martedì 1 settembre 2009

La prostituzione degli dei.

Noi che abitiamo nelle democrazie occidentali siamo in grado di descrivere il tipo di schiavitù alla quale vanno soggetti altri popoli meno fortunati. Parliamo di governi totalitari che impongono ideologie laddove si limita l'accesso all'informazione, si stronca qualsiasi devianza, si costruisce una società blindata. Quando la spinta all'omologazione parte dal basso, su fondamenta politiche o religiose che siano, e il governo non ha bisogno di mantenere il consenso con la forza diciamo che quel popolo non è ancora maturo per la democrazia.




Ma cosa intendiamo esattamente per democrazia oggigiorno? Un sistema di rappresentanza politica, certo. Un insieme di regole scritte nel rispetto di alcuni principi fondamentali di libertà e giustizia, sicuro. Un campo fertile per l'esercizio protetto e garantito di altri metodi d'oppressione, perché no? È ipotizzabile una democrazia che oggigiorno resti percepita come tale qualora vietasse qualsiasi comunicazione sul prodotto che non fosse inerente specifiche tecniche diffuse solo per mezzo di stampa specializzata? Forse è già troppo tardi per fermare la piaga del marketing. Sono pochi ormai gli ambiti della nostra vita di consumatori in cui il marketing non si sia già infiltrato in modo più o meno subdolo.



Consideriamo normale essere circondati da propaganda commerciale sempre e in ogni luogo. Fin da bambini si conoscono più nomi di marchi che di piante o animali. Ovunque ci cadano gli occhi vediamo marchi: in casa e per strada. Li portiamo addosso, ben visibili. Qualsiasi comunicazione audio contiene nomi di marchi e slogan pubblicitari, gridati o sussurrati che siano.

Diciamocelo chiaramente, i marchi sono i nostri nuovi dei. Abbiamo divinità per il benessere, per la salute, per l'amore e sono sotto forma di prodotti pubblicizzati con musiche rilassanti, voci melliflue, immagini da sogno. Non serve pregarli, è sufficiente comprarli. Tutti i nostri dei sono in vendita (nei migliori negozi!).



Abbiamo anche dei del focolare, che diventano nostri amici e membri della famiglia. Fanno colazione con noi, ci accompagnano in giro, ci aiutano, vengono persino a letto con noi. Basta guardarsi intorno, persino sul cibo c'è il marchio. Abbiamo dei che ci lusingano per poter essere mangiati da noi.

I prodotti non sono più inerti e passivi. Ci parlano, ci mostrano immagini, combattono fra di loro per accrescere il numero dei fedeli. E gli dei più ambiti sono quelli più costosi, che fanno promesse sempre più ambizione: eterna giovinezza, successo, potere. Se non possiedi l'emanazione fisica della divinità, il prodotto, non puoi far parte del gruppo dei vincenti, pertanto il tuo stile di vita è pietoso, sei un paria tenuto a distanza dagli eletti e ti sono precluse tutte le vie che portano alla felicità.

L'appartenenza a un ceto sociale non è più vincolato a meriti e risultati, è legato unicamente alla tua capacità di spesa. Se puoi permetterti di sfoggiare il tal marchio allora sei degno di alta considerazione, altrimenti scompari nella massa dei poco abbienti. È ormai quasi inconcepibile nella mentalità comune che una persona ricca non senta il bisogno di comprare oggetti di marca costosi.



La spinta all'emergere dall'ignoto si esprime in molte forme legate in modo esclusivo ai consumi. I nuovi dei forniscono strumenti per rendersi unici, diversi, riconoscibili nella folla dei comuni mortali. E a furia di ricercare l'unicità, si finisce per ritrovarsi in luoghi pubblici con l'intento di confrontare le rispettive unicità, ottenendo come risultato distacco e solitudine. Anche i moderni dei, come gli antichi idoli, pretendono attenzione e amore esclusivi.

Come un tempo gli dei sceglievano esseri umani per giocare le loro partite nel mondo, anche quelli moderni scelgono i loro eroi: campioni dello sport e dello spettacolo. Ce li propongono come modelli, come esempi viventi di quanto si può ottenere semplicemente orientando i nostri processi di scelta nel consumo dei prodotti verso il marchio del dio che ha mantenuto le promesse. Ci dicono: “Ecco, vedi? Io posso fare miracoli. Era un comune mortale, ora è un semidio e tutti lo adorano.”



La pubblicità non è più un mezzo per fornire informazioni reali sulla effettiva capacità di un prodotto a soddisfare un determinato bisogno materiale. Ora i prodotti si propongono come soluzioni spirituali anche quando il loro scopo di esistere non ha nulla di spirituale. In qualche modo tutti noi sappiamo che è un inganno, eppure lo consideriamo normale, lo definiamo uno stratagemma di marketing e chi ci casca vuol dire che è tanto stupido da meritarselo. Un atteggiamento inammissibile in qualsiasi altro ambito umano, espressione di una decadenza sociale e politica che ne è causa e conseguenza.

Quando gli dei moderni si sentono leader del mercato passano al livello successivo. Sfruttando l'innata tendenza umana al conformismo iniziano a dare veri e propri ordini al fine di superare le difese degli individui più refrattari all'indottrinamento. Gli slogan finiscono col punto esclamativo e dicono cose come “Bevi questo!”, “Pensa diverso!”. In questo modo vanno sostituendosi all'autorità etica, al buon senso, che guida le azioni della gente.



Abbiamo solo da poco bloccato l'accesso alla pubblicità agli dei del tabacco e dell'alcol. Fino a poco tempo fa era normale sentirsi proporre di fumare e di bere alcolici. Ma la questione non è tanto stabilire quali dei possano fare propaganda e quali no, è proprio il sistema della comunicazione slegata dal prodotto a suscitare preoccupazione. Un martello serve a battere un chiodo, non a procurare fortuna o godimento a chi lo impugna. Puoi spiegarmi perché un martello funziona meglio di un altro, non mettere una donna nuda che lecca il manico dicendo che da quando l'ha comprato non ha ancora smesso di essere felice.

Noi crediamo di essere liberi, specialmente rispetto ai popoli dominati da ideologie politiche o religiose di tipo fondamentalista, ma lo siamo veramente alla luce del potere esercitato dai nuovi dei? Provare a fare delle domande alla gente per strada, un po' di cultura e un po' di marchi e slogan. Alle domande sulla pubblicità sapranno rispondere.



La politica non vuole, non sa o non può dare una risposta al problema dei nuovi dei. I singoli sono chiamati a opporsi da soli, quotidianamente, all'aggressione psicologica della pubblicità. E i bambini? Gli adolescenti? Che armi hanno per difendersi? Come si può pensare che la famiglia possa far qualcosa senza l'appoggio della politica quando si tratta di combattere un mostro che è dovunque, giorno e notte, pronto a ghermire?



Abbiamo davvero intenzione di arrenderci di fronte a divinità interessate esclusivamente ad avere i nostri soldi in cambio di... di che? Di oggetti, di cose, molto spesso del tutto inutili. Il bello che gran parte dei soldi che ci chiedono viene usato per buttarci addosso altra pubblicità. Forse vogliamo questi dei, forse ci piacciono, forse abbiamo bisogno di sogni e speranze e non sappiamo più come procurarceli, sappiamo solo pagare qualcuno che ce li dia preconfezionati. Vogliamo chiamarla prostituzione degli dei?

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