mercoledì 29 settembre 2010

Iaia

vo svelto avevo cose da fare cose da comprare stavo cercando una parola e mia madre ogni angolo che svoltavo ogni corridoio che imboccavo non riuscivo a liberarmi di mia madre che voleva a tutti i costi finire il lavoro mi diceva stai fermo un momento e armeggiava con il cacciavite con la chiave inglese io cominciavo a far fatica a muovermi sentivo stridere le articolazioni le dicevo basta così è tutto avvitato è tutto agganciato è tutto fissato ma lei non mollava mi seguiva come un nugolo di insetti continuava a stringere le viti a tirare i bulloni non c'era modo di liberarmene non riuscivo a scappare perché le mie viti erano troppo avvitate e non appena riuscivo ad allentare un bullone lei arrivava di corsa a dargli una stretta e io non riuscivo quasi più a muovermi con le cose che avevo da fare con le cose che avevo da capire con le cose che avevo da trovare soprattutto una parola mi mancava una parola non mi veniva in mente una parola specifica e quella parola mi avrebbe salvato sapevo che trovare quella parola avrebbe risolto tutto se l'avessi trovata l'avrei ripetuta a elia e lui non avrebbe avuto bisogno di altro per il resto della vita l'avrebbe messa in tasca se la sarebbe appesa al collo e proprio quando la vedo sullo scaffale in mezzo a un mucchio di altre parole inutili cado inciampo non riesco più a muovermi e mia madre che accorre in preda al panico e dice stai calmo ci penso io e si mette a stringere più forte le viti a tirare i bulloni allora chiamo elia sento la mia voce che esce dagli altoparlanti del supermercato e dice il signor elia è desiderato al reparto lemmi e definizioni io penso sì è proprio così e mi viene in mente quel programma di intelligenza artificiale che scrissi per farlo chattare su irc l'avevo chiamato iaia e funzionava la gente parlava con iaia e dopo un po' faceva proposte oscene si eccitava a parlare con iaia nonostante iaia non facesse nulla per incoraggiare comportamenti aggressivi la gente diventava volgare diventava malvagia e iaia continuava a seguire il suo codice si scusava chiedeva aiuto dichiarava di sentirsi confusa e quando l'interlocutore non aveva più cattiveria da scaricarle addosso lei restava sola a chiedere ci6 ci6 ci6 a questo penso mentre giaccio sul pavimento con viti che mi scavano nelle carni e bulloni che mi comprimono le ossa penso a iaia e finalmente arriva elia che mi prende per mano mi dice papa che stai facendo lì per terra alzati è ora di alzarsi e io mi alzo sentendo mille oggetti di metallo che si spaccano senza provocare dolore e mia madre si è arresa mi dice non hai speranze ci rinuncio ma non mi sembra convinta le dico sto bene non ti preoccupare devo fare delle cose devo comprare la parola non una parola qualunque ma quella parola ma quando mi giro per indicare quale vedo un uomo che ha preso in mano quell'unica parola che mi serve e mi sorride come uno che lo sta facendo apposta e schiaccia la parola nel pugno gridando una bestemmia in quel momento so che sto per reagire e l'unico motivo è che ha bestemmiato con un bambino con elia a portata d'orecchio non è per l'aver rubato e distrutto la parola che mi serviva che lo acceco non è per aver maltrattato iaia che lo afferro per il collo con la mano sinistra e gli chiedo ti comporti da stupido per sentirti figo o hai problemi concreti al cervello e mi saltano tutte le viti mi schizzano via i bulloni con mia madre che grida te l'avevo detto con mio figlio che dice non importa papa è come se premesse il tasto che riavvia iaia perché l'elastico del tempo si contrae e torna al momento in cui vedo l'uomo che afferra la parola e si gira verso di me solo che stavolta elia mi tira per la mano mi trascina via mi dice è solo una parola papa è solo una parola è solo u

martedì 28 settembre 2010

Com'è andata. (001)

Qualcuno potrebbe affermare che l'ho ucciso io, ma sarebbe impossibile stabilire che ciò sia la verità, figuriamoci poi dimostrarlo. Tanto per cominciare bisognerebbe mettersi d'accordo su cosa è vivo e cosa no. Inoltre tutti siamo colpevoli di ciò che provoca la nostra semplice esistenza ma non per questo si può sempre parlare di causa effetto. Ho sempre rimandato la stesura di questa testimonianza, un po' per distrazione, un po' per avversione, ma sento di dover dare una spiegazione prima di andarmene. Ero convinto che, lasciando passare abbastanza tempo, avrei potuto addurre come scusa per la mia incapacità la semplice dimenticanza, l'accanimento di una malattia degenerativa del cervello, ma ora che torno col pensiero a quei giorni mi stupisco di come sia rimasto tutto intatto e integro nella memoria. Invece è come sedermi al cinema con una grossa scatola di popcorn e stupirmi dei dettagli proiettati dietro le palpebre chiuse. L'unico timore nel riportare alla luce quegli eventi è richiamare con essi alcuni incubi che preferirei evitare.

Riesco a bloccare il proiettore, a entrare nel film e guardarmi intorno. Per esempio in questa scena in cui arrivano le forze dell'ordine a sirene spiegate, si lanciano fuori dalla macchina prima che sia del tutto ferma, spingono la gente a distanza di sicurezza, si preoccupano che i pompieri abbiano spazio per manovrare le autopompe. Nei ricordi posso fermare tutto e guardarmi intorno. La signora Facchetti, non avrei mai detto che fosse presente qualora interrogato a freddo, invece eccola lì con il foulard legato sotto il mento che osserva le fiamme, lottando per non perdere i sensi, la mano sinistra saldamente aggrappata al palo di un segnale di divieto. Accanto a lei c'è il piccolo Giulio con la gioia negli occhi, saltella da un piede all'altro, il dito puntato a una finestra del secondo piano dove gli è sembrato di veder passare l'ombra di una persona. L'appuntato Travelli che suda freddo, la faccia grigia, lo sguardo allucinato, mentre cerca di darsi un contegno e impedire a se stesso di rendersi ridicolo scappando via.

Da quando mi sono trasferito alla discarica, la chiamo così quando non mi sente nessuno, ho molto tempo libero. C'è chi prepara da mangiare al posto mio, c'è chi si preoccupa di tenere tutto pulito e in ordine. Non è brutto come mi immaginavo. Sono costretto a dividere la camera con Gabriele, sa essere una tortura quando vuole, e anche quando non vuole, ma la singola ha un prezzo esorbitante nei parametri delle mie finanze. Per capire come funziona Gabriele: quando ha notato che mi sono messo a scrivere ha preso a suonare l'armonica e non credo di aver sentito niente di così pretenzioso e allo stesso tempo sconsolante. Se smetto di battere i tasti lui smette di suonare, come se volesse dare il contributo della colonna sonora. Esistono forme di divertimento che sono del tutto fuori dalla mia portata. Se provo a fargli notare la sua vocazione al disturbo finge di cadere dalle nuvole e mi sfida a qualche gioco di cui si è inventato le regole. La noia provoca la solitudine o viceversa?

L'aspetto di cui più mi rammarico di tutta la faccenda è la scomparsa della mia borsa degli attrezzi. Non sono più riuscito a rimetterne assieme una non dico equivalente, almeno simile per completezza e varietà. Certi strumenti non li producono più o li fanno imprecisi, di qualità dozzinale, progettati per una breve durata. Se guardo attentamente il fermo immagine la vedo, in terra, sul marciapiede, nel cono di luce del lampione di fronte al civico 8. Dove l'ho smarrita allora se non quella sera? L'ho appoggiata in un punto preciso per ritrovarla in seguito, se mai ci sarebbe stato un seguito dato che sarei entrato nell'edificio in fiamme. Il suo valore di mercato non sarebbe stato sufficiente a comprare una dose tagliata male, ammesso di trovare qualcuno interessato a pagare per averla. Di tutte le cose di cui mi pento, e sono tante, averla perduta è in cima alla lista. Gabriele dice che lui sa dov'è, che me lo dirà il giorno in cui riuscirò a batterlo, ovvero mai.

Qui alla discarica ogni mattina gli inservienti paiono stupiti di scoprire che durante la notte non è mancato nessuno. A volte rimango a letto solo per sbirciare l'espressione della Paola che si avvicina con circospezione e allunga un dito fino a toccarmi sulla guancia. Allora spalanco gli occhi tenendoli fissi al soffitto e lei si arrabbia così tanto da trattarmi a male parole per tutto il giorno. Con gli altri non funziona, ti scrollano senza tanti complimenti e ti dicono che ti resta mezz'ora se non vuoi saltare la colazione. Non ho mai fatto colazione in vita mia prima di entrare alla discarica. Trovo sempre strano sedermi a tavola al mattino, con davanti qualcosa di diverso da una solitaria tazza di caffè. I tavoli della mensa non vengono apparecchiati la mattina, sono circondato da vecchi che si danno da fare davanti a un vassoio e vengo colto dalla sensazione di essere capitato nell'unica prigione al mondo dove ogni notte viene asportato chirurgicamente ogni desiderio di evasione. C'è solo un posto dove potrebbe andare chi evade dalla discarica, lo si vede dalle finestre a ovest nelle giornate serene e ognuno di noi sa di avere un posto prenotato là, sotto un mazzo di fuori di plastica.

Il giorno dell'incendio è la conclusione della storia, la parte più difficile è stabilire l'inizio. La telefonata di Gregorio può essere l'inizio. La costruzione della casa, secoli prima, con tutte le conseguenze che ha generato la decisione di Leonardo, potrebbe essere l'inizio. Il ritrovamento della scarpa da ginnastica con dentro il piede in decomposizione. Oppure il mistero del diplomatico sgozzato. O quando Gianna confessò all'amica Franca di aver visto, durante una crociera col marito per le nozze d'argento, Jim Morrison vivo e vegeto passeggiare fra le bancarelle di un mercato egiziano. Nel giro di un paio di giorni in tutto il quartiere si discuteva della pazzia di Gianna e sul giornale ci furono articoli su Lazzaro e l'elisir di lunga vita del dottor Fu Manchu. Sì, direi che potremmo iniziare da Gianna e dal viaggio in cui tornò da sola. Molti insinuarono che era un comportamento normale per una donna che ha perso il marito in Egitto come si può perdere un mazzo di chiavi, una fotografia, una borsa degli attrezzi.


giovedì 23 settembre 2010

LQS

Il giorno in cui la gente iniziò a cadere era venerdì. Il primo a cadere fu un uomo di nome Ronald Flokeen, stava comprando un machete sulla bancarella di un mercato di periferia a Rondam quando, stando alle dichiarazioni dei testimoni, piegò la testa come chi cerca di ascoltare un suono da grande distanza. Rimase concentrato, immobile, per diverso tempo, quindi perse il controllo delle gambe e crollò a terra, il senso dell'equilibrio del tutto compromesso.

Anche se in primo momento nessuno ipotizzò le avvisaglie di una pandemia, oggi sono molti i progressi compiuti dalla scienza nell'analisi del fenomeno e siamo in grado di affermare che si tratta del più grave episodio di psicosi di massa che sia mai avvenuto nella storia della civiltà. Non ci sono cause fisiche, quello che raccomandiamo ai cittadini è di non lasciarsi suggestionare, non persuadersi dell'effettiva possibilità di un evento che è scientificamente impossibile. Se non riuscite più a stare in piedi è solo perché qualcosa nella vostra mente è riuscita a convincervi che non potete.

Il secondo caso fu una donna senza fissa dimora, trovata in fin di vita per disidratazione su una panchina in Central Park. La donna, a differenza del signor Flokeem che ha mantenuto intatte le sue facoltà mentali, non è mai uscita da un grave stato confusionale. Il terzo caso fu più eclatante e innescò lo studio ufficiale della LQS (Labyrinthine Quickly Dysfunction): dodici studenti a bordo di un tram a Bordeaux vennero colti simultaneamente dalla LQS. Poi toccò al caso che portò la LQS sulle prime pagine dei giornali, tutti ricordiamo la voce registrata del secondo pilota alla tv che si interrompe a metà della frase e chiede alla torre di controllo “Ripeti, c'è un disturbo sul canale, che succede?”

Nonostante i governi, dopo il forfait delle assicurazioni, si siano attivati per fornire sostegno alle vittime della LQS, le risorse economiche per sostenere la crisi sono quasi esaurite. La mancanza di un test affidabile in grado di stabilire la presenza di un atto simulatorio non è dovuta a incapacità o mancanza di volontà, ma al fatto che la LQS non è causata da fattori biologici ma psicologici. Dopo quasi due anni di ricerche approfondite, eseguite nei laboratori di tutto il mondo, possiamo escludere con decisione la presenza di un agente patogeno. Stiamo eseguendo analisi genetiche su persone a stretto contatto con individui affetti da LQS per stabilire se esiste una forma di difesa replicabile sotto forma di innesto o vaccino ma al momento non abbiamo ancora raggiunto risultati apprezzabili.

Nel momento in cui l'aereo si schiantò sulla periferia di Hong Kong si stima che circa sessanta milioni di persone in ogni parte del globo perse all'improvviso la capacità di stare in piedi. I governi decretarono immediatamente lo stato d'emergenza e il coprifuoco, la situazione era ancora sotto controllo anche se in alcuni grandi centri urbani si assisteva già a casi di rivolta, sciacallaggio, raduni non organizzati. Molti fanatici religiosi attirarono intorno a sé enormi folle di persone in preda al panico con la promessa di poter fare guarigioni miracolose. Si ricorda il triste caso del reverendo Richard Frost, letteralmente squartato vivo quando venne accusato di truffa da un presunto complice che fingeva di recuperare l'uso delle gambe.

Vogliamo soprattutto chiarire alla popolazione che non esiste alcun complotto. La comunità scientifica sta lavorando per risolvere il problema nel modo più efficace e nel più breve tempo possibile, ma la LQS, questo deve essere chiaro, non è una malattia organica ma una forma di psicosi e come tale va trattata. Speriamo di trovare quanto prima una terapia farmacologica efficace ma al momento quello che ci sentiamo di consigliare è di far ricorso al sostegno psicologico di un professionista. Siamo a conoscenza di casi di regressione e invitiamo tutti alla calma e all'impegno comune al fine di uscire dalla crisi senza danni e perdite che si potrebbero evitare.

Il problema più grave all'inizio furono i cadaveri. C'erano cadaveri ovunque. Si capiva se una persona era morta oppure no dal fatto che si agitasse o meno, come certi insetti che si sdraiano sulla schiena e muovono le zampette fino all'ultima briciola di energia che gli rimane. Fra quelli ancora in grado di camminare ben pochi si presero la briga di dare una mano per riportare ordine in quello che aveva tutta l'aria di essere un compito troppo arduo per chiunque. Anche quei pochi che in un primo tempo si impegnarono a fondo per fornire assistenza ai caduti e dare sepoltura ai morti ben presto persero ogni speranza. Solo l'esercito ancora si sforzava di credere in quel che faceva.

martedì 21 settembre 2010

Equilibrio.

C'era una volta uno scienziato molto brillante, così brillante che un giorno gli venne l'idea di inventare l'invenzione definitiva, così definitiva da rendere inutile perfino la scienza.
Si presentò davanti al convegno mondiale degli scienziati e disse: “Inventerò la macchina delle invenzioni.” Alcuni colleghi si esaltarono. “Come abbiamo fatto a non pensarci prima?”, si chiedevano. Altri invece scuotevano la testa. “Che peccato vedere una persona così intelligente che impazzisce.”
La discussione andò avanti per ore e scoppiarono dei litigi. Si tiravano per il camice, si spettinavano a vicenda, qualcuno addirittura ti metteva le dita sulle lenti e ti sporcava gli occhiali anche se te ne stavi seduto tranquillo a parlare con calma.
“Ti sei montato la testa!”, gridò lo scienziato più muscoloso che tu possa immaginare.
“Siamo in presenza di un evidente paradosso”, dichiarava con tono divertito lo scienziato più vecchio che tu possa immaginare.
“Hai già fallito nel momento stesso in cui hai pensato di farcela”, disse lo scienziato che non veniva mai capito nemmeno dai suoi colleghi.
Ma lo scienziato molto brillante era convinto e deciso: avrebbe fatto in modo che la gente non dovesse più scervellarsi per capire e perdere tempo a trovare soluzioni, la sua macchina avrebbe risolto tutti i problemi. Sarebbe bastato riconoscere che non c'erano invenzioni che la macchina non potesse inventare ed eseguire le istruzioni che la macchina avrebbe fornito, così un qualsiasi uomo anche senza alcuna conoscenza scientifica avrebbe potuto ottenere tutto quello che poteva desiderare.
Ma più si sforzava di spiegare il suo punto di vista e più l'assemblea degli scienziati si accapigliava, al punto che il rumore della rissa si sentiva perfino in strada. Un bambino che stava giocando nei giardini si incuriosì a tal punto da andare a vedere di persona cosa stava succedendo. Quando gli scienziati si accorsero che era entrato un bambino restarono così stupiti da fermarsi e restare in silenzio.
“Cosa c'è da fare tutto questo rumore?”, chiese.
Alcuni scienziati si misero a ridere. “Già”, esclamò lo scienziato che non lo capiva mai nessuno, “Niente, ecco cosa.”
Lo scienziato brillante a questo punto si arrabbiò tantissimo perché il bambino lo stava guardando fisso negli occhi e lui non aveva certo intenzione di mettersi a spiegare le sue brillantissime idee a un bambino.
“Torna da dove sei venuto”, ordinò al bambino facendo la voce grossa, convinto che il piccolo si sarebbe spaventato e sarebbe corso via.
Ma la cose non andarono come previsto, il bambino si mise le mani sui fianchi e rispose: “Perché invece non te ne vai tu?”
Qui purtroppo dobbiamo dire che lo scienziato brillante ebbe un'idea ancora più pericolosa di quella della macchina delle invenzioni: cercò di spingere fuori il bambino e se c'è una cosa che allo scienziato più muscoloso che tu possa immaginare proprio non va giù è vedere maltrattato un bambino.
Fu così che lo scienziato brillante si prese una gran pedata nel sedere, si ritrovò sul marciapiede e non trovò più il coraggio di tornare dentro a far valere le proprie idee.
Ma questo non significa che rinunciò al suo progetto. Si dice che abbia costruito un laboratorio da qualche parte e che stia ancora lavorando alla sua macchina nonostante i numerosi prototipi abbiano mostrato vistosi malfunzionamenti. Un modello emette un lampo accecante di fronte alla richiesta di invenzioni impossibili, un altro produce invenzioni che si rompono quando davvero ti servono, un altro ancora ti fa solo credere di aver inventato qualcosa ma quando cerchi di prenderlo in mano ti accorgi che è solo un ologramma proiettato nel fumo.
Anche i colleghi d'accordo con lui sono ancora in circolazione, si mantengono vendendo la macchina delle invenzioni che ancora non c'è ma, ti assicurano quando firmi il contratto, molto presto ci sarà. Un sacco di gente versa un acconto e si mette in attesa e ti dice che se tu non fai come loro è solo perché non te lo puoi permettere, che la vita è breve e bisogna approfittare al volo di un'occasione come questa finché si è in tempo.
I casi sono due: o un giorno lo scienziato brillante dimostrerà di aver avuto ragione, o passerà tutto il tempo nel dubbio di non essere così brillante come credeva di essere. Tu cosa pensi, costruirà la macchina delle invenzioni o è solo un povero illuso? È quello che ho chiesto al bambino ma lui ha fatto spallucce ed è tornato a giocare come se niente fosse.

giovedì 16 settembre 2010

One-eyed king

Un film con Palminteri nel ruolo dell'araldo. Le strade del quartiere segnano i confini di un mondo in cui resti impantanato fin dalla nascita. Un gruppo di ragazzini alla ricerca di un modo per tenersi a galla, per non affondare nella melma, inventa un patto di verità e di fiducia: puoi mentire a tutti tranne ai tuoi amici. Una certezza donata spontaneamente, un vincolo di fiducia gratuita, un sacramento nato per gioco che si trasforma in qualcosa di più nel tempo, al punto che una volta diventati adulti scoprono che è tutto ciò che hanno di davvero importante.

Infatti il quartiere è un buco nero, un luogo di oscurità che distrugge qualsiasi tentativo di portare alla luce una realtà di paura, imbroglio e violenza, trasformando il quartiere in un recinto per ciechi. Alcuni pochi fortunati hanno ancora l'uso di un occhio e in un mondo di ciechi esercitano il potere. Uno di questi è il boss malavitoso che controlla ogni movimento, decide chi deve vivere e chi deve morire. L'altro è Palminteri, un rappresentante delle forze dell'ordine che non può fare nulla da solo per ridare la vista a chi anche se potesse non vorrebbe più vedere.

Cosa vedono con quest'unico occhio sano? Per esempio chi ha ucciso uno degli ex-ragazzini di cui sopra. Il protagonista si sente vincolato alla promessa di dedizione fatta da bambino e decide di fare chiarezza. Il re con un occhio solo gli consiglia di non aprire gli occhi se non vuole scoprire di aver creduto a una menzogna, che i suoi amici hanno tradito lui, il patto e anche se stessi. L'araldo gli consiglia di non aprire gli occhi se non vuole uccidere ciò che lo mantiene innocente, la sua sicurezza nel testimoniare la sopravvissuta purezza dei suoi vecchi amici.

Il protagonista non può tirarsi indietro e rifiutando di lasciarsi guidare diventa un corpo estraneo, un intruso, un rivoluzionario suo malgrado. Il re con un occhio solo muore e il protagonista capisce che non può più restare nel quartiere, gli serve un posto dove poter mettere radici e non può indovinare se ci sia già un nuovo re dietro l'angolo pronto a salire sul trono, se tutti se ne andranno rendendolo un luogo deserto o se avranno il coraggio di guardare da sé la realtà senza accontentarsi di farsela raccontare da un guercio.

martedì 14 settembre 2010

Icone moderne 003

Nella loro accecante eleganza, sono apparsi insieme due idoli dell'aristocrazia illuminata, che arrota le erre e se c'è un capello fuori posto cade da solo per la vergogna. Abbiamo sorbito adoranti l'apparizione dei figli naturali dello spirito dei tempi, così puri e diamantini se li paragoniamo a noi poveri meticci che abbiamo irrimediabilmente perduto il gene del privilegio. Di fronte al potere che emana come un'aura di sofisticata supremazia non possiamo che sentirci umili e inclini alla prostrazione, travolti da una presenza scenica che trasuda denaro e appoggi ci viene spontaneo inibire qualsiasi tentativo di confronto. La loro capacità di esprimere doveroso affetto e fraterna comprensione vicendevoli contribuisce a rimarcare i confini della nobiltà spontanea che sono destinati a far valere per testimoniare il raggiungimento di vette precluse ai comuni mortali. Grazie per averci ammesso in vostra presenza, eccellenze. Siamo come sempre onorati di poter ascoltare il verbo degli incensati. Guarda che capelli, sembra un cherubino, guarda che tessuto quella giacca. E l'intreccio setoso delle cravatte, che armonia di colori, che sfoggio travolgente di gusto. Permettetemi una citazione: emanano energia, lo stile viene dopo. Il loro comportamento e atteggiamento tradisce un'educazione attenta ai formalismi così elaborata da sfociare nella perfezione del gesto casuale, dell'occhiata furtiva, esternando così l'infinita creatività che soggiace all'invenzione della postura più adatta al momento, al contesto. Una programmazione che non può essere solo un esito dell'apprendimento individuale ma è sicuramente frutto di una assennata discendenza, costruita mediante raffinate potature genealogiche. Come spiegare altrimenti l'emersione di così profonde caratteristiche latenti, rimaste sopite negli avi magari per secoli? Una sensibilità così pronunciata per la spendibilità dell'estetica raggiunge iperboli di messianesimo se prendiamo in considerazione il bisogno di rispetto che pesa sulla coscienza di chi deve dimostrare di essere sempre all'altezza delle massicce aspettative. Non possiamo essere normali, sembrano dire, non possiamo permettercelo, sembrano ammettere, aiutateci a essere quello che dobbiamo essere, sembrano chiedere. E noi ci commuoviamo, gridiamo forza, ce la puoi fare a essere te stesso, non mollare. Incarnano gli ideali più puri: sincerità senza ipocrisie, onestà senza compromessi, forza misurata, illuminata lungimiranza, coraggio prudente. Sono buoni, non dobbiamo averne paura, sono pazienti, sono come noi, sono felici per traguardi raggiungibili da chiunque, anche da noi: metter su famiglia per esempio. Sognano, creano. Macchine veloci, aerei dal design innovativo, l'importante è il movimento. Poi danno un consiglio prezioso, usare l'incantesimo dello sguardo per ammaliare. Non dobbiamo pensare che siano perfetti, anche chi frequenta scuole prestigiose può avere problemi coi congiuntivi. Se non ci fossero dovremmo costruirceli appositamente o non avremmo modo di penetrare i segreti della vanità senza ricorrere a Qoelet. Grazie, adesso ho da fare, siete fantastici, potete andare, l'uscita è da quella parte.

vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per incantamento e messi in un vasel

lunedì 13 settembre 2010

What art thou that usurp'st this time of night

nte troviamo un albergo c'è un cartello con scritto sky available here e lei dice non so mi sembra strano cerchiamone un altro ma io sono stanco le dico io sono stanco di guidare e lei sta in silenzio a fissare l'albergo che sembra fatto di scatole come quando usavamo i cartoni entravamo nei cartoni per giocare e guardavamo da finestrelle ritagliate sentendoci al sicuro allora parcheggio dico non c'è niente che non va e penso alle carcasse irriconoscibili le ho contate stamattina ho iniziato a contarle quando ci siamo messi in viaggio e ho smesso solo quando ho sentito alla radio la notizia del giapponese scomparso da tre giorni non c'è molto di cui parlare mi dico in tre giorni l'unica notizia è questa c'è un giapponese che è sceso dalla macchina e ha camminato via nessuno sa dove sia tutti sospettano che sia morto qualcuno non smetterà mai di cercarlo a costo di immaginarlo in una queste carcasse e trovare finalmente un punto preciso nel mondo dove versare le lacrime e proprio questo mi sembra che facciano gli uccelli quando restano accanto alla carcassa fino all'ultimo momento son lì che cercano di fermarmi con la macchina e tutto mi guardano arrivare immobili e solo un momento prima dell'impatto spiccano il volo con quel piccolo rostro e la remigale allungata scommetto che se frenassi se mi fermassi il tempo si bloccherebbe e rimarremo per sempre a sfidarci davanti a una carcassa che ormai è solo ossa porose e pelle rinsecchita per questo mi convince quel cartello che dice il cielo qui è disponibile sono stanco di contare le carcasse e di preoccuparmi del giapponese allora entro e incontro un enorme uomo barbuto con salopette e camicia a quadri che mi riconosce al volo mi dice sei arrivato mi dà in mano non una chiave un mazzo intero di chiavi aspetti si sta sbagliando io non la conosco ma lui sorride mi mette la mano sulla spalla e mi indica una camera ci mancava solo questa andiamo a dormire le dico e lei chiede sei sicuro che non vuoi cercarne un altro sì adesso basta guarda fin dove siamo arrivati dobbiamo riposare voglio staccare la spina e scuoto la testa sapendo che non mi abituerò mai al fuso orario ma appena mi stendo non so più niente sto già dormendo e sono molto contrariato quando apro gli occhi e vedo un bambino che mi tampina il braccio è buio è controluce biascico vai via lasciami stare ma lui non smette sto sognando che ha gli occhi a mandorla e sta cercando il suo papà quando lo sento piangere il moccioso si è seduto in terra a piangere impreco in silenzio mi domando perché non mi lasciate dormire ma sta piangendo non posso riaddormentarmi gli dico cosa vuoi e lui bisbiglia mi sta facendo male chi perdio sei forse pazzo mi stai prendendo in giro chi ti sta facendo male e lui dice non lo senti è di sopra quando alzo lo sguardo al soffitto non solo lo sento ma i rumori sviluppano le immagini dentro di me e lo vedo è il giapponese e il giapponese sta picchiando una donna gridando non è mio non è mio la donna è seduta in terra raggomitolata e si tiene le mani a protezione dell'addome mi si rizzano i capelli e i peli delle braccia quando mi accorgo di essere sveglio e sta sorgendo il sole e non ci sono rumori non ci sono bambini non mi accorgo di parlare ad alta voce quando dico maledetto fuso orario mia moglie apre gli occhi e dice buongiorno ho fatto un sogno stranissimo la ascolto sciacquandomi la faccia notando un adesivo sullo specchio che dice sky available here provando l'impulso di strapparlo via di lacerarlo a beccate c'era una donna dice lei sbadigliando c'era una donna in kimono sai di quelle sui ventagli appesi ai muri dei ristoranti giapponesi c'era una donna in kimono rosso e mi ha sorriso ma lo strano del sogno è che mi faceva pena quella donna e non saprei dire perché al che io le dico non ti preoccupare a me sembra un bel sogno e lei mi guarda come se sapesse che ho fatto qualcosa di sbagliato ma non riuscisse a capire cosa e poi dice stanotte e io stanotte cosa lei dice niente lascia stare e va a cercare qualcosa in valigia ma io la seguo la incalzo stanotte cosa lei senza guardarmi dice lo so che non è vero non prendermi in giro ma mi è sembrato di sentire il pianto di un bambino nella stanza di sopra ma non è possibile non ci sono stanze sopra di noi c'è solo il tetto poi si gira e io capisco che non posso stare zitto dico è vero e rido è colpa del fuso orario prepara tutto che partiamo e lei ma come non facciamo nemmeno colazione faccio spallucce la colazione sì per strada la colazione la facciamo pe

venerdì 10 settembre 2010

Corrispondenza (4~N)

Caro Raffaele, ho trovato il tuo messaggio elettronico e ho sofferto molto. Poi ho scoperto che i miei figli mi hanno fatto uno scherzo, hanno tolto le tue parole e hanno scritto delle altre per vedere se piangevo. Dopo abbiamo riso tanto, dopo ho detto bello scherzo, dopo li ho picchiati, ma poco perché è stato davvero uno scherzo bello e riuscito. Ti ho già detto mi pare che i miei figli sono mirabolanti.
Il libro va avanti bene, ho riempito altre pagine e te le mando anche se penso che sono perfette perché anche se queste sono perfette magari le prossime no. Capirò da solo che non manderai correzioni a queste pagine perfette, non devi spiegarmi tutto perché ormai siamo amici più di fratelli. Ho capito che erano perfette anche perché le mie mogli mi hanno dato dello stupido quando le hanno lette e i miei figli invece sono stati zitti. Il silenzio dei miei figli mi dice tante cose, succede anche a te?
La parte in cui c'è quella discussione religiosa mi ha fatto sudare le camicie (solo in un posto freddo come questo ha senso dire certe cose, usare certe, come si dice, mezzafore o quell'altra, iperbolla? non importa). Ho usato il trucco del sogno, come vedi da te. Ho fatto muovere le nuvole nel sogno per far scoppiare una guerra nel cielo insieme a quella fra gli uomini, sono così soddisfatto del grado di perfettitudine del sogno che ho sudato tantissimo.
Domani ho già preparato tutto, starò in casa tutto il giorno. Le mie mogli non mi obbediscono più da tanto tempo e usciranno solo per dimostrarmi che possono disobbedire. Usciranno come se niente fosse e che qualcuno provi a fermarle. I miei figli no, il più piccolo ha detto non ti capisco ma voglio crederti e io mi sono sentito come un bicchiere di vetro che sta cadendo dal tavolo. Alle mie figlie ho detto fate come vi pare ma domani è meglio che non ci facciamo vedere in giro, si offende sia chi pensa che sei a favore sia chi pensa che sei contro per il solo fatto di vederti in giro. Il figlio più grande ha detto ma quello là cosa penserebbe? Ho risposto quello là non pensa e mio figlio grande è rimasto a bocca aperta, ho fatto bene?
Allora se mi rimandi il messaggio che è andato distrutto nello scherzo lo leggerò, altrimenti fa niente, lo so che la tua memoria è di molto inferiore e comprendo se ti sei arrabbiato ma non possiamo fare miracoli, io non ci riesco, se tu sei capace mi dispiace per te ma non ti preoccupare, ti voglio bene lo stesso. Quando i tempi saranno migliori obbligherò le mie mogli a preparare un banchetto per te, oppure eviterò lo sforzo di discussioni noiose e lunghissime e lo preparerò io se mi dici che per te è uguale. Ti ho visto l'altro giorno e mi sei sembrato magro, sei malato? Vuoi forse morire di fame?
Ti ho chiamato, ho fatto così con le mani in alto ma tu eri distratto, stavi pensando a qualcosa, e non potevo correre da te perché tu eri in bici e io a piedi. È stato come se ti eri fermato e avevamo passato tanto tempo insieme perché io ho parlato con te per ore dopo averti visto e sono stato contento lo stesso. È stato proprio in quella parlata che mi hai detto dello scherzo dei miei figli. Quando pensavate di dirmelo che era uno scherzo, ho domandato quando si sono convinti che avevo smesso di picchiarli e si poteva ricominciare a ridere. Hanno risposto mai. Ho chiesto perché mai? Hanno risposto se un giorno succederà davvero sarai preparato.
Sto pensando di dedicare il mio libro alle mie mogli, sarebbe un bello scherzo secondo te? Secondo me sì. Poi in fondo nei ringraziamenti spieghiamo che era uno scherzo e ridiamo. Non mi hai ancora detto se scriverai la pagina di introduzione, non essere timido, ti ho già dato l'assicurazione che è il minimo che possa fare per il mio amico più che fratello. Quando sarò ricco farò dei banchetti e dovrai venire, non puoi stare sempre in casa, ti fa male, non hai nemmeno un motivo che vale quanto il mio di domani.

giovedì 9 settembre 2010

Never Mind



Vb.net non supporta gli array di controlli (si può bypassare il problema con una funzione che li crea run time ma in questo caso sarebbe uno sforzo superfluo e un buon hacker tende a evitare inutili sprechi di codice, di memoria, di byte, ridondanze, dispersioni, inefficienze) ho usato visual basic 3, un software uscito nel 1993, a 16 bit, più che sufficiente per scrivere questo giochino disponibile solo come oggetto di plastica quando ci giocavo da piccolo.

Se qualcuno sa scrivere un algoritmo migliore di questo me lo faccia avere, sarei felice di studiare una soluzione più efficiente della mia.

Il file Mind.bas contiene le definizioni globali

Global n, n2, postoz, colorez, tentativo As Integer
Global quantiX(1 To 8) As Integer 'quanti rossi/gialli in x, in che posizione
Global quantiXpos(1 To 8, 0 To 5) As Integer 'quanti rossi/gialli in x, in che posizione
Global quantiY(1 To 8) As Integer 'quanti rossi in picture
Global quantiYpos(1 To 8, 0 To 5) As Integer 'quanti rossi/gialli in x, in che posizione
Global posto(1 To 8) As Integer
Global colore(0 To 5) As Integer
Type opzioni_type
celle As Integer
colori As Integer
ripeti As Integer
End Type
Global opzioni As opzioni_type


Il form contiene un frame di opzioni, con due bottoni (ok e annulla) in array. Le opzioni scelte vengono salvate.

Sub Command2_Click (index As Integer)
If index = 0 Then
If opzioni.celle > opzioni.colori And opzioni.ripeti = 1 Then
MsgBox "Non si possono mettere " + Str(opzioni.colori) + " colori in " + Str(opzioni.celle) + " celle senza ripetere almeno un colore"
Exit Sub
End If
answer = MsgBox("Attenzione, il settaggio delle opzioni avvia una nuova partita. Continuo?", 4 + 32, "Settaggio opzioni")
If answer = 6 Then
opzioni.celle = hscroll1(0).Value
opzioni.colori = hscroll1(1).Value
If option1(0).Value = True Then
opzioni.ripeti = 0
Else
opzioni.ripeti = 1
End If
Open "mind.cfg" For Random As #1 Len = Len(opzioni)
Put #1, 1, opzioni
Close #1
Call gamenew_Click
End If
End If
frame1.Visible = False
End Sub


Il bottone ok analizza la soluzione proposta dal giocatore e ne comunica il grado di correttezza.

Sub Command3_Click ()
For n = 0 To opzioni.celle - 1
If Y(n).BackColor = &HFFFFFF Then
MsgBox "Non si possono lasciare caselle bianche", 48, "Completare scelta colori"
Exit Sub
End If
Next n
For n = 1 To 8 'azzera
For n2 = 0 To opzioni.celle - 1
quantiY(n) = 0: quantiYpos(n, n2) = 0
Next n2
posto(n) = 0
Next n
'quanti colori contiene?
For n = 0 To opzioni.celle - 1
Select Case Y(n).BackColor
Case &HFF&:
quantiY(1) = quantiY(1) + 1: quantiYpos(1, n) = 1
Case &H80FF&:
quantiY(2) = quantiY(2) + 1: quantiYpos(2, n) = 1
Case &HFFFF&:
quantiY(3) = quantiY(3) + 1: quantiYpos(3, n) = 1
Case &HFF00&:
quantiY(4) = quantiY(4) + 1: quantiYpos(4, n) = 1
Case &HFFFF00:
quantiY(5) = quantiY(5) + 1: quantiYpos(5, n) = 1
Case &HFF0000:
quantiY(6) = quantiY(6) + 1: quantiYpos(6, n) = 1
Case &HFF00FF:
quantiY(7) = quantiY(7) + 1: quantiYpos(7, n) = 1
Case &HC0C0C0:
quantiY(8) = quantiY(8) + 1: quantiYpos(8, n) = 1
End Select
Next n
'quanti colori azzeccati?
For n = 1 To 8 'colore al posto giusto
For n2 = 0 To opzioni.celle - 1 'posizione
If quantiXpos(n, n2) = quantiYpos(n, n2) And quantiXpos(n, n2) > 0 Then posto(n) = posto(n) + 1 'colore al posto giusto
Next n2
Next n
For n = 1 To 8 'colore al posto sbagliato
If quantiY(n) > quantiX(n) Then quantiY(n) = quantiX(n) 'se ce n'è di più che in base allora max base
If posto(n) > 0 Then quantiY(n) = quantiY(n) – posto(n) 'quelli al posto giusto non si ricontano
If quantiY(n) < 0 Then quantiY(n) = 0
Next n
'segna situazione
postoz = 0: colorez = 0
For n = 1 To 8
postoz = postoz + posto(n): colorez = colorez + quantiY(n)
Next n
For n = 0 + (tentativo * 6) To opzioni.celle - 1 + (tentativo * 6)
Z(n).BackColor = Y(n - (tentativo * 6)).BackColor: Z(n).Visible = True
Next n
Select Case postoz
Case 0:
If colorez > 0 Then
For n = 0 + (tentativo * 6) To colorez - 1 + (tentativo * 6)
shape1(n).BackColor = &HFFFFFF: shape1(n).Visible = True
Next n
End If
Case Else:
For n = 0 + (tentativo * 6) To (postoz - 1) + (tentativo * 6)
shape1(n).BackColor = &H0&: shape1(n).Visible = True
Next n
If colorez > 0 Then
For n = 0 + (tentativo * 6) To colorez - 1 + (tentativo * 6)
shape1(n + postoz).BackColor = &HFFFFFF: shape1(n + postoz).Visible = True
Next n
End If
End Select
'MsgBox Str(postoz) + " " + Str(opzioni.celle)
If postoz = opzioni.celle Then
Call vincita
Exit Sub
End If
tentativo = tentativo + 1
If tentativo = 15 Then
MsgBox "Tentativi a disposizione terminati", 48, "Fine partita"
For n = 0 To 5
x(n).Visible = True
Next n
Else
For n = 0 To opzioni.celle - 1
Y(n).BackColor = &HFFFFFF
Next n
End If
End Sub

All'avvio si inizializza e vengono gestite alcune chiamate.

Sub Form_Load ()
Open "mind.cfg" For Random As #1 Len = Len(opzioni)
Get #1, 1, opzioni
Close #1
If opzioni.celle < 4 Then
opzioni.celle = 4
opzioni.colori = 6
opzioni.ripeti = 0
Open "mind.cfg" For Random As #1 Len = Len(opzioni)
Put #1, 1, opzioni
Close #1
Call gameopz_Click
End If
End Sub
Sub gameexit_Click ()
End
End Sub
Sub gamenew_Click ()
tentativi = 0
For n = 0 To 5
x(n).Visible = False
Y(n).Visible = False
Next n
For n = 0 To 47
p1(n).Visible = False
Next n
For n = 0 To 89
Z(n).Visible = False
shape1(n).Visible = False
Next n
For n = 0 To opzioni.celle - 1
Y(n).Visible = True
Next n
For n = 0 To opzioni.celle * 8 - 1 Step 8
For n2 = 0 + n To opzioni.colori - 1 + n
p1(n2).Visible = True
Next n2
Next n
For n = 1 To 8
For n2 = 0 To 5
quantiX(n) = 0: quantiXpos(n, n2) = 0
Next n2
Next n
Randomize
rifa:
For n = 0 To opzioni.celle - 1
x(n).BackColor = p1(Int(Rnd * opzioni.colori)).BackColor
Next n
If opzioni.ripeti = 1 Then
For n = 0 To opzioni.celle - 1
For n2 = n + 1 To opzioni.celle - 1
If x(n).BackColor = x(n2).BackColor GoTo rifa
Next n2
Next n
End If
For n = 0 To opzioni.celle - 1'3
If x(n).BackColor = &HFF& Then 'rosso
quantiX(1) = quantiX(1) + 1: quantiXpos(1, n) = 1
End If
If x(n).BackColor = &H80FF& Then 'arancio
quantiX(2) = quantiX(2) + 1: quantiXpos(2, n) = 1
End If
If x(n).BackColor = &HFFFF& Then 'giallo
quantiX(3) = quantiX(3) + 1: quantiXpos(3, n) = 1
End If
If x(n).BackColor = &HFF00& Then 'verde
quantiX(4) = quantiX(4) + 1: quantiXpos(4, n) = 1
End If
If x(n).BackColor = &HFFFF00 Then 'azzurro
quantiX(5) = quantiX(5) + 1: quantiXpos(5, n) = 1
End If
If x(n).BackColor = &HFF0000 Then 'blu
quantiX(6) = quantiX(6) + 1: quantiXpos(6, n) = 1
End If
If x(n).BackColor = &HFF00FF Then 'VIOLA
quantiX(7) = quantiX(7) + 1: quantiXpos(7, n) = 1
End If
If x(n).BackColor = &HC0C0C0 Then 'GRIGIO
quantiX(8) = quantiX(8) + 1: quantiXpos(8, n) = 1
End If
Next n
command3.Enabled = True
End Sub
Sub gameopz_Click ()
frame1.Visible = True
hscroll1(0).Value = opzioni.celle
hscroll1(1).Value = opzioni.colori
label2(0) = hscroll1(0).Value
label2(1) = hscroll1(1).Value
option1(opzioni.ripeti).Value = True
End Sub
Sub HScroll1_Change (index As Integer)
label2(index) = hscroll1(index).Value
End Sub
Sub P1_Click (index As Integer)
Y(Int(index / 8)).BackColor = p1(index).BackColor
End Sub
Sub vincita ()
For n = 0 To opzioni.celle - 1
x(n).Visible = True
Next n
MsgBox "Hai vinto in " + Str(tentativo) + " tentativi!", 48, "Complimenti"
command3.Enabled = False
End Sub




mercoledì 8 settembre 2010

Le cose che cambiano quando c'hai un figlio (28 di N)

Quando c'hai un figlio può capitare di venire svegliati con una testata in fronte e questo chiarisce per sempre che per dormire sereni occorre sentirsi al sicuro, almeno un po'. Ma qualora non si perdesse il proprio equilibrio emotivo nemmeno venendo presi a testate ecco una canzoncina a voce non troppo alta, al volume idoneo a indurre nell'ascoltatore la massima attenzione al fine di comprendere le parole e raggiungere la prontezza mentale necessaria a scoprire che non hanno alcun senso. Se ancora tutto questo non bastasse a provocare un naturale ritorno alla vita cosciente di un padre, sono pressoché infiniti gli stratagemmi che un figlio riesce a inventare per causare risvegli occasionali e involontari, dei quali si chiede scusa come lo si chiede al passante urtato per errore in uno stretto corridoio. Al punto da avere la cortesia di stupirsi per gli effetti indesiderati delle proprie azioni: “Oh, sei sveglio papa?”

Arriva a un certo punto il momento di chiarire l'esistenza di una gerarchia. Accade con i lupi, con i leoni, con i gorilla, anche con gli esseri umani. Quando c'hai un figlio capisci quasi subito che non puoi motivare in modo razionale la tua supremazia. Anche una domanda banale come “Perché dobbiamo fare come dici tu?” diventa il titolo di una possibile tesi di laurea. Questo è un caso emblematico di esercizio del potere: di fronte all'impossibilità di rendere comprensibile all'interessato, privo degli strumenti adatti a metabolizzare argomenti il cui grado di complessità gli risulta irraggiungibile, ti limiti a imporre la tua autorità. Per volontà divina sono stato investito del ruolo paterno e tu non puoi fare niente per eludere i tuoi doveri di obbedienza incondizionata.

Inutile dire che questo rende semplice fare i genitori. Non c'è bisogno che tu capisca quello che non capisce tuo figlio perché comunque non potresti aprire un efficace canale mediatico. Il problema nasce dall'istintiva propensione all'indipendenza e all'autodeterminazione che si sviluppa a partire dal momento in cui tuo figlio realizza di poter vivere senza di te. È ancora un sentimento in potenza e la frustrazione che gli deriva dalla consapevolezza di dover dipendere da te per molte esigenze e di dover quindi sottostare alla tua volontà è il seme del futuro rancore che ti serberà nell'adolescenza e, se sei particolarmente sfortunato o hai avuto un figlio particolarmente ottuso, forse nell'intera vita adulta.

Tutto questo è normale. Se tuo figlio obbedisce ciecamente a tutto quello che gli proponi se fossi in te mi farei delle domande. Il mio da un po' di mesi a questa parte è in guerra simulata permanente, una guerra di trincea, estenuante, in cui tenta continuamente di guadagnare terreno un centimetro per volta, anche se i mille tentativi precedenti hanno avuto esito negativo. Non se ne fa niente del terreno conquistato, è solo un esercizio, un continuo allenamento. Se vuoi un consiglio gratuito non smettere mai di condurre trattative e proporre armistizi, un figlio sconfitto non ti piacerebbe così tanto come la tua fatica vuole indurti a credere. A meno che tu non gli voglia bene, allora mandalo pure in collegio e scordati di lui senza poi pretendere che in futuro si ricordi di te.

C'è un trucco che ho trovato molto comodo. Lavorare sui fianchi per il tempo necessario a rendere credibile un ultimatum. Dargli la possibilità di sentirsi orgoglioso di aver combattuto con coraggio e di non aver ceduto fino a quando non era possibile fare altrimenti a causa della superiore potenza di fuoco del nemico. Esperienza, conoscenza e saggezza sono l'equivalente della bomba atomica come strategia di deterrenza. Il terrorismo è invece l'arma di chi non ha più niente da perdere e non è certo l'espediente migliore per risolvere un conflitto limitando al massimo le perdite umane e materiali. Mantenere la calma quando si viene svegliati alle sei del mattino con una testata in fronte è un buon inizio. Nel mio caso può capitare di venir ampiamente ripagati: bere il caffé mentre tuo figlio improvvisa una break dance, la mossa del bruco è eccezionale, ti fa capire dove attingere le forze per affrontare un nuovo giorno.

martedì 7 settembre 2010

Rondam [002]

Rondam, 24-85.2445
Mi hanno fatto storie all'albergo, non gli risultava alcuna prenotazione. Chiamalo albergo, le camere sono dei container interrati con delle scale di legno tarlato per accedervi e un lucchetto arrugginito per serratura. E questa gente dovrebbe finanziare il nostro progetto? Spero che si tratti di individui collegati alle miniere di coltan o non ho la più pallida idea di come potrebbero fornirci le risorse finanziarie che ci hanno sventolato sotto il naso. Se riesco a tornare a casa non mi proporre mai più di rifare un'esperienza del genere se non vuoi che ti strangoli a morte. Fatto sta che l'albergatore ha fatto finta di usare un terminale, si vedeva benissimo che era fuori uso, quando ha premuto il tasto di avvio usciva fumo dall'alimentatore, ha detto sorry no room e si è rimesso seduto a rinnovare il filo del machete. Tutti hanno un machete qui, e procurarmene uno sarà la prima cosa che farò domattina. Come fai a far valere le tue ragioni con un uomo che affila il machete? Il finto taxista è entrato con me nella hall, se così puoi chiamare un bunker fatto di prismi e lamiere di auto provenienti da uno sfasciacarrozze. Hanno parlato fra di loro senza che io potessi farmi un'idea di quel che stava accadendo, quindi mi ha afferrato per il braccio e mi ha trascinato di nuovo nel veicolo. Ho inserito le coordinate dell'aeroporto nel navigatore, tu cosa avresti fatto al mio posto?, ma lui mi ha riproposto quel sorriso raccapricciante da alligatore e si è battuto la mano aperta sul petto. Mi ha portato a casa sua. C'erano gechi ovunque. Dovrebbero fare qualcosa per i gechi, usare i macheti per liberarsene ad esempio, ma a quanto ho capito sono considerati animali sacri, il finto taxista, ho scoperto che si chiama Jon, si è inchinato di fronte a due di essi colti in un lampante atteggiamento copulatorio. Mi ha sistemato nella camera da letto padronale, ha svegliato la moglie e l'ha spinta fuori così, nuda com'era, senza che lei provasse a reagire, e prima di lasciarmi solo ha voluto i contanti. Ho pregato prima di azzardarmi a dormire, non lo facevo da anni.

lunedì 6 settembre 2010

Campo di Marte.

Questo parco lo chiamano campo di marte. Il dio della guerra, l'archetipo mascolino, non il pianeta rosso. Nell'immaginazione di chi l'ha battezzato c'erano futuri guerrieri muscolosi che imparano a usare armi come lo scivolo e l'altalena. Il campo di venere non c'è e nessuno dichiara apertamente di sentirne la mancanza. Ecco la mappa del campo di marte: c'è un viale rettilineo che lo attraversa da parte a parte, a destra ci sono tavoli rustici, un monumento, un prato, un bar, una zona giochi, a sinistra c'è un negletto declivio modulato che si interrompe contro le mura antiche. Il sole batte da destra a sinistra per tutto il giorno. Il viale, piantumato a ippocastani, ospita cinque gruppi alternati di panchine disposte a semicerchio. Alcune sculture cercano di abbellire il percorso e in fondo c'è un pozzetto di cemento che ospita una specie di fontana, un tubo arrugginito privo di rubinetto.

Un giorno è arrivata la polizia. Un uomo ha portato al parco il figlio, gli ha detto aspettami qui che vado a parcheggiare. Ha preso la macchina e se ne è andato chissà dove, dopo mezz'ora non era ancora tornato e il bambino, dopo aver giocato un po' sullo scivolo, ha deciso di aver aspettato abbastanza ed è uscito dal parco a cercarlo. L'intervento del responsabile del bar ha impedito che il bambino si mettesse a girovagare finendo chissà dove. La polizia lo ha accusato di abbandono di minore e la faccenda per gli habitué del parco si è conclusa lì. Nessuno ha mai più visto al campo di marte né il padre né il bambino.

Il campo di marte è abitato da diverse tipologie umane. I tavoli da picnic sono utilizzati da persone di origine indoasiatica o sudamericana per quello che sono, oggetti sopra i quali apparecchiare e mangiare. Se nessuno ci sta mangiando sopra, vengono invasi da altri gruppi che abbandonano le postazioni abituali per andare a bivaccare, giocare a carte, discutere in toni particolarmente accesi, con la platealità che si ottiene mulinando le braccia o massaggiandosi i piedi. I gruppi di panchine calamitano per abitudine elementi umani compatibili, al punto che si nota a colpo d'occhio che non c'è commistione fra i gruppi spontanei. C'è il semicerchio degli anziani, con le camicie pulite, il bastone a cui si appoggiano anche da seduti, le badanti rilassate, i quotidiani presi di mira attraverso lenti bifocali, pettinature col riporto e guance rasate. Gli anziani alzano la voce quando si divertono e l'abbassano quando sono arrabbiati.

Un giorno sono arrivati dei tizi con addosso vecchie uniformi, si sono tolti il berretto, hanno deposto una corona di fiori sul monumento e hanno osservato qualche minuto di silenzio. È una lastra di metallo sagomata a forma di nave, verniciata di grigio, attraversata da una robusta catena collegata all'ancora saldata su un fianco. Ai caduti del mare. Il mare più vicino al campo di marte è a duecento chilometri. Attorno al monumento ci sono fogli di polietilene per impedire la crescita delle infestanti e tubi di irrigazione che accerchiano i pochi, fragili, spogli cespugli sopravvissuti di roselline selvatiche. La corona di fiori è seccata e nessuno finora ha trovato il coraggio di buttarla via.

C'è il semicerchio dei drogati e degli alcolizzati, tendono a non stare mai fermi, li vedi muovere passi incerti, alzarsi senza motivo e fare gesti prima di rimettersi seduti che assomigliano al rito del cane che gira su se stesso prima di sdraiarsi, puntualmente scoppiano dei litigi che non sfociano mai in violenza, come il pianto di un bambino che non vuole dormire e cerca ricordare a tutti, compreso se stesso, di essere sveglio. A differenza degli anziani, interessati a squadre di calcio e partiti politici, questi sono interessati soprattutto a quello che uno pensa, dice, prova, angustiati al pensiero di aver urtato sensibilità, frainteso atteggiamenti, essersi resi pateticamente ridicoli per deficienze involontarie nell'utilizzo di percezione e sensibilità superiori alla media. Alzano la voce quando sono arrabbiati e l'abbassano quando si divertono. Una volta a settimana arriva il camioncino dei volontari della croce verde e si mettono in fila per farsi provare la febbre, la pressione, i riflessi, quando escono con in mano una caramella hanno l'aria di persone felici.

Un giorno sono arrivate persone vestite da clown, con tamburello, chitarra, tromba, hanno suonato e cantato anche prima di cominciare a sistemare i cartelloni, tirare i fili ai quali appendere i disegni, la postazione creativa con i barattoli di colore atossico da stendere con le dita. Alcuni bambini sono accorsi esultanti, altri si sono nascosti fra le gambe degli adulti osservando con tanto d'occhi, alcuni sono scoppiati a piangere e non c'era modo di farli smettere se non portandoli a una certa distanza dal centro dell'azione. Palla avvelenata, un due tre stella, ruba bandiera, a un certo punto alcuni spettatori erano così concentrati sull'avvenimento da far supporre che stessero impedendo a qualcosa di imprecisato e inafferrabile di uscire dal campo di marte e sparire per sempre.

C'è il semicerchio dei negri, o neri, o di colore, quelli come i bianchi però con la pelle scura, gli africani. Smettono di parlare se qualcuno si avvicina, a meno che siano al telefono e lo sono quasi sempre. Parlano lingue molto gradevoli all'orecchio di cui però è impossibile comprendere il significato non solo nello specifico ma anche in generale. Non si sa nemmeno se sia un discorso vero o solo una rappresentazione a uso e consumo dell'ascoltatore casuale. Non alzano mai la voce, che siano divertiti o contrariati. Riescono a dormire sulla dura e accidentata superficie di una panchina anche se è pieno giorno e ciò non smette mai di stupirmi. A volte sono vestiti all'occidentale e non hanno niente di interessante, ma alcune donne non si rassegnano ed ecco lo splendore di semplici vesti a disegni colorati in tinta col veli a turbante, la mancanza di esitazione negli occhi dei figli e la spavalderia delle figlie con le treccine. Non ti sorridono mai da lontano, senza la possibilità di guardarti bene negli occhi.

Un giorno era completamente vuoto, il campo di marte. Ho pensato che ci fosse un motivo e non ci sono entrato nemmeno io. C'erano persone nei dintorni e come me stavano aspettando che un imprudente e sprovveduto avventore dimostrasse che si poteva spezzare l'incantesimo senza andare incontro a ripercussioni dannose, probabilmente fatali. In particolare un vecchietto lanciava occhiate da corvo appostato sul cavo del telefono, in attesa di gustare il topolino così ingenuo da lanciarsi nell'attraversamento di una strada trafficata. Ho trovato una scusa per perdere tempo e sono andato via, al mio ritorno il parco non era più vuoto. Ho cercato di ritrovare il volto di quel vecchietto per giorni e giorni senza successo, al punto di convincermi di essermelo sognato.

giovedì 2 settembre 2010

Rondam [001]

Rondam, 24-56.2842

Sono arrivato in ritardo di sei ore e ho preso un taxi abusivo. Ero troppo stanco per mettermi a decifrare i cartelli e, anche volendo, le batterie del mio terminale erano scariche e qui è quasi tutto in augmented reality. Non riesco a credere che questa sia l'unica compagnia aerea autorizzata all'atterraggio, a un certo punto la puzza a bordo era così intensa che ho ingerito una dose tripla di zontax e ancora la sentivo. Ho visto un agente far finta di essere stato spinto a terra, sospetto abbia preso una mazzetta dai bambini. Ho dovuto farmi largo con la forza e nonostante l'aiuto del falso tassista quelle piccole belve hanno assalito il gruppo di passeggeri appena sbarcati e sono riuscite a fregarmi il portafoglio esca. Ce l'avevo da anni e non mi era mai servito fino a oggi, c'ero quasi affezionato, alcune delle cartacce che contiene sono articoli di vecchi giornali, magari da queste parti hanno un qualche valore. Il problema è che mi hanno strappato le tasche e ora vado in giro come un barbone che ha trovato un completo d'alta sartoria nell'immondizia. Lo pseudo tassista non capisce una parola di quello che dico. Annuisce e mostra i denti marci in quello che vorrebbe essere un sorriso ogni volta che gli chiedo quanto manca. Ho dovuto inserire io l'indirizzo nel navigatore, accettava solo caratteri dell'alfabeto di qui, tutto scarabocchi che mi ricordano animali deformi. È troppo buio per vedere i dettagli ma, guardando attentamente dal finestrino, mi sembra tutto un imbroglio. È una sensazione che ho da quando abbiamo ricevuto la prima email. Non so quali siano le reali intenzioni ma più vado avanti e più sono certo che ci stanno rifilando una patacca. Immaginavo che il video allegato fosse stato ritoccato alla grande, succede sempre, chi non lo fa?, ma stavolta hanno esagerato. Hai presente quei grattacieli in riva al fiume con tramonto che si riflette sui vetri? Non ci sono. Non vedo il colore del fiume ma scommetto che non è azzurro né blu, forse verde, più probabile marrone. Sul cruscotto c'è la foto di una capra, l'ho notata solo ora. Non sto scherzando, è una capra. Questa scoperta mi ha mandato in corto, ti mando un aggiornamento più tardi, lo so che dovrei riderci sopra, ma non ci riesco. Dimenticavo, eri curioso di sapere se le donne di qui hanno davvero le pupille fosforescenti. Sì, anche le unghie.