lunedì 31 gennaio 2011

Pinzimonio.

gno tranquillo di quelli con le virgole, le piccole pause, continue, che sai di essere in un sogno e non ti interessa niente, non hai altro posto dove stare, sei rassegnato a vivere il sogno come quando ti siedi a tavola in quei pranzi che durano ore e sai che, dal momento in cui ti siedi, il pranzo diventa reale, acquista nuove dimensioni da cercare sugli orli dei bicchieri, nelle bollicine dei vini bianchi e delle acque minerali, nei sorrisi sulle facce dei presenti che rischiano di spegnersi, fiammelle di buonumore che vanno protette dal vento, dal vanto, dalle facili battute e dagli antichi risentimenti, e nel sogno mi trovo a mangiare verdura perché sono vegetariani, perché sono vegani, è così che mangio per non offendere nessuno, con movimenti lenti e la sensazione di non aver altro posto dove andare che non sia buio e freddo, perché l'inferno dicono che è caldo ma non è così, l'inferno è buio e freddo e quando si parla non viene emesso alcun suono, qui almeno c'è del cibo, ci sono delle persone che si sforzano di socializzare, di fraternizzare, sono poche, lo so, nel sogno le persone sono poche perché questo posto ha aperto da poco, la sua vocazione turistica sboccia voluttuosa nei depliant, nelle brochure, nella gentilezza delle hostess incaricate di ritirare i questionari sul gradimento, sì, ho gradito molto, grazie signora hostess, adesso mi dica che il sogno è finito per favore, mi dispiace molto, dice lei, mi dispiace dover essere io informarla gentile cliente, cortese ospite, dice lei, il pranzo di benvenuto è appena cominciato, dice la hostess spalancando gli occhi, e inizia a muovere le braccia flessuosa e scivola via con la rapidità di chi sta soffocando una risata, la osservo rimpicciolire nel corridoio e mi accorgo che la prospettiva è sbilenca, le proporzioni esagerate, la musica d'ambiente monotona e ripetitiva, poca gente uguale poca immondizia, dice una voce accanto a me e io annuisco di riflesso, in automatico, mi accorgo che avrei annuito a qualsiasi affermazione e penso sia colpa del cibo, di questi composti vegetali dai colori brillanti, senza aromi artificiali, senza profumi accattivanti, e la voce continua mi chiede lei dove pensa che scarichino i cessi del villaggio, io sto zitto e penso all'inferno, scaricano nel buio e nel freddo, dove non puoi più sentire neppure l'odore della tua stessa merda, sto zitto, annuisco come se fosse una cosa risaputa, e lui dice nel mare e subito dopo dice scommetto che anche lei sta mangiando per non offendere nessuno, è adesso che lo guardo, come fai a saperlo, chi sei tu per saperlo, io ti conosco, io devo sapere chi sei, io ti devo riconoscere, infatti è paolino, non lo vedo da trent'anni, da quando mi ha rapato, dico mi sembra di conoscerla, lei per caso nella vita fa il barbiere, sono indeciso, non so se ridere o piangere, trent'anni fa ero un ragazzino di undici anni, trapiantato e obeso, sbeffeggiato e rissoso, come ho fatto a non morire da piccolo, mi chiedo, dev'essere stata la paura dell'inferno a mantenermi vivo, tutto lì, all'inferno la speranza non viene mai meno, è la parte peggiore, lo so, ci sono stato in vacanza, da piccolo, ogni tanto ci torno per controllare se è ancora lì, non ha mai finestre rotte, erbacce in giardino, ruggine sui cancelli, è perfetto come nelle foto dei cataloghi, lo guardo da fuori e mi impedisco di entrare, intanto paolino mi parla di tagli, di pettini, di forbici e rasoi, mi spiega la struttura del bulbo e il suo ruolo nel processo di invecchiamento del capello, paolino che mi fece la pettinatura con la riga, la scriminatura dice paolino entrando nei miei pensieri, portandosi alla bocca una forchettata di gemme che spurgano resina dorata, la scriminatura da riporto, dove la vogliono i calvi, gli anziani, gli uomini kafkiani da ombrello e valigetta, paltò e bombetta, che quando mi vide in lacrime, perché mi misi a piangere, in silenzio, come quando all'ospedale mi dissero adesso devi fare l'ometto coraggioso, sentirai pungere ma devi stare fermo, e io fui coraggioso e lasciai che l'ago ricurvo mi entrasse in bocca, che l'amo d'acciaio mi cucisse le labbra, solo lacrime senza emettere un lamento, senza fare smorfie, come succede all'inferno, che aspetti la fine per dire grazie e arrivederci, per alzarti e andartene, e invece ecco nuove portate, nuove posate, nuovi bicchieri, che paolino per rimediare impugnò la tosatrice elettrica e disse non c'è problema, un bel taglio a spazzola risolve tutto, e dopo qualche minuto ero rapato, la mia testa sembrava un pianeta morto, sembravo un pidocchioso obeso depresso e sentivo nel fiato di paolino l'odore dell'alcol, vedevo negli occhi di paolino la stessa lucidità che vedo ora, trent'anni dopo, le palpebre arrossate, la soddisfazione di chi riesce a sentirsi a proprio agio anche sapendo che non dovrebbe, gli dico non si preoccupi, non ce l'ho con lei, e lui sospira, appoggia le posate sul tavolo, si appoggia allo schienale e guarda il soffitto, poi dice si sognano persone, non cose, è la dimostrazione che un dio esiste, poi chiude gli occhi e mi sembra che stia pregando, aspetto che succeda qualcosa ma non succede niente, tranne che l'

mercoledì 26 gennaio 2011

Attendere in linea

Camminavamo guardando il cielo, in attesa, perduti come granelli di polvere nel vento, sconvolti come formiche in allarme. Chi poteva camminare camminava, chi non era più in grado aspettava seduto per terra, o sdraiato. C'era chi non si muoveva più e non capivi se teneva gli occhi chiusi, se dormiva, o se stava diventando rigido. La puzza era un animale nervoso, chiuso nella gabbia insieme a tutti quanti noi, anche l'erba ne era contaminata, qualsiasi cosa aveva scambiato il proprio odore con uno specifico miscuglio di aromi che era la puzza e tutti la sapevamo fuoriuscire dai comignoli. Ma chi la sentiva ancora? Non dava fastidio a nessuno, era solo un ricordo da associare al fumo, al fuoco, ai forni. Ero fra quelli che potevano camminare e camminavo, oh se camminavo, camminavo con grande convinzione, muovendo le dita dei piedi, con la speranza di non smarrire mai la percezione, neppure per un momento. La consapevolezza del cielo mi veniva dallo spostarmi continuamente, inventare traiettorie prive di ogni descrizione matematica era la salvezza, il mio grido per sovrastare la puzza e non dichiararmi vinto. Il cielo era grigio, vuoto, lontano, e guardarlo mi faceva lacrimare gli occhi.

Non ho mai pensato di dover salutare qualcuno come se fosse per entrambi l'ultima possibilità di farlo. Come potrei far capire di avere una brutta sensazione evitando di passare per un carattere troppo sensibile, una personalità troppo emotiva. Mi sono figurato in seguito diverse angolazioni e prospettive, mi sono reso ridicolo dicendo frasi dal sapore tragico basate sul nulla, sulla percezione del nulla. Mi ricordo la leggerezza di quel corpo, mi aspettavo sempre che pesasse di più, restavo ogni volta sorpreso che un corpo potesse arrivare a pesare così poco, quasi volesse farsi leggero per renderti più facile il compito di aiutarlo a muoversi, in un gesto estremo di altruismo, un senso di colpa testardo che non accetta compromessi. Si rideva di noi, si diceva forza, è ora di andare a letto, e anche lui si sforzava di sorridere e alzava le braccia per essere preso e non ho mai potuto chiedergli se quel gesto lo facesse tornare bambino, lo facesse tornare a sentirsi bambino.

Guardiamo il cielo perché il rumore si sente dopo, è come con gli spari, quando senti il rumore è già successo tutto. Il primo indizio è un puntino lontano, passa qua sopra e sgancia il carico sulla perpendicolare. Mi immagino il panorama negli occhi dal pilota, con noi qua sotto sparpagliati nel prato che restiamo fermi a guardare in alto verso di lui e, quando apre il portellone, i nostri occhi lo abbandonano per seguire le casse di legno appese ai paracadute. I miei occhi rimangono sul pilota, lo osservo compiere la manovra che riporterà l'aereo da dove è venuto, un posto al di là dei cancelli, dei fossati, delle reti, dei fili spinati. Prima arrivavano i treni, poi i treni hanno smesso di venire. Per un periodo arrivavano i camion, poi i camion hanno smesso di venire. Adesso arrivano gli aerei, e le guardie sono sempre più nervose e reagiscono in modi diversi, alcune diventano più gentili, altre più crudeli. Non suonano più le sirene di notte. Non abbaiano più così spesso i cani. C'è chi dice che torneremo al mondo, come se adesso ne fossimo al di fuori.

L'ultimo saluto in effetti ce lo diamo di nascosto, molto tempo prima che ce ne sia davvero bisogno. In seguito ci rendiamo conto che il nostro corpo, la nostra mente, ha preso congedo di nascosto, quando il futuro era ancora un'ipotesi. Almeno così succede nel mio caso. Il giorno che si supera la cima della collina e si vede il paesaggio che ci attendeva dall'altra parte. Ci aspettavamo distese di prati fioriti, un comodo declivio da gambe stanche, e invece niente, solo sassi appuntiti e nebbia. Il giorno in cui si arrabbiò, tentò di colpirmi, non riusciva a parlare per la rabbia che aveva in corpo, non riusciva a piangere per la delusione che aveva nell'anima. Schivai il primo pugno e gli chiesi perché, cosa succede papà. Lo guardai negli occhi e vidi tutto il dolore che si può sostenere moltiplicato oltre il limite della sopportazione, il tormento che ti danno come risarcimento quando ti portano via la speranza. Poi gli passò e tutto rientrò nella normalità, dissero che era stato un effetto collaterale dei farmaci. Entrambi fingemmo di crederci.

Quando atterrano le casse arrivano di corsa le guardie, ci urlano di stare fermi, di non toccarle. Succede tutte le volte, gridano contro di noi anche se non ce n'è uno che si avvicini a una cosa qualunque perché quando le casse atterrano, col fracasso del legno che colpisce il terreno gelido, un rumore di ossa e di peccato, tonfi che assomigliano all'ultimo battito di un cuore sfinito, l'arrivo delle casse implica una parentesi di catatonia generale, non c'è più un evento da attendere, un cielo da scrutare, un motivo per vivere. Le guardie si piazzano a gambe aperte e fucile spianato vicino alle casse e avvisano che chi si avvicina è un uomo morto ma non hanno di che preoccuparsi, nessuno è interessato alle casse, nessuno è così vivo da temere un colpo di fucile. Le guardie pensano che siamo bravi attori, che ci piace recitare, che aspettiamo l'occasione di sopraffarli e scappare, per questo continuano a farci paura, a tenere alta la tensione. Non ti avvicinare, mi intima, quando faccio un altro passo la guardia spara in alto, poi mi chiede se sono pazzo, dice te lo ripeto per l'ultima volta. Faccio un altro passo, sorrido, non mi volterò indietro a salutare chi rimane.

lunedì 24 gennaio 2011

Corrispondenza (5~N)

Caro Raffaele, leggo il tuo blog e comprendo tutto quello che scrivi perché contiene sempre un messaggio in codice per me. Tu magari dici no perché non puoi ammettere che si sappia ma io sono d'accordo che mi mandi le tue risposte nascoste all'interno del blog, dietro alle spalle di chi ti controlla e da tua moglie e dalle mie di mogli anche. Non ti preoccupare delle mogli, quelle che sanno leggere non tirano fuori niente e questo per dirti che funziona il trucco, lo strato gemma che usi. Ti mando nel tuo blog dei commenti e delle critiche e dei pezzi del mio libro per farti capire come sono migliore di tutti ogni giorno di più nell'arte della letteratura fantastica ma non li vedo mai apparire, forse sbaglio qualcosa, con gli altri blog funziona e le mie parole appaiono su internet ma non ti sentire fallito, ci sarà qualcosa che ti sei dimenticato di farci il click, come dice mio figlio di mezzo, farci un click, mi piace, è un esprimersi senza dubbio mirabolante. Non è così grave, non devi sentirti stupido come forse stai riflettendoci. Le mie mogli mi dicono stupido perfino ora che ho iniziato a studiare la filosofia, non devi ascoltare, fai come me, devi andare avanti senza guardare, ci vuole un po' di fiducia, te lo dico nei panni dell'amico che sono per te e tu per me.
Lo so, sono andato giù nell'italiano sia scritto che a parole da come ero arrivato a maneggiarlo, ma non è colpa mia. I libri che studio non sono in italiano come quelli dei miei figli e delle mie figlie. A loro dico che imparo dall'aria e che sapevo tutto già da prima che nascevano perché non voglio che pensano di me che non posso leggere l'italiano come fanno loro. Se tu permetti a tuoi figli di credersi meglio di te poi loro lo pensano davvero, le mogli invece lo pensano anche se non lo permetti, è un problema che la filosofia contempla. Quando ho detto ai miei figli che la filosofia contempla il tutto loro, i miei figli e anche le figlie, sono rimasti ammirati e hanno detto tu sai cosa vuol dire contemplare? Ho detto sì, lo so, e il mio figlio più piccolo ha voluto che gli battevo una mano come un applauso fatto in due e poi ha riso come non lo vedo spesso così felice di me. Per questo ho deciso che il protagonista del mio libro a un certo punto dice contempla e tutti si voltano a guardarlo con ammirazione e applausi. Non c'è bisogno che mi dici che sono il migliore e sopra tutto di molto superiore a te, che la tua memoria è malata, fra amici sono cose che si sanno ma non si dicono. Sono Maichol, adesso ti ricordi di me?
Le cose che ho capito della filosofia è che Marx non fa altro che raccogliere la dialettica hegeliana, trasferirla in una dimensione storica e tradurla in termini sociali così come la religione in precedenza ha ridefinito storicamente una divinità umanizzata. A volte mi sento come se la lingua mi viene posseduta e dico frasi che non capisco da dove mi vengono, sono sicuro che capita a tutti. Quello che ho capito di più è che la filosofia andrebbe vietata, tanti filosofi sono immorali e pensano solo ai soldi e alla droga e al sesso. Marx per esempio era alcolizzato, faceva figli in giro con prostitute e poi non dava a loro nemmeno i soldi per sfamare i bambini nati da lui perché i soldi ne aveva pochi e li prendeva dall'università per scrivere le cose che scriveva, faceva come lavoro scrivere delle cose per l'università prendendo in giro filosofi del passato e il suo amico Engels gli faceva avere dei soldi per questo lavoro che lui poi li andava a spendere al bar per ubriacarsi e ridere degli stupidi filosofi del passato e degli stupidi del presente che tiravano fuori soldi per quella roba. La letteratura no, ecco perché ho scelto la letteratura, io sono un uomo onesto che è scrittore per natura e che nei libri ti contemplo la vita e la saggezza e i miei figli li sfamo e i soldi non li butto nell'alcol e nelle ballerine. E poi le mie mogli mi ammazzano mentre dormo e vengo messo a bruciare all'inferno.
I miei figli mi hanno dato ragione e hanno iniziato a discutere fra di loro dicendo cose molto intelligenti e mirabolanti, e io annuivo con occhio serissimo quando si giravano a controllarmi e senza farmi notare prendevo appunti, ho scritto un elenco di nomi: sciopenauer chirchegard eideggher spinoza feuerbach e tanti altri. Le mie figlie invece non hanno partecipato, hanno detto che devo separare quello che dice una persona da quello che fa una persona e che non si può semplificare né ridurre ai minimi termini. Insomma non so cosa vuol dire ma quello che penso è che non potevano dimostrare che avevo torto e allora hanno detto che sbagliavo a parlarne, che non erano cose che si può parlarne senza fare la figura dello stupido. Le mie figlie diventano sempre più uguali alle mie mogli e anche le mie figlie vogliono uccidermi quando dormo, si vede da come mi guardano i giorni che non mi faccio la barba. Questo mi fa venire l'idea per un nuovo capitolo del mio libro. Penso che dobbiamo scegliere un editore che se lo merita di pubblicarlo, non posso attaccare il mio nome a un editore qualsiasi. Se metti tra le righe del blog un messaggio segreto che risponde a questo argomento vedrai che io lo tiro fuori e gli altri no, perché per certe cose bisogna essere amici, altrimenti si è come ciechi e sordi e zoppi, e noi lo siamo, amici dico.

venerdì 21 gennaio 2011

Le cose che cambiano quando c'hai un figlio (34 di N)

Quando c'hai un figlio scopri che hai sbagliato tutto, le cose che hai messo via per quando avresti avuto un figlio adesso non te ne fai niente. I robot di metallo, mezzi rotti, Mazinga e Goldrake e quell'altro, come si chiama, quello enorme che si divide in 3 pezzi e le gambe diventano una specie di camion e le spalle un aereo. Tuo figlio non se ne fa niente, li muove un po' in giro, stacca e riattacca un pezzo, poi ti dice adesso posso fare un po' di computer? La collezione di Topolino, figuriamoci, adesso c'è Geronimo Stilton da leggere la sera, prima di dormire, un capitolo di Geronimo Stilton 20 mila leghe sotto i mari con alcune parole disegnate, mare in lettere ondivaghe azzurre, e di seguito una storia inventata, possibilmente inedita, dove la voce narrante accetta i suggerimenti del pubblico.

Lo stesso i cartoni animati, tu che pensavi da grande quando mio figlio guarderà la serie di Anna dai capelli rossi o di Candy Candy potrò discuterne con lui senza bisogno di riguardarla daccapo. Povero illuso, adesso ci sono i Bakugan, Leone cane fifone, Spongebob, tutta roba senza una vera storia, dove i personaggi per tutto il tempo fanno la stessa cosa che può essere gridare dallo spavento, farsi cadere per terra gli occhi o spappolarsi il cervello sulle pareti. Bakugan, prendi Bakugan, ho detto a mio figlio ma ti sei accorto che dicono sempre la stessa cosa? E lui dice sì, dicono Bakugan attivazione! Bakugan combatti! E allora perché non guardiamo un altro cartone? Perché è un nuovo episodio, dice, è Bakugan nuova Vestronia, secondo me vince, guarda, adesso lo sconfigge.

Il bello è che alla fine ti appassioni anche tu, anche se fingi noia e fastidio. Quello nuovo del ragazzo assoggettato da un'organizzazione militare segreta guidata da un anziano vestito di bianco che beve latte, un ragazzo pieno zeppo di nanoidi sui quali riesce miracolosamente ad avere pieno controllo, nanoidi azzurri che gli permettono di trasformare il suo corpo in arma o veicolo e di guarire i mostri dominati dai nanoidi verdi. La sua famiglia è una scimmia parlante che indossa il pannolino, la sua figura paterna un ninja fotofobico vestito da rappresentante della Folletto, il suo amico è un ragazzo normale che viene pagato per far finta di essergli amico dal vecchio lattivoro. E io che temevo di finire in analisi se avessi guardato troppo quella criptolesbica di Heidi.

A proposito di analisi, ieri Elia stava parlando da solo, o meglio con i suoi dinofrotz, nello specifico un incrocio fra un piccione isterico in overdose di steroidi e un alligatore che soffre un attacco di emorroidi, il tutto con delle croste fosforescenti in testa. Mio figlio recita delle sceneggiate con i mostri e se gli chiedi qualcosa ti risponde di lasciarlo in pace, che sta giocando. E io lo lascio in pace, di solito, tranne che ieri a un certo punto piangeva, sembrava che piangesse, e gli faccio cos'hai da piangere, cos'è successo? È morto, dice lui, e fa un verso simile a quello del cane che avevo da piccolo, quando sentiva nei dintorni la presenza di cagne in calore, un verso che fa accapponare. Gli dico chi è morto, mi viene l'ansia ma resisto alla tentazione di cadere nel panico. E lui dice io. Come? Cosa? Già me lo vedo sul lettino dell'elettroshock, come Nicholson nel nido del cuculo. Gli chiedo mi stai dicendo che sei morto tu? Certo, dice lui, è per quello che i dinosauri piangono. Ah, beh, in tal caso va bene, dico, mi credevo che piangessero senza motivo.

Chi è senza colpa scagli la prima,pietra, io che da piccolo ne pensavo anche di peggiori, di tragedie, e guarda come sono venuto su bene. Conosco gente che non dava alcun segno di squilibrio conciata molto peggio una volta cresciuta. Non lo dico io, lo dicono gli esperti, guardatevi dai falsi profeti, o erano i falsi disinvolti? Beh, quelli che si tengono tutto dentro, che indossano una maschera o anche due. Anche nei bei libri e nei bei film, fateci caso, il vero pazzo è insospettabile. Capisco che mio figlio è normalissimo anche perché a scuola insegnano la religione e come supporto didattico hanno disegni da colorare con su scritto la stella li guidò alla culla o lui si mise a costruire l'arca, cose così, e mio figlio gira il foglio e dietro all'informazione biblica disegna mostri che sembrano mostri e supereroi che sembrano mostri, sopra alcuni di essi scrive papa e potrebbe essere uno dei buoni così come un alieno ributtante, è meglio non approfondire.

martedì 18 gennaio 2011

Mi fate ridere.

La vittima sono io, l'unica vera vittima di tutta la faccenda. Sono vittima del sogno americano del capitalismo allegro arrivato qui grazie al cinema. Sono vittima dell'incubo ateo e materialista del socialismo reale arrivato qui grazie alle fabbriche. Sono vittima della morale deprimente e del senso di colpa di un antico cattolicesimo. Sono vittima del culto della trasgressione e della volgarità orgogliosa. Sono vittima dell'arricchimento del corpo e dell'impoverimento dello spirito. Sono vittima dei tempi, i 50 con il boom economico, i 60 con la droga e il sesso liberi, i 70 con la rivoluzione e l'ideologia armata, gli 80 con i junk bonds di wall street e la cocaina in piazza duomo, i 90 con il computer e la guerra, gli 0 con internet e la guerra, e adesso i 10 con quello che rimane e la guerra, ovvero niente, non rimane niente.

Ho avuto mogli, ho avuto figli. Ho avuto amici. Ho avuto tutto e tutto quello che ho avuto l'ho pagato. Non devo dire grazie a nessuno, non c'è niente nella mia vita che abbia ricevuto gratis. Per diventare ricco ho arricchito un sacco di persone. Ho pagato donne e uomini e ancora oggi pago e pago e pago, continuo a pagare e i soldi non bastano mai. Senza soldi non avrei niente, non sarei niente. Ci sono persone come me che nascono così, dipendenti dai soldi, sopravvivono grazie ai soldi, passano tutto il tempo dentro a un polmone d'acciaio fatto di soldi. Fingo di credere a chi dichiara di volermi bene, di essere dalla mia parte, ma so benissimo che in realtà sono tutti uniti a me da legami di soldi.

Cerco di essere una brava persona. Cerco di essere altruista, gentile, simpatico. A volte arrivo a illudermi che i soldi non hanno importanza, che se domani perdessi tutto la gente mi dimostrerebbe affetto e cado nella solita trappola della speranza, della fiducia. Alla fine sono quello che se sgarri te la fa pagare, che è diventato ricco impedendo a qualcun altro di diventarlo, che ormai tanto vale darci dentro e goderseli questi soldi. Ho fatto agli altri quello che gli altri avrebbero fatto a me, è questo che dovete capire. Se tutti mi vogliono bastardo allora posso accontentarli, stringo accordi sottobanco, accetto compromessi con le feccia più feccia che c'è, non faccio fatica a pagare smorfiose zoccolette che fin da bambine aspirano a tv e calciatori. Davvero pensate che se fossi morto da piccolo ora non ci sarebbe un altro al mio posto contro il quale puntare il vostro dito ipocrita?

Ormai sono vecchio e stanco. Nonostante le operazioni e i trapianti, non hanno ancora inventato metodi per levarti di dosso gli anni che hai dentro. Parlo con i grandi del mondo. Conosco tutti quelli che finiranno nei libri di storia e anch'io ci finirò e su di me ci saranno due versioni, ci sarà l'accusa e la difesa. Perché sono bifronte, ho due facce come la moneta che tengo in mano, la faccia di chi ha accettato le mani tese senza controllare se fossero pulite o sporche, l'altra faccia che serve per dire alla mamma non ti devi vergognare di me. Sono un peccatore, sono come voi che inciampate e cadete, la differenza è che io inciampo in peccato grossi e cado facendo parecchio rumore, perché io sono ricco, sono potente. Sono un bersaglio enorme e c'è chi vuole diventare famoso come colui che ha buttato giù l'imperatore, ha ucciso il cantante famoso, ha sparato al Papa.

Mi fanno causa perché io sono io. Sono l'esempio e lo spauracchio. Sono quello che si sputa in pubblico e si invidia in privato. Io, io e io. Io che sono superiore a tutto questo, che potrei farne a meno perché ho ville, ho barche, ho elicotteri, ogni piccola cosa che faccio la faccio per voi perché io di mio non mi serve, non ne ho bisogno. Io sono quello che vi ha salvato da ignoranti e malvagi, da retrogradi e infingardi. Io ho impedito la morte della libertà, il dissanguamento dei contribuenti, la povertà e la guerra civile. Io potevo prendere i miei soldi e abbandonarvi e invece sono rimasto qui, mi sono sacrificato per voi. Ma vi sbagliate se pensate che sia una vittoria definitiva. Quelli si nascondono, stanno zitti per un po', si mettono in attesa, ma non cambiano, non spariscono, aspettano l'occasione per tornare all'attacco, la loro religione ha come limite temporale per la vittoria rivoluzionaria la fine dei tempi.

Ho fatto i soldi infrangendo la legge e sono un vecchio che vuole continuare fare sesso. Pensate che sia l'unico? Guardate gli altri ricchi, come pensate che lo siano diventati, senza l'aiuto dei politici? Vi siete mai chiesti cosa ci fanno tutte quelle prostitute in giro? I vecchi, con o senza viagra. I vecchi vogliono fare sesso e vogliono farlo con donne belle e giovani, mica con prugne secche e senza denti che puzzano di soffritto. Sapete quanto fattura il mercato della pornografia? E adesso salta fuori che son tutti santi, sembra che io sono l'unico depravato in circolazione. Addirittura lo sdegno arriva da chi ha sempre predicato sesso libero, droga, omosessualità, prostituzione libera, pornografia, nudismo, perversione, oscenità, accusando di bigottismo i falsi moralisti e i perbenisti della detestabile borghesia capitalista. Io sono il prodotto della vostra propaganda. E voi siete come me, però senza soldi.

Un diario.

Non lo vedo da un pezzo. Me lo ricordo alto, con addosso una di quelle camicie a zero fibre naturali che gli piacevano tanto, che gliele ha portate a casa un amico dalla taillandia o altro posto esotico del genere. La puzza che riescono a produrre quelle camicie, è una roba da farti venire voglia di scappare, da farti tremare le gambe e stringere i denti. Non lo vedo da mesi. Me lo ricordo con le macchie rosse sulla pelle delle guance quando inizia a far freddo, con i capelli che anno dopo anno gli lasciano scoperta la cima della testa. Me lo ricordo camminare con quelle sue gambe lunghe, tenute rigide, lo sguardo a terra, e quando ti arriva davanti si apre come un fiore, tira fuori il sorriso di chi sta accettando una mancia e lo sguardo di chi ti chiede scusa in anticipo. Non lo vedo da un sacco di tempo. Me lo ricordo che fuma nervoso, a boccate corte e frequenti, la sigaretta che forma una brace lunghissima e viene spenta che è ancora a metà.

La mattina prima di uscire si specchia, cerca l'espressione più adatta e se la fissa nella memoria. Non è facile ricordare i muscoli che si usano per una specifica espressione, non è facile tenerli tirati per tutto il tempo che serve. Non è facile spegnere la faccia per riposare e a comando andare a recuperare gli occhi e la bocca così com'erano nello specchio la mattina prima di uscire. Oggi ha indossato gli occhi intriganti e la bocca sorniona. Ha dato un nome alle espressioni più usate, ai classici dell'empatia, così li definisce. Ha scattato delle fotografie e con un pennarello ha evidenziato le caratteristiche rilevanti. Capisci che sta verificando l'espressione perché ha sviluppato un tic che gli muove l'orecchio destro e per qualche secondo lo sguardo gli si appanna come se andasse altrove, tornasse con la memoria a un'infanzia felice.

L'ultima volta che ci siamo incontrati eravamo entrambi sulle spine, sapevamo entrambi che me ne sarei andato da quel posto senza voltarmi indietro, che l'avrei lasciato lì, l'avrei abbandonato come si abbandona un amico o un cane, dicendo a se stessi che non si può fare altro, che in fondo se la caverà benissimo. E adesso quell'amico e quel cane sono lì a confermare che sì, se la sono cavata, che ognuno di noi adesso ha un nuovo amico e un nuovo cane. Mi stringe la mano e facciamo finta che era solo ieri, che nel frattempo non è cambiato tutto, e mi offre una sigaretta, io dico no grazie, dico ho le mie, lui annuisce e restiamo un po' in silenzio. Aspetto che termini di fumare poi dico bene adesso devo andare e lui dice aspetta devo farti vedere una cosa. Faccio un passo indietro, sto per rifiutare, ma lui è già di spalle, mi sta facendo strada, proprio come succedeva allora, e io lo seguo come si segue con la macchina uno spalaneve.

Ha costruito un repertorio di battute, di barzellette, per rompere il ghiaccio, per sdrammatizzare, per creare distensione, per rallegrare l'ambiente. Possiede un archivio di risate dal quale estrae quella più adatta all'interlocutore, c'è chi adora le risate roche, le sommesse, le aperte, chi predilige lo sghignazzo e chi invece il cachinno. Si stupisce di se stesso per quanto risulti naturale l'insieme di faccia e voce e atteggiamento. L'inventario degli atteggiamenti è la parte più cervellotica, occorre stabilire in anticipo l'atteggiamento, è questione di attimi, bisogna capire da lontano quale atteggiamento usare. Spavaldo, remissivo, sicuro, caloroso, la gamma è pressoché infinita. Sperimentare, improvvisare, non basta essere se stessi a chi non ha un se stesso e nemmeno crede nell'esistenza di un se stesso.

Punta l'intero braccio, lo tiene rigido, e dice l'hai dimenticata qui. È una sveglia, non la riconosco, ci sono delle lettere che scorrono sul quadrante digitale. Non è mia, dico. Lui afferra la sveglia e dice sono mesi che ci lavoro, c'è qualcosa di strano, le lettere, vedi?, non significa niente. Non l'ho mai vista prima, dico. Lui dice si deve trovare il modo di scaricare la memoria, di scoprire il progetto di assemblaggio, sono convinto che sia un diario. Mi guarda, si aspetta una mia confessione a riguardo. Non lo so, non è mia, non l'ho mai vista prima, dico. Lui annuisce e sorride come chi accetta di essere preso in giro, come chi ti sta dando il permesso di mentire. Poi dice è stato bello rivederti. Dico sì, dico ti telefono, indico la sveglia e dico fammi sapere se riesci a capirci qualcosa. Certo, dice, sono sicuro che si tratta di un diario.

mercoledì 12 gennaio 2011

Con la presente

Mi rivolgo a te, distinto aspirante scrittore, per fornirti la consulenza gratuita che, dopo anni di fervida applicazione, disciplinata dedizione e mirabile accanimento, di certo meriti e saprai apprezzare col depresso rancore che mi aspetto e ti si addice come il farfallino e gli occhiali senza montatura, come il velluto e la tomaia perforata, i guanti di pelle e la spettinatura ricercata. Prestante scrittore in pectore, con i manuali impilati per terra negli angoli della cameretta studio boudoir, la luce giallastra della abat-jour svedese, tu che per continuare a perdonare tua moglie restando calmo e sereno la immagini ingessata, costretta a letto dal coma, a volte addirittura morta al cimitero con te che piangi in silenzio, senza perdere il contegno, poveretta dici a chi ti passa accanto, e ti batti il petto, e quando smetti di immaginarla così il peggio è andato non sei più d'umore alterato per tutto quello che non funziona nella tua vita. Quegli elenchi numerati che ti hanno venduto con su scritto ecco cosa devi fare per diventare scrittore, i consigli di chi lavora nell'ambiente, la catechesi del postulante che striscia davanti alle porte sprangate del monastero zen chiedendo se non l'illuminazione datemi l'ispirazione o almeno spiegatemi la tecnica. Eccola, figliolo, sono qua apposta, metti da parte chi vorrebbe spruzzarti addosso la polvere magica delle fatine, per una cifra modica tutti i segreti del mestiere e tu potrai essere un'altra persona, finalmente, più spiritosa, più intelligente, più profonda, più brillante. Niente di tutto questo, stimatissimo non ancora scrittore, sei ancora te stesso con le tue miserabili paturnie espressive, la tua sete di parole, ma rallegrati, beati gli aspiranti scrittori perché otterranno la mia consulenza e infatti non ti senti già meglio? Non senti il flusso energetico della sapienza che cala dal cielo e ti infonde e ristora? Tu che rimani bloccato da una parola sulla punta della lingua, ostacolato da un vocabolario limitato e un'immaginazione rachitica, con tua moglie che bisogna pensare al peggio per continuare a sopportarla, quando immagini la sua foto, il suo ologramma funebre con sotto il bottone mi piace, divento fan, i messaggi di chi le ha voluto bene che rimarranno per sempre accodati sotto al profilo grazie ai tuoi soldi, finiti in tasca al tecnico della manutenzione che impedisce lampeggi imprevisti e scatti abnormi e sbilanciamenti cromatici improvvisi. Non mi devi ringraziare, caro scrittore non riconosciuto come tale, sono qui per darti ottimi consigli, gli unici che davvero ti saranno utili per acchiappare il successo, per ottenere la pubblicazione e mettere sui biglietti da visita, sul campanello del citofono, nelle postille e nelle note a margine l'agognato epiteto di scrittore. Hai accumulato racconti precisi e ordinati, saggi e romanzi degli esordi con pagine scarabocchiate per strada, idee da sogno appuntate con diligenza nel mezzo della notte, gli sforzi eruttati in quotidiane rievocazioni di mondi interi dove faticosamente ricostruire architetture e morfologie, nessuno può avere idea di quanto ti sia costato tutto questo in termini di vita spremuta, speranze tradite, mancate consolazioni, ma ora ci sono qua io, il tuo consulente alla realizzazione personale, specializzato in aspiranti scrittori, mettiti l'anima in pace e sorridi, come quando cerchi tua moglie e non c'è, non c'è mai, sta sempre facendo la sua vita in altri posti, nel mistero dell'alterità coniugale, quando vorresti dire a tua moglie parole che non vengono alla luce, che non sono state fecondate e rimangono prigioniere nel limbo del quieto vivere, allora chiudi gli occhi e sogni di mettere grosse monete nella lapide per fiori più belli, freschi e profumati, a testimonianza del tuo amore e del tuo pentimento. Non c'è altro che tu debba conoscere per diventare lo scrittore che sai già di essere, butta via tutti i testi che ti hanno venduto per insegnarti a diventare altro da ciò che sei, per piazzare l'ennesimo esemplare dell'intramontabile fandonia della metamorfosi, sei un bruco ma diventerai una bellissima farfalla, no, sei un bruco e resterai per sempre bruco, e tua moglie è viva, sta bene, vivrà ancora a lungo per dannarti il poco di anima che ci rimane quando rompiamo qualcosa di prezioso e andiamo in pezzi, se sei fortunato non chiederà alimenti, non ti porterà via i figli. Pregiatissimo scrittore, ormai posso chiamarti così, i miei complimenti per i traguardi raggiunti e i migliori auguri per la strepitosa carriera che ti attende, sarai uno dei pochi scrittori che non vengono subissati di critiche, non presentano al fisco un reddito microscopico, non devono darsi arie andando in giro a promuovere le vendite per conto di editori, stampatori, distributori. Immagina quanto sarai invidiato d'ora in poi dalle masse di tuttora aspiranti scrittori.