lunedì 3 ottobre 2011

Elenco n.2

Oggetto: voci raccolte passando in volata, è bravissima ha scelto in meno di un'ora le piastrelle del bagno, non ho ancora capito cosa ci riguarda a noi se la leggi bene è una cosa che non so nemmeno dirti. Oggetto: densi residui aromatici di boccate non aspirate, macchie di urina che si allargano fra le gambe del bagnante. Oggetto: donne in tailleur che innaffiano i muri per eliminare segni lasciati dai cani, facendo attenzione a non bagnarsi le scarpe, impugnando il manico della scopa come se fosse la prima volta. Oggetto: immaginare di lasciare impronte di mani sui cuscini, infilare le mani negli strati di asciugamani scompigliati nel cesto delle offerte, scacciare con le mani i discorsi mai conclusi per mancanza delle parole adatte. Oggetto: il colore delle ombre, l'inclinazione delle ombre, la tendenza delle ombre a conformazioni geometriche insolite, la capacità delle ombre di sembrare confortevoli. Oggetto: tracce di vomito risalenti al sabato sera, galassie spruzzoidali costellate di cibo semidigerito, i colori brillanti a carico di acidi solidificanti, i colori opachi dovuti a dissolvenza incrociata. Oggetto: un cane addormentato in mezzo alla soglia muove la zampa e si lamenta con piccoli sbuffi annoiati. Oggetto: risposte evasive e scocciate; risposte finto gentili per evidente sopportazione; risposte sgarbate a ipotizzare l'ovvietà del banale; risposte prevedibili e recitate a memoria.

Passanti con le cuffie che ti guardano, cuffie in vendita a diciannove e novanta, manichini con le cuffie al collo che ti guardano, la musica proviene da una finestra al terzo piano, è musica che non ho mai sentito, è musica che rimbalza contro soffitto e viene giù in modi sconvenienti, a gambe aperte, in posizioni impedite da qualsiasi cuffia che si rispetti, musica che si distorce e si frammenta e si imbastardisce di suoni malprodotti, rovinati da condotte riverberanti su vetri e piramidi arzigogolanti di armoniche cafone, musica che si struscia che si dimena e che implora ascolto, musica priva di ritegno, scarsamente amplificata dentro a concavità naturali inadatte alla purezza del suono, la pulizia del tracciato hertzatico e stereofonico, la logica politonale del significante melodico, musica che mi aiuta a evitare le infinite merde di cane, alcune marrone scuro, molto sode, beigeoline, allungate o raccolte in eleganti chignon fecali, merde di cane di stazza media che si nutre di costose palline ad alto contenuto di fibre, è una bella merda che puzza poco e secca rapidamente, merde di cane filamentose di muffa perlacea risalgono nel tempo e ci ricordano perdute giovinezze tanto nostalgiche quanto immaginate per autoconsolazione, merde su merde stratificate come le torte nuziali, merde siamesi a due tempi separate alla nascita, merde a metri di distanza che si chiamano con la voce spenta del disilluso.

Oggetto: orologi che segnano la stessa ora nella stessa vetrina e ore diverse in vetrine diverse; orologi che lampeggiano tre volte nelle verdi croci farmacia e lasciano posto a temperature esagerate; orologi tenuti larghi di cinturino in modo che la cassa vada a proteggere la sensibile pelle sotto al polso. Oggetto: piccione morto si degrada giorno dopo giorno nel suo piccolo recinto virtuale di obbrobrio, insetti stesi sulla schiena aggrappano al niente gli spinosi arti chitinosi a segmenti multipli, cercasi adorabile gattina nella foto di nome di anni di razza scomparsa nei paraggi offresi adeguata ricompensa. Oggetto: uccelli che si radunano sulla punta degli alberi, sui cavi, sui tetti, sintonizzati sul canale della migrazione autunnale, si spostano come fantasmi nel cielo e schiamazzano come arrabbiati o sbigottiti o impauriti o sovreccitati. Oggetto: statue con bastone nella sinistra e indice destro puntato verso l'alto, santi della libertà verderame, scagazzati di guano e acide polveri sottili, statue in cima ai campanili, infilate nei muri, esposte su colonne marmoree, vedono qualcosa, in lontananza. Oggetto: fantasmi condannati a leggere le tag dei graffitari sui muri dei palazzi, i cazzi da megarobot col glande esagerato e minuscoli coglioni stilizzati; spettri esperti in vernici e solventi che ripetono senza tregua la w del viva la figa e le minacce e gli insulti e i moniti pro e contro; ectoplasmi implacabili che giudicano il tono di auspici e condanne, la forma dei punti esclamativi.

La quantità dei vestiti lilla e neri appesi in alto, come tendaggi metropolitani, dentro al sole, dentro al mercato, dentro alle offerte imbattibili maxisconto e imperdibili solo per oggi scritte a penna un euro l'uno cinque pezzi a tre euro e cinquanta, il profumo di pollo e spiedini del camion rosticceria, la pancetta arrotolata, l'arrosto con uova e spinaci, le patatine fritte col sorriso che piacciono tanto ai bambini, gli involtini di coniglio e prosciutto, i bocconcini, le ali, le cosce, i petti, la accumulate di frutta con ciclo di rifornimento continuo, la voce roca e modulata del banditore che non ha bisogno di gridare per farsi sentire e dice le mele abbiamo le mele bellissime a uno e venti al chilo abbiamo le pere italiane dolcissime a uno e settanta al chilo, la ragazza con l'orecchino nella pelle dell'ombelico e gli occhi truccati di nero per risaltare l'azzurro, così magra di tenere i pantaloni appesi alle ossa delle anche, fa rumore con gli zoccoli alti mezza spanna quando si muove per riempire sacchetti e pesare e contare le monetine, tutto di lei dice vorrei essere altrove ma so che ogni altrove sarà peggio, api ubriache di succhi stagionali caracollano su mezzi frutti da esposizione, ho visto api cadere a terra e morire per via di un peccato di gola, ho notato api neglette accontentarsi sui banchi dei fiori, tra escrescenze violacee colanti grassi profumi e timide aperture impallidire al sole dopo aver gettato polline come sangue in polvere da una ferita riaperta ogni mattina, di proposito.

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