lunedì 18 gennaio 2010

Lost connection.

Il conto alla rovescia appare in primo piano, grandi caratteri luminosi e la voce metallica, ricavata riciclando spezzoni video delle sue attrici preferite, a scandire i secondi.
“Che è questo?”, chiede t00c001.
“Meno di un minuto e mi staccano”, risponde r4ŋɖƴ.
“Allora è vero che ti sei fatto beccare”, ride.
'stfu', digita r4ŋɖƴ.
In sottofondo parte una sirena d'allarme antiaerea, meno di trenta secondi.
“Quanto?”, chiede t00c001.
“Due.”
T00c001 soffia nel microfono, come se si fosse scottato, e non dice più niente.
I numeri scorrono, le finestre si chiudono, una per volta: vuoi salvare? Sì. Allo zero lo schermo diventa blu e la lettera in caratteri bianchi del ministero lo invita a presentarsi al centro di vigilanza più vicino. Non c'è una mappa con coordinate gps, non c'è un link che sia uno, non succede niente nemmeno a premere F1.
r4ŋɖƴ si sente soffocare, ma ha letto testimonianze di chi c'è stato prima di lui, dicono che è normale, che poi passa. Chiude gli occhi, si toglie i guanti, gli occhiali, le cuffie. Dopo essersi guardato un po' attorno alla fine si alza.
“Chiederò in giro”, dice a nessuno in particolare, scuotendo la testa.

L'appartamento di r4ŋɖƴ è un bilocale nel quartiere ovest, vicino al ponte, hai presente la zona delle rosticcerie cinesi abusive, dove han girato rootlife, è taggato come zona a criminalità 5 sul sito dell'esercito ma c'è il sospetto che serva solo a tenere lontano chi si usa le istituzioni come fonte di info. Infatti sembra un posto tranquillo. Ci sono famiglie con passeggino che percorrono il lungofiume, macchine pulite si fermano alle strisce pedonali, due anziani sulla panchina si scambiano vecchie edizioni su carta.
“Mi scusi”, dice r4ŋɖƴ, “posso farvi una domanda?”
I due si guardano con aria di chi la sa lunga, quello più vicino inizia a ridacchiare e finisce tossendo.
“Che c'è? Ti servono soldi?”, chiede quello che non ride affatto, tirando fuori una lista dalla tasca del cappotto.
Uno spacciatore di lavoro, pensa r4ŋɖƴ, chiedendosi come facciano a non capire, dopo tutti questi anni, chi è un potenziale cliente e chi no.
“Sono a posto così, grazie.”
“Per ora, per ora”, sibila quello, “Prima o poi li finisci i soldi.”
L'altro ha smesso di tossire e si sta pulendo la bocca con un fazzoletto. “Parole sante, più prima che poi, sai quanto costa adesso un litro?” Sputa nel fazzoletto e guarda per qualche istante quello che gli è uscito dal corpo prima di rialzare lo sguardo.
“Un litro di che?”, chiede r4ŋɖƴ.
Lo spacciatore dà di gomito a mister catarro, “Litro di che, ti chiede!” e giù risate.
r4ŋɖƴ sente pulsare le tempie, si chiede quanto tempo dovrà stare fermo qua in piedi prima di ottenere un'indicazione. Dall'altra parte della strada si vedono uomini correre all'interno di un giardino recintato. Inquadra con la cam del cellulare e aspetta di veder apparire l'aumento di realtà ma tutto quel che ottiene sono parole bianche su fondo blu.
“Dico a te, balordo!”
r4ŋɖƴ si volta verso lo spacciatore.
“Un altro col cervello bruciato”, dice Catarro, “Dove andremo a finire?”
“Posso farvi una domanda?”
“Falla! Non startene lì imbambolato a ripetere le cose come un disco rotto.”
Un disco rotto, r4ŋɖƴ trova molto interessante il modo di parlare degli sconnessi. Per disco intendono quella roba nera che girava su un piatto, gli viene di nuovo la tentazione di usare il cellulare per saperne di più ma stavolta si ricorda che non avrà accesso per altre due ore.
“Devo raggiungere il centro di vigilanza più vicino, sapete da che parte è?”
Lo spacciatore lo fissa con sguardo cattivo. Catarro è improvvisamente molto attento.
“Ti hanno spento il giocattolo, vero?”
“Te lo dico io”, fa Catarro, “Te la spiego io la strada.”
r4ŋɖƴ ascolta sapendo che gli uomini stanno mentendo, quindi va a cercare qualcun altro a cui chiedere. Non capisce perché certa gente odi così tanto quelli come lui. Attraversa la strada e si ferma a guardare nel giardino recintato.

Uomini che corrono, saltano. Sudati, i volti accesi per lo sforzo. r4ŋɖƴ non si accorge di non essere solo finché non gli toccano il braccio, facendolo sobbalzare.
“C'è anche tuo padre lì dentro?”, chiede la ragazza.
È bella, ha un buon profumo, il tono di voce è molto gradevole.
“No, è morto.”
Lei sta riprendendo la scena, non lo guarda mai in faccia. “Mi dispiace”, dice.
“Davvero? Lo conoscevi?” Si sta facendo tardi, pensa r4ŋɖƴ, ma è un pensiero slegato dalla dimensione dello scorrere del tempo, è più una sensazione di mancanza collegata al non conoscere la destinazione verso la quale in questo momento dovrebbe essere diretto.
La ragazza punta il cellulare sulla sua faccia, schiaccia dei tasti, poi dice “No, r4ŋɖƴ, non credo di averlo mai incontrato in vita mia, ma mi dispiace lo stesso.”
“Me lo presti?”, r4ŋɖƴ indica il cellulare.
Lo guarda come se fosse pazzo, come se fosse pericoloso, fa un passo indietro. Preme altri tasti, legge, torna a guardarlo, diventa pallida. “Ti hanno staccato”, dice.
r4ŋɖƴ non dice niente, guarda gli uomini e ne cerca uno che assomigli alla ragazza. “Qual è il tuo?”, chiede.
Lei gli mostra lo schermo, l'immagine di un uomo brizzolato, con gli occhiali, che fa ciao con la mano.
“Com'è finito lì dentro?” r4ŋɖƴ si chiede che razza di vita è quella, se c'è qualcuno che li obbliga a farlo, se smetteranno mai di correre e saltare. C'è un robot che si aggira sullo sfondo, elencando sul totalizzatore una serie di statistiche.
“Non vive lì, l'alienazione è solo una parte del suo problema”, indica una costruzione adiacente, un cubo di acciaio e cemento armato con file di finestre con tendine bianche tutte uguali. Un cartello vicino all'ingresso usa maiuscole e punti esclamativi: “Neo-separato? branda + mensa = PARLIAMONE!”
“Non capisco”, dice r4ŋɖƴ.
Lei fa spallucce, “Non c'è niente da capire.”
“Davvero, mi serve aiuto, non so come arrivare al centro di vigilanza più vicino.”
Rimangono in silenzio a osservare gli sportivi per un po', r4ŋɖƴ si chiede che cifra ci sia sull'assegno per alimenti che le passa il padre ma non osa chiederle nulla, temendo si tratti di spiccioli.
“Andiamocene prima che ci raggiunga.”
“Chi?”
“Dietro di te, si sta avvicinando, fai finta che non esista e andiamo via.”
r4ŋɖƴ si gira, un tizio in giacca e cravatta avanza quasi correndo verso di loro, sventolando un opuscolo con una mano e tenendone un pacco intero con l'altra.
“Devo fare rapporto entro meno di due ore, prestamelo.”
“Scordatelo!”
L'opuscolo appare fra di loro, l'uomo continua a farlo sventolare, lo alza e lo abbassa davanti ai loro occhi per attirare l'attenzione. “La percezione del progresso in termini post-umanistici”, grida.
Lei afferra l'opuscolo senza degnare di un'occhiata il predicatore, il quale ne prende un altro dal mucchio e lo sventola davanti a r4ŋɖƴ. “Riscoprire i valori etici nel contesto di una coscienza integrata.”
r4ŋɖƴ afferra a sua volta l'opuscolo e se lo infila nella tasca posteriore dei jeans.
Il predicatore comincia un lungo discorso in tono monocorde e sembra uno che legge senza rispettare la punteggiatura.
“Perfavore?”, chiede r4ŋɖƴ con espressione supplichevole, indicando il cellulare.
“Piuttosto ti ci porto io, seguimi.”

Il centro di sorveglianza ha un ufficio apposta per la registrazione degli sconnessi temporanei. Quello più vicino si trova al di là del fiume, vicino alla fontana che hanno usato i Grinding Massacre per il loro ultimo singolo, hai presente?, sì, quella a due passi dall'uscita quattro. Riconosci che è quello perché è l'unico con tutti quegli scrivani in fila fuori, sul marciapiede, con quei tavoli pieghevoli sgangherati e le penne a sfera nel taschino.
“Che tipo di lettera?”
“Mi scusi”, dice r4ŋɖƴ, “È la prima volta per me, quanti tipi ci sono?”
Lo scrivano ha un pizzetto a punta che tormenta con le dita, arricciandolo a spirale.
“Aulico, burocratico, legale, accademico, formale...”, tira i muscoli delle dita, la mano ad artiglio, facendo scrocchiare le falangi, “Che ti serve?”
r4ŋɖƴ guarda la ragazza che l'ha portato fin lì, per chiederle un parere, ma lei sta annotando le differenze fra la fontana vera e quella ritoccata dai Grinding.
“Devo fare rapporto, segnalare l'avvenuta sconnessione.”
“Accusare ricevuta?”
“Non saprei, può essere”, r4ŋɖƴ vuole solo il pezzo di carta giusto, fare uno scarabocchio dove previsto e tornarsene a casa. Le due ore saranno quasi passate, finalmente.


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