lunedì 6 settembre 2010

Campo di Marte.

Questo parco lo chiamano campo di marte. Il dio della guerra, l'archetipo mascolino, non il pianeta rosso. Nell'immaginazione di chi l'ha battezzato c'erano futuri guerrieri muscolosi che imparano a usare armi come lo scivolo e l'altalena. Il campo di venere non c'è e nessuno dichiara apertamente di sentirne la mancanza. Ecco la mappa del campo di marte: c'è un viale rettilineo che lo attraversa da parte a parte, a destra ci sono tavoli rustici, un monumento, un prato, un bar, una zona giochi, a sinistra c'è un negletto declivio modulato che si interrompe contro le mura antiche. Il sole batte da destra a sinistra per tutto il giorno. Il viale, piantumato a ippocastani, ospita cinque gruppi alternati di panchine disposte a semicerchio. Alcune sculture cercano di abbellire il percorso e in fondo c'è un pozzetto di cemento che ospita una specie di fontana, un tubo arrugginito privo di rubinetto.

Un giorno è arrivata la polizia. Un uomo ha portato al parco il figlio, gli ha detto aspettami qui che vado a parcheggiare. Ha preso la macchina e se ne è andato chissà dove, dopo mezz'ora non era ancora tornato e il bambino, dopo aver giocato un po' sullo scivolo, ha deciso di aver aspettato abbastanza ed è uscito dal parco a cercarlo. L'intervento del responsabile del bar ha impedito che il bambino si mettesse a girovagare finendo chissà dove. La polizia lo ha accusato di abbandono di minore e la faccenda per gli habitué del parco si è conclusa lì. Nessuno ha mai più visto al campo di marte né il padre né il bambino.

Il campo di marte è abitato da diverse tipologie umane. I tavoli da picnic sono utilizzati da persone di origine indoasiatica o sudamericana per quello che sono, oggetti sopra i quali apparecchiare e mangiare. Se nessuno ci sta mangiando sopra, vengono invasi da altri gruppi che abbandonano le postazioni abituali per andare a bivaccare, giocare a carte, discutere in toni particolarmente accesi, con la platealità che si ottiene mulinando le braccia o massaggiandosi i piedi. I gruppi di panchine calamitano per abitudine elementi umani compatibili, al punto che si nota a colpo d'occhio che non c'è commistione fra i gruppi spontanei. C'è il semicerchio degli anziani, con le camicie pulite, il bastone a cui si appoggiano anche da seduti, le badanti rilassate, i quotidiani presi di mira attraverso lenti bifocali, pettinature col riporto e guance rasate. Gli anziani alzano la voce quando si divertono e l'abbassano quando sono arrabbiati.

Un giorno sono arrivati dei tizi con addosso vecchie uniformi, si sono tolti il berretto, hanno deposto una corona di fiori sul monumento e hanno osservato qualche minuto di silenzio. È una lastra di metallo sagomata a forma di nave, verniciata di grigio, attraversata da una robusta catena collegata all'ancora saldata su un fianco. Ai caduti del mare. Il mare più vicino al campo di marte è a duecento chilometri. Attorno al monumento ci sono fogli di polietilene per impedire la crescita delle infestanti e tubi di irrigazione che accerchiano i pochi, fragili, spogli cespugli sopravvissuti di roselline selvatiche. La corona di fiori è seccata e nessuno finora ha trovato il coraggio di buttarla via.

C'è il semicerchio dei drogati e degli alcolizzati, tendono a non stare mai fermi, li vedi muovere passi incerti, alzarsi senza motivo e fare gesti prima di rimettersi seduti che assomigliano al rito del cane che gira su se stesso prima di sdraiarsi, puntualmente scoppiano dei litigi che non sfociano mai in violenza, come il pianto di un bambino che non vuole dormire e cerca ricordare a tutti, compreso se stesso, di essere sveglio. A differenza degli anziani, interessati a squadre di calcio e partiti politici, questi sono interessati soprattutto a quello che uno pensa, dice, prova, angustiati al pensiero di aver urtato sensibilità, frainteso atteggiamenti, essersi resi pateticamente ridicoli per deficienze involontarie nell'utilizzo di percezione e sensibilità superiori alla media. Alzano la voce quando sono arrabbiati e l'abbassano quando si divertono. Una volta a settimana arriva il camioncino dei volontari della croce verde e si mettono in fila per farsi provare la febbre, la pressione, i riflessi, quando escono con in mano una caramella hanno l'aria di persone felici.

Un giorno sono arrivate persone vestite da clown, con tamburello, chitarra, tromba, hanno suonato e cantato anche prima di cominciare a sistemare i cartelloni, tirare i fili ai quali appendere i disegni, la postazione creativa con i barattoli di colore atossico da stendere con le dita. Alcuni bambini sono accorsi esultanti, altri si sono nascosti fra le gambe degli adulti osservando con tanto d'occhi, alcuni sono scoppiati a piangere e non c'era modo di farli smettere se non portandoli a una certa distanza dal centro dell'azione. Palla avvelenata, un due tre stella, ruba bandiera, a un certo punto alcuni spettatori erano così concentrati sull'avvenimento da far supporre che stessero impedendo a qualcosa di imprecisato e inafferrabile di uscire dal campo di marte e sparire per sempre.

C'è il semicerchio dei negri, o neri, o di colore, quelli come i bianchi però con la pelle scura, gli africani. Smettono di parlare se qualcuno si avvicina, a meno che siano al telefono e lo sono quasi sempre. Parlano lingue molto gradevoli all'orecchio di cui però è impossibile comprendere il significato non solo nello specifico ma anche in generale. Non si sa nemmeno se sia un discorso vero o solo una rappresentazione a uso e consumo dell'ascoltatore casuale. Non alzano mai la voce, che siano divertiti o contrariati. Riescono a dormire sulla dura e accidentata superficie di una panchina anche se è pieno giorno e ciò non smette mai di stupirmi. A volte sono vestiti all'occidentale e non hanno niente di interessante, ma alcune donne non si rassegnano ed ecco lo splendore di semplici vesti a disegni colorati in tinta col veli a turbante, la mancanza di esitazione negli occhi dei figli e la spavalderia delle figlie con le treccine. Non ti sorridono mai da lontano, senza la possibilità di guardarti bene negli occhi.

Un giorno era completamente vuoto, il campo di marte. Ho pensato che ci fosse un motivo e non ci sono entrato nemmeno io. C'erano persone nei dintorni e come me stavano aspettando che un imprudente e sprovveduto avventore dimostrasse che si poteva spezzare l'incantesimo senza andare incontro a ripercussioni dannose, probabilmente fatali. In particolare un vecchietto lanciava occhiate da corvo appostato sul cavo del telefono, in attesa di gustare il topolino così ingenuo da lanciarsi nell'attraversamento di una strada trafficata. Ho trovato una scusa per perdere tempo e sono andato via, al mio ritorno il parco non era più vuoto. Ho cercato di ritrovare il volto di quel vecchietto per giorni e giorni senza successo, al punto di convincermi di essermelo sognato.

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