mercoledì 21 dicembre 2011

corrono gallerie sotto Parabiago

Prendo per mano il bambino, trovando conferma nella carne morbida e calda della mano del bambino, ricevendo dalla concretezza della mano del bambino l'ordine di resistere e di combattere, di fare quello che andava fatto, andare avanti senza pensare, senza farsi domande. Mi volto a guardare il bambino e lo vedo sereno, la totale fiducia contenuta nella sua mano si estende agli occhi del bambino, al suo sguardo preoccupato solo di vedere corrisposta la tranquillità, la completa protezione da ogni pericolo, e gli sorrido, gli dico la tua mano è calda. Il bambino annuisce, mi dice non ho freddo papà, lo dice per scaldarmi, per farmi capire che dovrei fare qualcosa per stare caldo anch'io, che la mia di mano adulta è fredda, è forte ma fredda. È tutto a posto, dico al bambino, proviamo di qua, il bambino saltella per affrettare il passo, mi chiede Lì dentro? dico Sì, sbatto le suole sull'asfalto del parcheggio per far circolare il sangue nei piedi formicolanti di gelo. Il bambino mi imita e ride, è tutto un gioco per il bambino, la sua mano si aggrappa alla mia e stringe forte quando entriamo nella penombra del piano interrato, sotto l'ipermercato di Parabiago. Non ci sono mai stato a Parabiago, non so nemmeno dove sia sulla cartina, ma non ci devo pensare, sarebbe una perdita di tempo e noi di tempo da perdere non ne abbiamo mai, non abbiamo mai tempo per niente che non sia proseguire, mettere un piede davanti all'altro, obbedire agli ordini che vengono dall'alto, da dentro, da un posto comunque lontano. L'ipermercato di Parabiago è una struttura di cemento armato grezzo, lasciato grigio e ruvido per volere del progettista, in risposta a esigenze artistiche che restano implicite. È un groviglio di spirali, l'ipermercato di Parabiago, ci sono passaggi che non portano a niente, ci sono false scalini e piattaforme all'abbandono, prive di ringhiere e marchiate con simboli confusi, esistono condotti sotterranei e pozzi di ventilazione, e ovunque segnali luminosi e manifesti pubblicitari decorativi. Il bambino non deve avere dubbi, è il motivo per cui non mi devo fermare, è la ragione per cui devo fingere di conoscere la strada, avere la situazione in pugno. Guardo il bambino, gli chiedo Va tutto bene? e il bambino smette di spalancare gli occhi in giro per mentirmi dicendo Sì, solo Sì, tempo fa avrebbe fatto solo un cenno, ora il suo coraggio è aumentato, possiede la sicurezza di un'aperta menzogna, è come se dicesse Niente mi fa piangere, Niente mi fa paura quando mi tieni per mano. Canzoni natalizie provengono da lontani e invisibili diffusori e coprono in parte i fischi delle correnti d'aria che invitano a entrare nell'imboccatura del tunnel più vicino. Il bambino dice Che cos'è questa puzza? gli rispondo che è il parcheggio sotterraneo, Non è niente, è puzza di parcheggio, e lui dice Guarda papà, si va di là. C'è un ascensore e dentro all'ascensore una donna impellicciata che parla senza dire niente, non riesco a trattenere il significato di quello che dice per un tempo sufficiente a memorizzarlo, la donna stessa mi dà l'idea di una proiezione olografica registrata, proiettata dentro all'ascensore per motivi noti solo ai dirigenti dell'ipermercato di Parabiago. Il bambino invece la comprende, si schermisce quando la donna gli fa una domanda che mi scivola fuori dalle orecchie, ride quando la donna dice qualcosa di spiritoso che potrebbe divertire anche me, ne sono certo, se solo mi sforzassi di più nel trovare il modo di accettare le sue parole. Premo un bottone e la donna mi sgrida mi dice qualcosa ma io capisco Intervallo, Piano intervallo, e il bambino mi guarda, si aspetta che io risponda alla donna, inizia a sospettare che qualcosa non vada, così io dico alla donna La smetta, Faccia silenzio, e la donna si offende, smette di blaterare, si volta dall'altra parte.


martedì 13 dicembre 2011

Le cose che cambiano quando c'hai un figlio (45 di N)

Quando c'hai un figlio si complica tutto per il semplice motivo che non ha il controller, un figlio non ha la console, il mouse e la tastiera, non puoi premere il tasto reset e riavviare se ti vien fuori la schermata blu. In un figlio si comprende la propria necessità di affidarsi a una potenza superiore, di chiedere a un qualche dio di occuparsi dei bambini. Alcuni demandano il compito alle tate, ai parenti, alla società, pensano che sia inutile pensare a ciò su cui non abbiamo potere, che si debba limitarci a creare mense gratuite, infermieri che lo fanno per volontariato, quest'idea dell'amore altruista che si impossessa del corpo delle persone espellendo come batteri e tossine tutti coloro che non vengono posseduti, contagiati, persuasi, condizionati. Affermano che questa visione di società formicaio non è assurda, mentre quella di pregare una potenza invisibile invece lo è. Dicono che è solo questione di tempo, la Storia si sviluppa necessariamente verso il meglio (anche questo è un postulato, magari la Storia si evolve verso l'estinzione di massa, credere il contrario è atto di fede e speranza identico al pregare). Dicono che un giorno sui giornali non esisterà più la cronaca nera, gente che si ammazza per i motivi più svariati, violenza sesso pregiudizio esercizio della forza espediente dell'inganno. Se pensi tutto questo sei autorizzato a definirti ottimista, razionale, moderno, civile, laico nel senso che la tua religione (perché è una religione la tua, renditene conto) è del tutto concentrata sull'uomo e non contempla l'esistenza di un assoluto metafisico, anzi, lo esclude come fonte di disturbo.

Ma non voglio qui criticare la cultura dominante che fa finta di essere uscita da chissà quale medioevo come un ragazzino sente il bisogno di ritenersi diverso dal padre. Voglio parlare di cosa cambia quando c'hai un figlio, per esempio io ieri sera ho tolto di nascosto il mazzolino di fieno dal balcone e ho piazzato il regalo vicino all'albero per poi lasciare che il bambino scoprisse i segni del passaggio di Santa Lucia. Io che non ho mai fatto alberi e presepi, che Santa Lucia non ricordo di aver mai messo un mazzolino alla finestra per l'asino di Santa Lucia, che Gesù bambino, non babbo Natale, Gesù bambino non poteva essere lui in persona perché i bambini crescono e Gesù è morto e dicono risorto, non dicono tornato bambino. Io che insomma il consumismo, ma basta, che spirituali non significa rituali più o meno spiritosi, io che ho decenni di tribolazione alle spalle per diventare un quarantenne abbastanza sereno, pacifico, almeno ogni tanto, se nessuno mi disturba mentre mi sto concentrando, insomma io non sono il tipo che appende e toglie mazzetti di fieno o mente a un bambino che mi chieda se è vero oppure no che arriva una santa sull'asino a portare doni, eppure eccomi qua a comportarmi come si deve, a conformarmi, adeguarmi, diventare uguale a coloro che critico, le signore in pelliccia che si muovono e parlano come, ti ricordano i film, i film di una volta, quelli in b/n con le attrici un po' culone ma sorridenti e sempre allegre, e intanto nel mondo ci sono tot bombe atomiche, ammazzano feti cromosoma doppia X, ne fanno di tutti i colori, la gente, nel mondo, e mi riprendo, capisco che in fondo sto criticando me stesso per la mia debolezza, come quelli che non vogliono fattura per non pagare l'iva e poi accusano di evasione chi non fa fattura. Ma la debolezza di un padre è forte, è solo uno dei tanti paradossi che governano la comprensione del mondo con strumenti che devono compensare gli estremi di ragione e sentimento, dove non si può fare a meno di uno o dell'altro ma trovare ogni volta un nuovo equilibrio.

Quello che cambia quando c'hai un figlio e che ti accorgi di camminare in equilibrio sul filo, ti rendi conto che tutti camminano su un filo e che la differenza sta nel correrci sopra ridendo come fa un bambino o un pazzo o un idiota (beati questi e quelli) o fare piccoli passi tormentati come chi ha ricevuto la condanna della conoscenza (le tentazioni, la lotta contro il male che ci portiamo dentro quando diventa così reale da essere combattuta fisicamente, come tenendosi lo stomaco imprecando contro la nausea). Per esempio stamattina, girando su internet incappo in una canzone che si intitola 'salva il pianeta, ammazzati' e si trova nell'album 'sei miliardi di persone non possono sbagliare', pubblicato dalla Chiesa dell'Eutanasia, il cui unico comandamento è 'Tu non procreerai' e la cui religione si poggia su quattro pilastri: suicidio, aborto, cannibalismo e sodomia. Quando non c'hai un figlio ci ridi sopra, dici quanti matti ci sono al mondo. Poi ho trovato un forum turistico dove si parla dei posti a Shangai dove è meglio non andare se non si vuole essere picchiati da qualche gang. Se non c'hai un figlio cammini sicuro sul tuo filo, non guardi in basso, non guardi quanto filo hai fatto, non ti chiedi quanto filo ci sia ancora davanti, se al prossimo passo si spezzerà, no, ci ridi sopra, dici Shangai, le gang, ah il mondo è bello vario. Leggi di ragazzini a torso nudo che si proteggono la bocca con uno straccio bagnato, come se bastasse quello a proteggerli dai gas sprigionati dal cratere del vulcano dove lavorano tirando fuori a mani nude pezzi di rocciaterra ricca di zolfo, è una miniera, se non hai un figlio non pensi cosa proveresti se uno di quei ragazzi fosse tuo figlio, non ti viene da pregare o arrabbiarti con un dio né da credere in società perfette dove quel lavoro lo fanno i robot, gli alieni, il pianeta entra in modalità paradiso perché la Storia è progredita fino a toccare l'asintoto.

Le cose che cambiano quando c'hai un figlio sono anche e soprattutto le tue sicurezze e le tue paure. Capisci che non è un'autostrada ma un filo teso sul nulla, capisci che mettere il fieno sul balcone è un modo di proteggerlo, di mandargli un messaggio nel futuro, perché da grande capisca che gli volevi bene, che volevi posticipare tutte quelle cose che piano piano, anno dopo anno, ti rendono più difficile quella risata che ai bambini viene facile e ai grandi quando la sentono il cuore gli perde un battito. Poi ognuno sceglierà una medicina, che sia pregare in silenzio o manifestare in piazza, sceglierà a cosa credere, che sia dimostrabile o meno, o di non credere a niente se non a quello che può toccare e utilizzare, o magari si attaccherà a parole d'ordine come futuro, solidarietà, crescita, equità, blablabla le chiacchiere di chi si rivolge al pubblico al popolo ai seguaci agli adepti ai soldati. Fino al punto che ti sembra di pensarla giusta, di pensarla come tutti gli altri, che ci sia un cartello al neon che indica alla Storia la via del progresso, e invece spesso è solo perché nessuno dice niente di diverso, per noia, per paura, per evitare polemiche, nessuno critica la chiesa dell'Eutanasia per non andare nei posti di Shangai dove rischi di essere menato dalle gang, e specialmente se ne sta zitto e fermo chi ha un figlio, perché quando c'hai un figlio una delle cose che cambiano, se sei fortunato o solo ti capita anche per sbaglio una volta di fare attenzione, è la percezione del proprio equilibrio sul filo dell'esistenza, è la tremenda possibilità che tuo figlio un giorno torni a casa e ti dica ho deciso che i miei quattro pilastri sono il suicidio l'aborto il cannibalismo e la sodomia, oppure sono stato accettato nella gang e picchiamo i turisti che entrano per sbaglio nel nostro quartiere, oppure lavoro nella miniera di zolfo, papà, sei contento?, non mi ammalerò perché tengo questo straccio bagnato sulla bocca mentre porto fuori a braccia pietre da mezzo quintale, papà, sei contento? mi vuoi bene?


martedì 6 dicembre 2011

Non ce l'ho con nessuno (1 di z)

Mi hanno portato da cucire, è arrivata una balla di cuoio morbido, con l'odore delle officine Joshi, la puzza degli acidi fatti in casa che vende come lenitivo per le bolle a chi non può comprare le maschere o i filtri per le maschere. Il cuoio di Joshi resta il migliore, quando mi chiedono di che animale sia dico maiale, rispondo maiale da latte, e penso un giorno potresti diventarlo tu, qualche medico o becchino troverebbe un modo fantasioso di vendere la pelle del tuo cadavere. Infatti chiamo Ronnie e aspetto che arrivi zoppicando, tutto stropicciato e sconvolto dalle scosse spastiche, gli tiro un calcio quando mi arriva a tiro, ho l'impressione che venire colpito all'improvviso gli calmi i nervi. Gli dico Ronnie porta dentro i suini, tocca il porco, contamina il tuo malnato corpo di miscredente e salutami le vergini che non ti toccheranno mai. Ronnie ride, tossisce, è molto dotato con l'ago e lo spago, ha una dote naturale per il taglio del cuoio, sta imparando velocemente, presto diventerà la concorrenza, un po' ne vado fiero e un po' mi viene da mutilarlo. Mi basterebbe denunciarlo e gli amputerebbero la mano, e lui lo sa, ha paura di guardarmi negli occhi, prima di rivolgermi la parola se ne sta in piedi immobile, aspettando che mi accorga di lui. A volte gli permetto di parlare, a volte lo caccio via con un gesto della mano, come si fa con un vecchio cane abituato alla catena. Arriva a sudare quando lo obbligo a confezionare una cintura antistupro, dopo averla maneggiata come scottasse, si inginocchia e si mette a recitare a voce alta certe filastrocche che ha mandato a memoria da bambino.

L'emissario di Joshi mette l'arma sottobraccio e conta la valuta, lo fa sempre, dice che è solo abitudine, che è una prassi. Si scusa, si inchina, dice non è un affronto, niente di personale, non sto mancando di rispetto, obbedisco agli ordini. Conta facendo attenzione a non stropicciare la valuta che a furia di maneggi sta diventando friabile, alcuni pezzi li hanno plastificati e mi ricordano i lasciapassare statali, se non fosse per la faccia riprodotta che non assomiglia per niente a quella del Presidente. Gli dico non ti preoccupare, verifica con calma, che tanto qui non scappa nessuno. È diventato un modo di dire anche per me, tanto qui non scappa nessuno, anche se avevo promesso sulla tomba di mio padre che mai e poi mai avrei intercalato o perso tempo. Tu non userai bestemmie o intercalare, tu non perderai tempo in sollazzi o giochi spensierati, tu non userai più suoni del necessario per interpretare i segni del tempo. Avevamo scritto regole per ogni cosa, divieti e precetti, quando m'insegnava a cucire mi diceva sempre se tu non sai obbedire alle regole non sarai mai un artista delle maschere, non imparerai mai le mille combinazioni dei filtri a carbone. E adesso mi trovo a godere dell'intercalare, mi faccio violenza pronunciando con intenzione i saluti formali in lingua dotta, intonando le cantilene propiziatorie quando il vento fa piangere la ragnatela dei cavi che protegge l'insediamento. Gli ripeto apposta, calcando la voce, che tanto qui non scappa nessuno, e lui sussulta, io rido, lui si guarda alle spalle, io rido, lui fa un gesto scaramantico e riprende a sfogliare la valuta con più lena.

Potrò ultimare la culla, mi stanno tormentando di solleciti anche se la bambina deve ancora nascere. Dicono che non vogliono che venga esposta al rischio nemmeno per un minuto, che devo garantire la consegna entro i termini concordati o saranno guai, e quando dicono guai in certi ambienti significa morte di tutti i tuoi parenti antro il secondo grado. Solo che io non più nessuno, cosa potete farmi che non mi dia sollievo? Se avessi un figlio mi farebbero trovare una sua fotografia, scattata di nascosto, insieme a un bossolo o a un fantoccio impagliato. Gli rispondo se non vi fidate andate da un altro fornitore e li guardo stringere la mandibola, trattenere la violenza, consapevoli che non esistono artigiani al mio livello entro i confini della civiltà. Di quello che ne resta, della civiltà, che ormai i diffusori mandano sempre la stessa canzone, da qualche parte un computer è entrato in loop e non c'è modo di intervenire. Le chiavi vanno perse, le persone spariscono, i codici si smagnetizzano. La canzone parla di pioggia, dice Io continuerò a credere nella tua pioggia, dice Io non vedo l'ora di sentire la tua pioggia. E chi se la ricorda, la pioggia, Ronnie mi ha chiesto di disegnarla, tempo fa, perché non riesce a capirla, passerebbe ore a farmi domande sul come e il perché della pioggia, dice che non è possibile, e da quando ci siamo messi al lavoro sulla culla Ronnie non fa che sottolineare che lui non è più un bambino, che la pioggia è solo una delle tante bugie per evitare gli incubi ai bambini. E allora perché le maschere, le cinture, i pastrani mimetici? Perché, gli chiedo, le fodere impermeabili? E lui tace, si concentra nella corretta esecuzione dei nodi.

(Maschera fatta da Bob Basset )