mercoledì 18 gennaio 2012

Le cose che cambiano quando c'hai un figlio (46 di N)

Non so se l'ho già detto, il tran tran, quando c'hai un figlio non basta portarlo fuori per fargli fare i bisogni o ricordarsi di nutrirlo e di cambiargli l'acqua. Un po' che dopo i 40 ogni anno è un regalo (di sicuro lo è nell'ottica di un uomo che ha vissuto prima del 19mo secolo o che tuttora vive in zone dove il culmine della scienza medica è un impiastro di erba e fango), un po' che la logorrea grafomaniaca allaga con facilità i moduli di memoria a breve e a lungo termine, cosicché non saprei dire di cosa non ho mai scritto prima d'ora in vita mia. È un tran tran anche quello, a conti fatti, ci si abitua a tutto, e volentieri, purché ci venga dato modo di ripetere l'esperienza un certo numero di volte. L'assuefazione che purtroppo ci rende meno esplosiva la gioia e in generale meno entusiasti della vita, come se un processo in background lavorasse di nascosto per renderci più facile lasciarci tutto alle spalle, cercare qualcosa di nuovo altrove, nell'ignoto, che è poi la spinta che ha governato l'evoluzione naturale e culturale, dal pesce che esce dal mare all'epopea dell'esplorazione, il pionierismo spaziale, tutta quella serie di oggetti materiali e immateriali che ci danno appuntamento a domani, spingendoci a pregare dicendo sì lo so, ma non oggi, non ancora, ho ancora delle cose per cui vale la pena rimandare il fatidico. Ma non del vampirismo emotivo che esercitiamo anche senza volerlo sui nostri figli, succhiando dai loro occhi l'entusiasmo, la genuinità, la purezza, è del tran tran che voglio parlare, perché è una delle cose che cambiano quando c'hai un figlio.

Se non vive con le balie nella dependance o prigioniero di un collegio cinque stelle, tuo figlio con la sola presenza fisica ti cambia gli adorati rituali della quotidianità e diventa lui stesso il fulcro di attività ripetitive in grado di soppiantare tutte le altre. A un certo punto ti rendi conto che le tue giornate sono completamente diverse da come erano prima che arrivasse un figlio e ti chiedi come sia potuto succedere. È un po' come le volte in cui ci si concentra sul profilo dei figli per memorizzarli, per portarli con sé nel futuro e tirarli fuori ogni volta che si avrà la sensazione di aver dimenticato qualcosa, però funziona al contrario: ti chiedi se è un travaso da genitore a figlio che alla fine del processo ti lascerà vuoto come il guscio dei baccelloni di quel film e tutta la tua energia verrà utilizzata per i figli fino al giorno in cui verrai gettato nel contenitore delle batterie scariche. In fondo sarebbe giusto così, il passaggio del testimone, il cerchio della vita, gente che va e gente che viene, se non fosse che a volte ti senti derubato di un presente alternativo, ti immagini un te stesso nell'universo qui a fianco che ha continuato il vecchio tran tran e adesso si gode la tv, il divano, si rilassa, e man mano che lo guardi però ti piace sempre meno, è invecchiato anche lui nel frattempo, ha la pancetta, la casa puzza di cavolo bollito, ha le calze bucate, il fiato pesante, le occhiaie, vive da solo e fa finta di parlare con persone che non ci sono. È un altro di quei numerosi momenti in cui vai di corsa a cercare tuo figlio per abbracciarlo e dirgli grazie di avermi tolto di dosso il peso della mia stessa vita.

Il tran tran però te lo cambia, è il prezzo da pagare per la condanna a vivere per qualcuno diverso da te stesso, perché diciamocelo nell'orecchio, vivere solo per se stessi all'inizio magari è un sogno ma alla fine è sempre un incubo. Se uno ha la fortuna di avere un figlio sano e sereno gli appare la scritta lampeggiante mission accomplished quando preme il tasto di feeedback interiore. Ci si sente bene di riflesso quando l'oggetto dei nostri sforzi matura, diventa grande, fa enormi progressi, e che orgoglio ci viene dall'ignorare apposta che forse li farebbe comunque, anche senza il nostro aiuto. Che però c'è, il nostro aiuto, e scusa se è poco, dato che è un lavoro massacrante che ci sconvolge al punto da interrogarci, a volte, e quelle volte neanche sono convincenti, sul tran tran di chi risponde solo ai propri bisogni voglie e desideri. Il tran tran come cambia? Per esempio adesso, alle altre mille azioni all'apparenza casuali che sono diventate la norma, mi trovo a ripetere quello che dice, formulando la frase con verbi in modi e tempi corretti. Divertente, le prime volte, alla lunga diventa un riflesso condizionato, uno dei tanti che distinguono te, genitore con funzioni educative, da un adulto qualsiasi che deve solo interagire in modalità standard, e speri che in futuro tuo figlio non si ricordi di te come di un robot che arrivava puntuale all'uscita della scuola, gli suggeriva automaticamente i congiuntivi irregolari, gli preparava sempre le stesse cose da mangiare, e via elencando una lista di attività giornaliere che se fosse un lavoro dovrebbe essere ben pagato e, come tutti i lavori massacranti che dovrebbero esserlo, non lo sarebbe.

(illustrazione di Andreas Englund)

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