martedì 10 gennaio 2012

Tutta colpa di Roddenberry

Il signor Spock durante le pause fra un ciak e l'altro ride, prova le emozioni, dice al capitano Kirk - Non ci posso credere -, e giù a ridere, dice - Amico mio la gente si beve le nostre stronzate, ho dei fans che indossano pigiamini come i nostri e mi scrivono delle lettere -, dice così, il signor Spock, mentre il regista parlotta con il responsabile delle luci, si accerta che non venga inquadrata la giraffa, mentre il tenente Uhura, colei che settimana prossima darà il primo bacio interrazziale nella storia della televisione, ne approfitta per andare in bagno.
Siamo sul set da ore, fa molto caldo, non serve nemmeno utilizzare gli spruzzatori per inumidire il volto degli attori, siamo sul ponte di comando dell'astronave Enterprise e il capitano Kirk inizia pure lui a ridere, per via della faccia di Spock, non gli è mai sembrata così bizzarra, non ha mai notato prima certi angoli, certe linee, non ha mai notato prima la cadenza che assume a volte la risata di Spock è la tipica risata contagiosa che si sviluppa sul set, gli attori la temono moltissimo. A questo punto Spock si arrende, singhiozza, tossisce, fa un gesto diretto alla troupe che significa tutto in malora, pausa, time out, e abbraccia forte il capitano Kirk, il quale ricambia, i muscoli del capitano Kirk strappano il fiato al signor Spock e i due si commuovono.
Vengono giù lacrime vere che fanno imprecare il dottor McCoy, - Stupide mammolette -, perché è  stufo di perdere tempo, quei due non fanno altro che rallentare le riprese, si è lamentato più volte, anche a voce alta, senza ottenere attenzione, per cui quando arriva sul set, con in mano la seconda tazza di caffè del giorno, e li vede che si abbracciano in lacrime il dottor McCoy si gira istintivamente verso la telecamera, convinto di aver rovinato la scena, e quando vede che non c'è neanche l'operatore si arrabbia e dice - Stupide mammolette.
Con grandi respiri si gode gli ultimi rantoli, piegato in avanti per i capogiri, con le mani sulle ginocchia, il signor Spock dice - Siamo fortunati a poter fare questa vita -, e con la mano accarezza i mobili della plancia di comando, la finta pelle della poltrona girevole, le lucine a intermittenza di plastica colorata, e Kirk si sente opprimere dal silenzio e dice - Saremo amici per sempre.
Anche adesso, che sono passati anni, Kirk telefona ogni tanto al signor Spock. È sempre Kirk a sollevare la cornetta e fare il numero con la speranza di non sentirsi chiamare ammiraglio, perché Spock non ci sta più con la testa da quando è tornato indietro nel tempo per aiutare se stesso. Spock non telefona mai, non risponde nemmeno al telefono, e quando qualche inserviente gli porge il ricevitore la prima cosa che dice al suono della voce del suo amico Kirk è ammiraglio, come se non gli interessasse una conversazione al di fuori dei canali diplomatici. Kirk dice - sono io, Spock, sono io, Kirk, siamo amici, ricordi, non devi chiamarmi ammiraglio -, ogni volta lo stesso scambio di battute, come fosse un copione. Poi Kirk dice - Come stai? - e Spock non risponde.
Stanno zitti, non sanno cosa dirsi, stanno al telefono senza parlare a volte anche per decine di minuti, fino a quando Kirk dice - Bene -, dice - Allora niente, ci sentiamo -, dice - Ti saluto, Spock, ti richiamo venerdì prossimo -, e quando preme il bottone che chiude il contatto rimane a fissarsi le mani, prova a stringere forte i pugni, cerca di far succedere qualcosa per non pensare alla frase del progetto genesi, dove Spock prima di immolarsi, dice - Il bene di molti supera il bene di uno -. Kirk si guarda le mani e non ce la fa più e allora si alza, si mette a cantare, si mette a ballare, fino a quando è così stanco da non reggersi in piedi. 


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