martedì 7 febbraio 2012

Risonanza

Qui è dove si controllano i pendoli, c'è chi li tiene in movimento, chi li ripara, io mi occupo di rompere le sincronie, per evitare chi entrino in sintonia e si crei riverbero. È della massima importanza che non si sviluppi la risonanza, per via di logiche conseguenze, esiti imprevedibili, è un lavoro delicato, richiede precisione, nervi saldi, valutazioni tempestive. Vengo mandato a intuire i futuri andamenti, estrapolare le tendenze, prevedere le convergenze, i pendoli tendono a emulare i rispettivi periodi di oscillazione. Abbiamo pendoli di varie lunghezze, dimensione, materiale, e sono tutti appesi in alto, nel buio, in zone protette dove non è mi possibile accedere. Il mio compito è individuare i cicli e porre rimedio, applicare una modifica, studiare correzioni poco invasive, esercitare la giusta dose di forza nella giusta direzione, si tratta di interventi delicati. Occorre fare molta attenzione ai pesi vaganti, agli archi di cerchio con fuoco prossimo all'infinito, il rischio di impatto involontario è proporzionale alla velocità massima raggiunta dai gravi. I pendoli sono garantiti, la manutenzione ordinaria è sufficiente a ottenere una durata superiore a qualunque esigenza umana. Abbiamo pendoli a orbita fissa o variabile, di estensione fissa o regolabile, potenziati, silenziati, a rifrazione singola o multipla. Abbiamo pendoli opachi e cromati, a finitura grezza o smussata, evanescenti o massicci, indistruttibili o di fragilità estrema. Vengono progettati e costruiti altrove, vengono collaudati e sottoposti a test di resistenza in condizioni avverse, vengono smontati e ricostruiti per eliminare resistenze e difformità, qui è dove vengono messi in funzione. Si consiglia ai visitatori di non fissare troppo a lungo un singolo pendolo, i dipendenti sono stati addestrati per resistere alla tentazione di adeguarsi alla comoda e accogliente monotonia solo in apparenza ripetitiva e prevedibile. Basta una distrazione per scivolare nella sincronia, passare dalla testimonianza alla complicità. Ci si sente cullati, al sicuro, si entra in grande confidenza col presunto centro di un equilibrio dinamico universale, e non ci si accorge delle vibrazioni nel terreno, l'incremento esponenziale nell'intensità di latenza, risultato esprimibile in termini di energia potenziale e capacità di sovraccarico. Non sappiamo quanti pendoli ci siano al momento in funzione, non conosciamo fino a dove e quando si spingono i pendoli nel loro eterno dondolare, siamo lavoratori molto specializzati e io mi occupo esclusivamente di rompere le sincronie. Non sono interessato alle specifiche di produzione, ai margini di tolleranza, alle procedure relative all'implementazione, lascio che gli altri reparti si occupino dei punti di vista che non mi competono, sono già abbastanza occupato a rincorrere le incongruenze, evidenziare scarti infinitesimali, un'eterna lotta contro l'inerzia e l'imperfezione, la tendenza dei pendoli alla stasi, alla rinuncia per stanchezza, alla perdita di slancio, traiettorie che diventano fredde, passaggi di cui si perde il ricordo, pendoli che accelerano o rallentano quando si convincono che non se ne accorga nessuno. Non so perché esistono i pendoli e non so perché sia possibile la sincronia dei pendoli, quello che so è che io non devo cercare un senso alla mia, di esistenza, ipotizzando realtà alternative, universi teorici privi di pendoli, mondi liberi dalla presunta tirannia dei pendoli di cui non posso avere esperienza. Controllo i pendoli, ho uno scopo, una realtà oggettiva parzialmente comprensibile mediante la quale pormi in libera relazione con il mistero della mia condizione di essere vivente, innumerevoli domande che rimangono prive di risposta: è molto più di niente, quando fissi a lungo un pendolo ti sembra anche troppo, per questo ci insegnano a restare concentrati, non cadere vittime delle distrazioni, delle iterazioni, di semplicistiche interpretazioni.



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