mercoledì 14 settembre 2011

Le cose che cambiano quando c'hai un figlio (42 di N)


Scusate se oggi sarò più polemico del solito, l'autunno non è facile per nessuno stiamo come foglie la stanchezza accumulata qualcuno pensa già al Natale. Quando c'hai un figlio magari pensi di fare il genitore, di esercitare la potestà, di fare le scelte che ritieni più opportune per il bene di tuo figlio, ma non è così. Ormai fare il genitore sta diventando una professione, devi conoscere migliaia di leggi e regolamenti. Non mi riferisco a obblighi di sicurezza, caschi e cinture e seggiolini, e neanche ai consigli dei vari guru dello sviluppo intelletto-psico-emotivo, spaziando da spock a montessori, finendo sull'articolo della scuola nordica dove i bambini vengono appellati con aggettivi sessualmente neutri (scusate se mi permetto di esprimere un'opinione politicamente scorretta ma secondo me i nordici ci dev'essere qualcosa nel cibo o nel clima, forse tra legname e petrolio e pesca sono troppo benestanti, ma l'impressione di essere un po' idioti me la danno): ehi tu, individuo/a di genere indefinito/a, vuoi giocare con il/la bambola/o o con le/gli costruzioni? Si metta a verbale che non ho compromesso lo svelarsi naturale della futura identità sessuale. Son tutti matti, il genere umano è composto al 64% di matti, e mi ci metto anch'io, al 86% di stupidi, e mi ci metto anch'io, e al 27% di stupidi matti che credono alle statistiche e all'oroscopo, no, stavolta non mi ci metto.

Oggi come oggi un bambino non lo puoi nemmeno mettere nel carrello della spesa. No, non nel senso che lui non ci vuole stare e tu lo obblighi con la forza, lo imbavagli e ce lo incateni col lucchetto, ma nel senso che arriva un tizio a dirti che non puoi farlo. Ho visto bambini abbandonati a loro stessi rischiare l'osso del collo in ambienti selvatici e violenti dove gli adulti sono una mera presenza scenica. Senza parlare dei trogloditi che sono abituati a vivere in società dove è normale tagliare le mani e lapidare, genitori di bambini che fingiamo non siano un nostro problema. Però si diventa paladini del buono e del giusto se c'è da piantare una rogna per un bambino nel carrello o qualche altra piccola fesseria da cittadino modello in vena d'ipocrisia, di superbia civilista, di esemplarità illuminista. Per tornare all'esempio: se lo metti nel carrello della spesa nel parcheggio va bene, nel parcheggio sei libero di lanciare tuo figlio a canestro nel bidone dei rifiuti e nessuno ti dice niente. Però quando superi la soglia del supermercato con tuo figlio dentro al carrello diventi un padre snaturato e un delinquente. Se entri col burka non ti notano nemmeno, ma un bambino nel carrello è come gridare sono colpevole e merito una punizione. È una storia vera, mi è capitata all'ipercoop. E mi è capitata più di una volta.

Mi dice sono stanco di camminare, papa, voglio sedermi nel carrello. Va bene, così non devo tenerti d'occhio che ti perdi in mezzo al casino, non devo tenerti per mano e trascinarti via quando vedi un prodotto che attira la tua attenzione, non ti metti a tirarmi il carrello a destra e sinistra, a frenarlo obbligandomi a fare il doppio della fatica, non pretendi di spingerlo tu che sei grande, che sei capace. Ti siedi dentro e siamo tutti più sereni e felici. Grazie o inventore dei carrelli, non ne rubo uno da usare a casa solo perché temo di essere ripreso dalle telecamere di sorveglianza mentre lo ficco nel baule e scappo. Ma è una delle molte cose che mi riprometto di fare prima di morire. Entro e sento una voce che grida 'Mi scusi!', 'Mi scusi!', come ci si scusa con chi ci sta sporcando di fango il pavimento appena lucidato. È un dipendente dell'ipercoop, un addetto al terrorismo involontario e, nello specifico, al carrellaggio illegale dei minori. Si sa che nulla scatena il panico nelle folle più di un bambino che si lancia da un carrello imitando il segnale d'allarme della scimmia urlatrice. Non puoi mai sapere le conseguenze di un bambino che decida di approfittare del carrello. Se esplodesse?

Se uno entra con le infradito e la canottiera retata del pivot e si dirige al reparto alcolici va bene, ma se un padre osa anche solo guardarti negli occhi è come se ti sfidasse, una persona dotata di un potere anche minuscolo non si lascia sfuggire l'occasione di esercitarlo. Perché un padre è un essere debole, remissivo, accomodante, nessun padre sano di mente mette a repentaglio non solo la propria ma anche la sicurezza dei propri figli per reagire a un sopruso o a una ingiustizia. Quando c'hai un figlio diventi un bersaglio facile, le iene e gli avvoltoi vedono che sei vecchio, che zoppichi leggermente, che sei stanco, che in fondo quello che desideri è un predatore caritatevole che ti sollevi definitivamente dalle tue responsabilità. È anche vero che i padri possono essere molto pericolosi se minacci direttamente la prole, ma se minacci direttamente i padri vedrai che si lasciano anche prendere a calci senza fiatare pur di non danneggiare i figli nemmeno dando loro un cattivo esempio. Vedi, figliolo, conviene sempre porgere l'altra guancia, scendere a compromessi, non andare a ficcarsi nei guai, e tutti questi saggi consigli paterni che troppo spesso vengono capiti dai figli quando ormai si trovano in carcere o all'ospedale.

Il dipendente dell'ipercoop abbandona la sua postazione, dove imbusta merce comprata all'esterno del supermercato nell'attesa di cogliere un genitore sul fatto. Sembra molto compiaciuto, ha il tipico atteggiamento degli ufficiali incorruttibili che mi dispiace cittadino non ce l'ho con lei, lo so che lei prende la multa perché andava a 56 orari e mentre stiamo parlando le macchine passano a 80 (avete presente il ghigno beffardo che mettono sulla faccia a questo punto, quello che vi spinge a guardare la pistola nella fondina e fare brutti pensieri?), ma sto solo facendo il mio dovere, è stato sfortunato, era anche senza cintura, come no, la sua parola contro la mia, faccia ricorso. Il dipendente dell'ipercoop mi dice che non posso tenere il bambino nel carrello. Rispondo mi faccia la contravvenzione (ma chi sei? la uso per accendere la stufa). Da quand'è che sono obbligato a fare tutto quello che mi dice il supermercato? Gli dico lo tolga lei dal carrello (toccalo con un dito e ti risvegli in terapia intensiva). Lui a dire sono le regole, a stupirsi del mio rifiuto a considerare legge il regolamento. Gli dico il regolamento del supermercato non ha forza di legge, per il momento non vivo ancora nella repubblica dell'ipercoop. Gli dico mi butti fuori, chiami i carabinieri, e lui a guardarmi come se non capisse il trucco, come se gli stessi facendo un dispetto, incapace di comprendere la sua totale mancanza di potere come soldatino dell'ipercoop.

Cari visir della distribuzione, generali del commercio al dettaglio, magnati delle promozioni, califfi della tessera socio e del premio fedeltà, potete mettere un cartello dove dite che non siete responsabili, come quello nei parcheggi per oggetti di valore lasciati in macchina, ma non potete legiferare né sostituirvi alle forze dell'ordine. Il supermercato è disciplinato come esercizio aperto al pubblico. O qualcosa è illegale, e allora fate il 113, oppure è legale, in tal caso la rischiate voi una denuncia se cercate di obbligare la gente a fare quello che ordinate voi solo perché lo decidete voi. Comunque alla fine avete vinto voi, non lo metto più nel carrello, per evitare l'ennesimo stress. È così che funziona: pur di evitare noie uno finisce per adeguarsi, cedere, arrendersi, spostarsi. Succede nel traffico, succede in piazza, succede negli uffici e nelle fabbriche, succede in vacanza, o diventi un piantagrane che si arrabbia e finisce dalla parte del torto, oppure pieghi la testa e mandi giù il rospo, oppure diventi anche tu un furbetto che cerca di stare a galla mandando sott'acqua gli altri. Tiri fuori il bambino dal carrello per superare i controlli e voltato l'angolo ce lo rimetti. La particolarità di quando c'hai un figlio è che non riesci mai a capire del tutto se gli stai dando l'esempio giusto, se da grande dirà che non avevi sufficiente autostima neanche per farti rispettare dagli impiegati del supermercato o che eri così soddisfatto e sicuro di te stesso al punto da non dare minima importanza alle seccature causate dalla piccineria di chi esercita minuscoli poteri.


(Opera di Interesni Kazki)


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