispettive damigelle, rallentano i carri, i bambini nascondono la faccia, so dove trovare il principe, so dove va a ubriacarsi e a cercare compagnia. Infatti eccolo con il bicchiere in mano, il bastone appeso al braccio e la gamba piegata del folle impiccato a testa in giù, eccolo che sorride tenendo le spalle indifese come solo un principe le può tenere, colui che per nascita e rango non ha nulla da temere, ottima costituzione, ottimo umore, un principe di nome e di fatto, con la mascella uguale a quella del trisavolo in armatura che partecipò alle terza crociata, il cui volto sarà presto dipinto a olio e aggiunto alla collezione che riempie le scalinate del palazzo.

lunedì 13 giugno 2011

Le cose che cambiano quando c'hai un figlio (41 di N)

Quando c'hai un figlio una delle cose che cambia è che la gente usa tuo come interfaccia per stabilire un contatto con te, un mouse, un joestick, come li chiamano adesso, remote controller?, movement reader?, brain eater?, insomma molte persone parlano con te ma si rivolgono a tuo figlio. Alcuni si spingono alla violenza, come il mio edicolante di fiducia che gioca con mio figlio a ricorrersi e farsi i dispetti per avere la scusa di riempire di botte me, così, per gioco, si scherza, si ride. Altri invece come ieri alla fiera un venditore ambulante, di cosa? Cosa vendeva? Tascabili da due soldi con illustrazioni di femmine seminude in copertina o erano manuali per approfondire cervellotiche discipline esoteriche? insomma il signore con la faccia tipica della batteria di pentole isole comprese domanda a mio figlio 'Ma il tuo papà legge?' Non so il vostro, ma il mio di figlio non dà confidenza agli estranei nemmeno dietro promessa di ricompense. Rispondo io per lui, è così che fanno moltissimi genitori, fateci caso, domandate una cosa al bambino e risponde il genitore (o la genitrice, ancora oggi che siamo entrati nel futuro si distinguono per il fatto che il genitore tiene la postura rigida di chi ha paura che il cane stia per fare la cacca davanti a testimoni, la genitrice invece usa tesoro o amore come intercalare, tesoro amore vieni qui amore vieni tesoro qui mi senti? Amoruccio? Tesorino?) Per la cronaca allo spacciatore di supporti cartacei per immondizia parolaia ho risposto che sì, il papà legge, ma non oggi e il prendi oggi paghi tra vent'anni s'è lamentato ha protestato ha detto ma guarda un po' legge sempre ma proprio oggi no.

La fiera del patrono anno dopo anno è stato un calando nell'obbrobrio. Anni fa c'erano i conigli nani con intorno bambini pronti a toccarli e gridare e ridere forte, adesso c'è la sfilata di moda per bambini organizzata da una marca modaiola, col supporto della banca e lo sponsor di una società di assicurazioni per la famiglia. Anni fa c'erano solo dei volontari a friggere salamelle e parte del ricavato sarà devoluto, adesso ci sono casupole prefabbricate che spacciano birra artigianale e panini con carne precotta la sera prima e conservata in scatole a chiusura ermetica. Se vuoi qualcosa adesso devi prima cambiare i soldi veri con dischetti plastificati che dietro c'è l'immaginetta del santo patrono e davanti c'è scritto vale un euro e capisci che c'è sotto un giro di percentuali che richiedono certezza di fatturato. Comunque quando c'hai un figlio ci vai alle fiere perché avere un figlio consiste che sei obbligato a uscire di casa per andare in posti che possono piacere a un bambino. Se esci per andare con un bambino in posti da adulti o il bambino lo scarichi sempre nelle braccia di qualcun altro cosa ci fai qui? Cosa te ne frega di sapere cosa cambia quando c'hai un figlio che tanto tu è come se non ce l'avessi non è un problema tuo prego signor pseudopadre mi permetta di indicarle l'uscita. Che in fondo, diciamolo, sono i bambini che ci portano in posti che piacciono anche a noi, quante volte ho visto padri cedere al divertimento con la faccia così felice da rendere perplessi e angustiati bambini abituati alla serietà e alla compostezza?

Stavolta no, la fiera non è stata divertente, ogni anno che passa lo è sempre di meno. Sono diventati così tanti a vendere bibite e panini che si lamentano del rischio di non portare a casa nemmeno le spese. Quando c'erano solo i volontari a fornire il servizio di ristorazione sui generis tiravano su un mucchio di soldi, volevo dire, non dovevano dividere la torta in mille, ma sono stato zitto. E i cavalli, la fiera la fanno nell'ex ippodromo e anni fa c'erano volontari che facevano salire i bambini, gratis, sui cavalli, senza motivo, solo perché è possibile, può darsi, che ai bambini piaccia salire sui cavalli, fa niente se sono cavallini, fa niente se vanno al passo, fa niente se dura solo cinque minuti, succede che i bambini sono così strani a volte che se gli dici vuoi salire sul cavallo loro gridano sìììì e fanno i salti di gioia. Eh, i bambini sono strani, cambiano un sacco di cose quando c'hai un figlio, poi non dire che non ti avevo avvisato. Fatto sta che quest'anno niente, c'è il cartello 'battesimo della sella' che gli altri anni non c'era nessun cartello stupido come questo, però niente cavalli né qualcuno che fisicamente permetta l'esperienza. I bambini sono anche così bizzarri che se gli dici vuoi andare sul cavallo e poi gli dici non si può ci rimangono male, pensano che tu ti sia preso gioco di loro per il puro gusto di infliggere emozioni negative.

Quando c'hai un figlio parlano con lui per vendere le cose a te. Infatti le signorine prima gli hanno fatto i complimenti, lo fanno anche con gli uomini adulti per schiavizzarli, è la tecnica delle moine, la trovate nei migliori manuali di tecniche di adescamento e controllo della mente. Dopo i complimenti arriva un gran sorriso, ciglia che sbattono e infine la richiesta, in questo caso 'Me lo fai un bel disegno?' e mio figlio dice 'No grazie' (Bravo figlio! Sono orgoglioso di te!) ma le signorine non demordono mai di fronte alle patetiche difese della vittima predestinata, sono certo sia implicata una questione genetica posizionata tra la perseveranza e la testardaggine, 'Se mi fai un disegno bello vinci la gara e lo mettiamo sul nostro sito di internet che tutti vedranno quanto sei bravo', e mio figlio dice 'Seeeee' come dire 'Bel tentativo non sai fare di meglio' (Figlio mio! Tuo padre è orgoglioso fino alla commozione!) e la signorina si piega sulle ginocchia, avvicina la faccia e implora 'Daiii, falo per me' e mio figlio cede (Ce l'hai messa tutta, bambino mio, va bene così, è la genetica non puoi vincere è la genetica il testosterone la natura darwin o così o l'estinzione). Fatto sta che il giorno dopo riporta il disegno e il gabbiotto delle signorine è chiuso, il bambino piange dice ho fatto il disegno eravamo d'accordo e io dico forse sono a pranzo, forse va spedito, prendo il disegno e faccio finta di leggere le istruzioni e dico sì, va spedito, ecco perché non ci sono le signorine, non gli dico che è sempre così, che si deve abituare alle delusioni provenienti dalle signorine (diciamo da certe signorine, non tutte, sennò si generalizza, erba un fascio, maschilista eccetera, diciamo solo certe signorine, una minuscola percentuale di signorine che non sono rappresentative dell'intera casistica), anche quando sembra che ti implorano in realtà ti stanno inc

Quando c'hai un figlio una delle cose divertenti sono i disegni che fa. Sono responsabile del disboscamento di chissà quante foreste finlandesi. Non lo sapevate? In nord europa c'è l'industria del legname, ripiantano le foreste che tagliano, è un business, la faccenda dell'amazzonia è leggermente sfruttata a scopi propagandistici, come gran parte delle fesserie di cui vi ingozzano giornali e tv. Però se vi fa piacere mi assumo la colpa dell'amazzonia perché uso fogli A4 per farci disegnare mio figlio, sono adulto posso assumermi le mie responsabilità morali oggettive e soggettive. Per esempio il disegno per le signorine, che poi dietro ti chiedono i dati personali e l'autorizzazione a trattarli e a violare la tua privacy, con la tua firma mi autorizzi a vendere i tuoi dati a una società di marketing che ti riempirà la buca delle lettere di pubblicità. Il disegno in questo caso si intitola il tuo futuro, genitore aiuta i tuoi bambini a disegnare il loro futuro. Ho detto a mio figlio il futuro e lui ha detto 'eh?', ho detto tra tanti anni devi disegnare le cose come saranno quando sarai grande come me. Lui ha detto lo scienziato. Ve bene, ho detto, lo scienziato va bene, disegna che io intanto mi rilasso, mi faccio un bel caffè e me lo bevo in pace mentre disegni. Ma non va così, quando hai un figlio la parola relax diventa dgftrk, anche se ti capita di sentirla pronunciare da chi non ha figli o, addirittura, in un atto di clemenza autosuggestivo la pronunci tu stesso, dici relax ma senti twrtirjl, una parola che, se mai l'ha avuto, non ha più significato. No sai mai se è il caso di mostrare i disegni quando c'hai un figlio che come disegno del futuro di mio figlio consiste in lui che è diventato uno scienziato pazzo, con i pastelli nel taschino, un robot aiutante non cattivo, dentro a un laboratorio pieno di pozioni e illuminato da una singola lampadina, circondato da cose meccaniche. Però quello del mio, di futuro, quello del futuro di suo padre è diverso, nel futuro suo padre è un pescatore su un'isola che ha preso per sbaglio un polipo al posto del pesciolino colorato e c'è lo squalo che ride e i gabbiani e la palma da cocco e un cappello verde in testa, ha tutta l'aria di essere un cappello a bombetta, e una mano a forma di antenna della tv.

martedì 7 giugno 2011

Assimilare.

sseggino non mi ricordo se dentro c'è un bambino vero ma adesso non posso controllare perché sono nel bel mezzo di un sopralluogo non mi posso fermare proprio adesso spingo il passeggino devo imporre alla mia mente di scommettere che dentro al passeggino c'è un bambino com'è fatto non lo so come si chiama nemmeno ma non si agita non piange il bambino sta dormendo spingo il passeggino la programmazione è novanta per cento improvvisazione e dieci per cento persuasione quindi spingo il passeggino entro nel bar che sembra una palestra ci entro per sfruttare il passaggio laterale o posteriore in pratica l'ingresso nascosto questo posto è zeppo di ingressi nascosti passaggi segreti botole false pareti spingo il passeggino ho trovato un corridoio viene via l'intonaco dai muri si vedono i mattoni succede fino al confine della proprietà in cui è diviso il palazzo da quel punto il corridoio è acciaio è cristallo spingo il passeggino dentro l'edificio dove si trova il libro non può essere altro che un libro il tesoro nascosto l'oggetto prezioso spingo il passeggino e vedo l'ascensore alla mia destra vedo il bancone con i monitor della sicurezza in fondo all'atrio vedo il mio riflesso sul pavimento il mio riflesso su pareti rivestite di marmo il mio riflesso su pezzi di metallo lucidato il mio riflesso sul cristallo della teca vedo che indosso occhiali scuri non è da me spingo il passeggino sapendo che è un errore gli occhiali sono una sfida alla naturalezza una prova di recitazione che potrebbe andare oltre le mie forze e infatti l'incantesimo si rompe mi fermo e smetto di spingere il passeggino mentre una guardia si avvicina senza mai distogliere lo sguardo dai miei occhiali e raggi di luce rossa indagano la superficie della teca che contiene le parole segrete le ruote dentate i codici a incastro i pulsanti colorati i mazzi di chiavi la guardia parla e chiede devo picchiarlo poi rimane in ascolto io mi levo gli occhiali e guardo nelle telecamere di sorveglianza come uno che non sa cosa succede non sa dove si trova e anzi è un po' seccato una scocciatura imprevista e vorrebbe dire qualcuno tolga di mezzo il rappresentante dell'autorità costituita non riesco a passare mi sta bloccando il passeggino e non c'è niente di più pericoloso di un genitore che sta ipotizzando il figlio l'infante in pericolo te lo insegnano al corso la mia preparazione mi obbliga a continuare il sopralluogo devo approfittare di ogni secondo per immagazzinare particolari utili all'operazione così che quando tornerò per recuperare il libro avrò più speranze di riuscire e spingo il passeggino contro le gambe della guardia come se avessi ragione io come se stessi subendo un qualche torto e cercassi di reagire a uno scambio di persona a una valutazione imprecisa la voce del capo esce da altoparlanti invisibili e dice no per stavolta no e la guardia dice ti è andata bene poi guarda nel passeggino e ride così di gusto da farmi venire il dubbio che sia uno scherzo ai miei danni mi viene l'idea assurda che il furto sia organizzato da me sono io che voglio rubare a me stesso il libro sono io che ho detto alla guardia faccia finta che nel passeggino ci sia un bambino istruzioni preventive infatti la pianificazione è novanta per cento previsione e dieci per cento applicazione ma se così fosse dovrei sapere cosa contiene il libro non avrei bisogno di rubarlo di decifrare il contenuto si dice che il libro sia una leggenda che il libro non esista che il libro sia solo una scusa per giustificare l'apparato militare di sorveglianza e le pratiche di controspionaggio brevettate e rivendute al miglior offerente calma adesso sono confuso devo capire se almeno il bambino è vero allora mi piego sul passeggino per controllare e perdo l'equilibrio scivolo cado nel passeggino il bambino sono io anche il bambino sono io e anche la guardia sono io la guardia che ha messo gli occhiali scuri prima li avevo addosso io e ora si china e mi dice abbiamo fatto un buon lavoro mi dice non si vede niente lo dice indicando la mia pancia di bambino e mi accorgo con orrore di una vistosa cicatrice la guardia ora indossa il camice ha in mano un bisturi e dice che andrà via che non resterà il segno questo mi tranquillizza mi fa sentire fortunato l'idea che la cosa infilata dentro alla mia pancia non lo saprà nessuno perché non rimarranno cicatrici dico alla guardia mi ritengo soddisfatto perché la cosa nella mia pancia è il libro so che la guardia sono io travestito da chirurgo che sto rubando il libro gli dico sono contento perché so che il mio corpo sta metabolizzando il libro lo digerisce lo assorbe e forse un giorno mi verrà fuori dai pori sotto forma di sudore lo smaltirò il libro lo piangerò verrà digerito il libro lo piscerò mi appariranno dei simboli sulle unghie e li taglierò via per donarlo ai posteri mi si formeranno parole lunghissime nei capelli e a quel punto il contenuto del libro sarà accessibile sarà libero sarà compreso e decompresso sarà diluito e rivelato sarà mi

mercoledì 1 giugno 2011

Elogio funebre di una madre ancora in vita (001)

Dobbiamo scegliere da che punto iniziare, parlare di una persona non è come descrivere un ponte o un fiore, non è come raccontare un evento realmente accaduto, non è come spiegare la tecnica migliore per un effetto garantito. Se poi quella persona è un conoscente, un amico, un parente, o come in questo caso la mamma, significa vagliare una quantità di ricordi in grado di riempire il più capace dei contenitori, così che noi si rimanga inondati, si finisca sommersi, annaspando per restare a galla, finendo per aggrapparci alla prima cosa che ci capita sotto mano, consapevoli che mostrandola sembrerà poca cosa, per niente in grado di fornire informazioni nella misura in cui invece noi ci affoghiamo dentro. Potremmo iniziare dalle parti belle o da quelle brutte, anche se quelle brutte ci sembra un dispetto ricordarle quando non c'è più nessuno a cui rinfacciarle, in grado di difendersi, di negare o almeno di risentirsi. Ricordare quelle belle è la scelta più semplice, ci fa sentire migliori, anche se non c'è più nessuno da mettere in imbarazzo, in grado di smentire, di schernirsi o anche solo di ritenersi lusingato.

Siamo qui per egoismo, in fondo, la parte oscura dell'altruismo di ogni specie e natura, la nobiltà del gesto commemorativo, la liturgia della condivisione sociale del dolore purché mentale, astratto, tutto ma non fisico, le con-doglianze, il dolersi in compagnia, un tempo c'erano professionisti pagati per dar sfogo materiale al patimento spirituale altrui. Diamo conforto senza fare fatica, senza spendere un bottone, una stretta di mano, un paio di occhiali scuri per nascondere lacrime improbabili, una frase di circostanza, ecco fatto, abbiamo pagato un debito verso la morte, abbiamo messo in banca qualche risparmio che ci verrà restituito, si spera, quando toccherà a noi starcene sdraiati a subire la processione dei curiosi e dei nostalgici, di coloro che vorranno constatare da vicino il grado di invecchiamento e paragonarlo al proprio, mentendo sull'espressione felice, sul pare stia dormendo, e tutta la sequela di frasi preconfezionate che si tenta di personalizzare, di rendere originali mettendoci del sentimento, esagerando le pausa, inserendo un singhiozzo o un calo di voce che non sembri studiato. Grazie comunque di essere intervenuti alla cerimonia, mia madre ci ha sempre tenuto alle cerimonie, non considererebbe accettabile un'uscita di scena alla chetichella.

Potremmo partire dalla sua generosità, dalla sua capacità sovrumana di sacrificio personale, dalla sua determinazione e costanza, dalla sua precisione e mania di controllo, dal suo gusto per il potere e il comando, dalla predilezione per lo charme e il savoir faire, dalla sua infanzia da incubo, dall'amore inesplicabile per un uomo come mio padre, e viceversa, oppure tagliarla corta e partire da qui, iniziare dall'ammirazione per le grandi donne della sua epoca, cantanti liriche come la Callas, la principessa Grace Kelly, per citarne solo un paio, ma ne aveva a decine in catalogo, aveva donne senza le quali i mariti sarebbero appassiti nel giro di uno sguardo gelido e una voltata di spalle, donne con voce straordinaria e irripetibile, donne di classe donne intelligenti donne esplosive donne di talento. E uomini, Kennedy, Onassis, Papa Giovanni il Buono, una sfilza di uomini da mischiare e pescare a caso come carte da un mazzo per fare paragoni. Una vita di modelli irraggiungibili, una vita di altalenanti convinzioni riguardo alla propria adeguatezza, scalando le vette dell'esaltazione e precipitando nelle trappole dell'afflizione. Il rifiuto della mediocrità, l'incubo terrificante della normalità, anche in questo momento, la guardo e non posso fare a meno di chiedermi se il paradiso l'ha trovato di suo gradimento o se va lamentandosi che non va bene niente, non è un posto adatto a una signora.

Amava i vestiti, amava i gioielli, amava le macchine, le ville, in una parola tutto ciò che è lusso, tutto ciò che è costoso, ma nemmeno, no, sto sbagliando, la verità è che desiderava far parte di una classe sociale diversa, molto diversa da quella in cui è nata. La verità è che ha capito una cosa che molti intellettuali si rifiutano di accettare: l'appartenenza a un ceto non è più determinata dalla sostanza ma esclusivamente dalla forma. Ce l'hanno insegnato i film, i documentari, le favole. La cameriera sposa il principe. Il gangster va a pranzo con il banchiere, lo scienziato, il politico, il generale. Il dopoguerra, il boom economico, guardo mia madre e vedo un libro, vedo la testimonianza vivente della tradizione legata ai luoghi dove sono nato e cresciuto che si mischia a culture così lontane da poter essere dietro l'orizzonte o su un altro pianeta, vedo la globalizzazione che si rivela nell'individuo, vedo lo spirito dei tempi, il panteismo dell'immaginario collettivo che si dispiega in corollari fatti di educazione, stile di vita, senso dell'umorismo, moda, adesione incondizionata a matrici di pensiero implicite, abitudini, obblighi sociali. Guardo mia madre e ci vedo rispecchiata un'epoca e riassunta un'epopea individuale, famigliare, nazionale, globale.