martedì 27 ottobre 2009

Apologia dello scrivere

Non capisco quelli che si lamentano quando devono scrivere. Scrivere è facile. È un po' come parlare, ma più facile. Parlare significa dover sostenere una conversazione, magari con qualcuno che non ci è simpatico, che non reputiamo all'altezza, che usa una lingua straniera. Scrivere è più facile anche per motivi pratici: non puoi interrompere una conversazione per andare a berti un caffè, non puoi cancellare quello che hai detto, non puoi decidere unilateralmente che la discussione è durata abbastanza.

Quelli a cui non piace scrivere preferiscono dirti a voce il perché e già questo implica la loro convinzione che chiunque ama scrivere ama anche parlare anche se non viceversa. Partono da una superiorità morale nei confronti di chi scrive, per loro tu sei uno che per autolesionismo, superbia o chissà quale oscura motivazione, si esprime con mezzi innaturali e trova addirittura soddisfacente un'attività di palese masochismo come permettere alle parole di ledere la tua stessa privacy.

Quando parli ti può giudicare scemo solo chi ti ascolta e solo in quel momento. Se dici una castroneria puoi dichiarare di essere stato frainteso e tutta la questione resta avvolta dal fumo di ricordi indimostrabili. Se scrivi ti esponi e per rimangiarti i pensieri devi distruggere fisicamente le prove. Anche questo è un buon motivo per preferire gli scritti alle conversazioni, la gente potrebbe imparare ad ammettere gli errori quando è impossibile negarli, prendere le distanze da se stessi dimostrando di crescere, di evolversi. Diventa più facile andare d'accordo quando viene eliminata la possibilità di barare. Questa è una difficoltà reale per chi dice che scrivere è difficile. Posso capirla.

Se hai un vocabolario limitato e sei confuso sulle regole di grammatica e sintassi puoi condurre una vita lunga e felice limitandoti a parlare. Di solito, quando parli, alla gente interessa solo sapere il motivo per cui stai causando tanto disturbo al prossimo. Scrivere è più facile anche perché non ti devi preoccupare di rompere le scatole a qualcuno; se ti legge ha deciso per conto suo di farsele rompere. Non devi salutare, presentarti, dare la mano, fare commenti sul tempo, complimentarti. Devi solo esprimere quello che ti preme comunicare. Ecco perché quando sento dire che scrivere è difficile ho la tendenza a iniziare a parlare e andare avanti per ore, senza permettere all'interlocutore di interrompermi o di andarsene.

Se non sei capace di maneggiare lo strumento ti giustifico pienamente. Io per esempio non ho mai voluto imparare uno sport, né praticarlo né impararne le regole o la storia o il nome dei campioni. Però non dico che è fare sport è difficile o che quelli che lo fanno sono dei perditempo e mi sembrano un po' matti – anche se in realtà lo penso. Se pratichi uno sport nessuno ti guarda come se fosse sbarcato un alieno, se scrivi invece devi avere per forza qualcosa che non va. Il pregiudizio è minore per altre attività che implicano fatica mentale – d'accordo lo ammetto, scrivere può essere molto faticoso. Se scrivi poesie, aspiri a ottenere fotografie suggestive, ti dedichi alla matematica, sei molto meno inquietante di chi scrive, così, solo per raccontare cose che nessuno leggerà mai – di solito chi trova difficile scrivere trova difficile anche leggere, ma non è la norma.

Alcuni mi fanno sapere che è del tutto inutile. Fatica sprecata. Senza contare che quei pochi che leggeranno potrebbero sentirsi in imbarazzo incontrandoti per strada, come se ti avessero spiato mentre facevi la doccia. Parlano con te e intanto pensano a quello che hai scritto e si vergognano al tuo posto, pensando a come arrossiresti se ti dicessero di aver letto ciò che hai scritto. Un altro motivo per affermare che scrivere è facile: quando scopri che gli unici a doversi preoccupare di ciò che scrivi sono quelli che leggono.

Certo, puoi sempre incontrare qualcuno che ci tiene a farti sapere che gli piace oppure no, ma nella maggior parte dei casi è gente che lo dice solo per vedere come reagisci. È sufficiente riconoscere il loro ruolo di presenti sul luogo del misfatto che vogliono salire sul banco dei testimoni. Quando parli nessuno ti dice se quello che stai dicendo gli piace oppure no, al massimo ti danno ragione o torto. Non mi è mai capitato di sentire qualcuno complimentarsi o dichiararsi infastidito per l'eloquenza, la retorica, la scelta dell'argomento, la capacità di sintesi, il moderato ricorso alle divagazioni, lo stile oratorio dell'interlocutore. Quando scrivi tutte queste cose sembrano improvvisamente assumere un'importanza cruciale. Ebbene, non è così. È solo un modo per certe persone di vendicarsi delle matite rossa e blu che usava la maestra quando erano piccoli. Se hai paura delle critiche è meglio che ti chiudi in casa, stacchi il telefono e non esci più.

Ma io non ho niente di dire, mi si obietta, ho il terrore della pagina bianca. Sì, quella è l'unica difficoltà dello scrivere. Bisogna trovare la forza di cliccare sull'icona del programma di videoscrittura e mettersi a parlare con nessuno e allo stesso tempo con tutti quelli che potrebbero leggere. La mamma, il collega, il/la fidanzatino/a del liceo, il medico, gli insegnanti dei tuoi figli. Prima o poi saranno tutti morti, te compreso, che te ne frega? Si inizia così, con uno pseudonimo, così puoi guardare senza essere visto, il che può titillare una propensione inconscia al voyeurismo (chi è senza peccato...), se ti va bene smetti prima che sia troppo tardi, sennò entri nel tunnel con la scimmia dello scrivere sulla spalla. A quel punto scrivere non è più difficile, diventa sempre più facile, smettere di scrivere piuttosto sembra assurdo.

Ecco perché c'è così tanta gente che scrive e così poca che legge. La stessa ragione per cui c'è così tanta gente che parla e così poca che ascolta. Se scrivi per essere letto sei come quello che parla per essere ascoltato. Se tutti quelli che parlano lo facessero solo perché hanno davvero qualcosa di importante da dire il mondo sarebbe molto silenzioso. Se ti chiedono di smettere di scrivere replica chiedendo che smettano di parlare.

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