martedì 28 febbraio 2012

l'uomo che voleva azzittire il mondo

Stanotte ho sognato che un gioco per computer della lego dava accesso al noumeno, al significato recondito, mi sono svegliato all'una di notte, tutto sudato, con addosso la frenesia di mettere per iscritto l'intera faccenda, all'una di notte ce l'avevo chiara nella mente, l'intera faccenda, avevo giocato diversi capitoli e nell'ultimo livello avevo conquistato la possibilità di imprimere coerenza al vissuto, al passato, dare una direzione a un vortice di pensiero liofilizzato per creare un ammasso gravitazionale suscettibile di formalizzazione semantica, e me ne stavo a sudare sotto la coperta, immobile, compresso nello sforzo mentale di non mancare la presa su quanto avevo appreso con la lunga fatica di sognare il gioco, capitolo dopo capitolo, manovrando pupazzetti della lego, incastrando pezzi di lego al fine di realizzare gli assemblaggi previsti, costruire artefatti per avanzare, superare la sfida, entrare nel capitolo successivo, e intanto smarrivo particolari fondamentali, tessere d'angolo, ero consapevole di una perdita irrimediabile, una parte di me si stava già consolando, avanzava giustificazioni, indecisa fra il rimprovero e la solidarietà, una parte di me diceva un giorno capirai, niente è perduto per sempre, una parte di me ha messo su della musica, ha tirato le tende, mi ha chiesto qualcosa che non c'entrava niente, facendomi perdere il contatto con il problema stesso del trattenere qualcosa del sogno, che in fondo non ha importanza, una parte di me ha suggerito di tornare a dormire, ha detto non c'è motivo di perdere la serenità per un sogno, è tutto nella tua testa, ma io non trovavo pace, annusavo intorno, mi sentivo in pericolo, vittima di una perdita irreparabile, mi aggrappavo a echi di ricordi, mi ordinavo di rievocare la sequenza dei capitoli, mirando a gradi di illuminazione crescente, mi imponevo di fissare dei punti di riferimento nel gioco privo di parole della lego, non c'era niente da leggere e i personaggi del gioco si esprimevano mediante espressioni facciali stilizzate e mugolii, singhiozzi, gesti, sospiri, l'unica voce era un sottofondo narrante, uno spiegare meticoloso, una voce tranquilla da documentario estraeva significati dal gioco e dava spessore ai contenuti del gioco, così che mentre ero concentrato a giocare una parte di me assorbiva con stupore i colpi della voce narrante, il personaggio lego combatteva contro il gioco e una parte di me contro la voce del sapere, entrambi a prendere botte perché il gioco e la voce narrante rotolavano in discesa, non c'era contraddittorio, si poteva solo accettare e proseguire, annuire e sentirsi umiliati e indifesi davanti al gioco e alla voce narrante, le regole del gioco non ammettevano eccezioni e la ragione della voce narrante non mostrava punti deboli, si poteva solo esser grati per l'esistenza di ulteriori livelli, per la certezza di avere un futuro, perché se il gioco avesse cessato di girare l'omino lego sarebbe precipitato, niente a tenere insieme testa e busto e gambe, se la voce narrante avesse cessato di elargire spiegazioni io sarei sprofondato nell'ignoranza primigenia, niente dentro di me in grado di riconoscermi e tenermi unito, e infatti è quello che stava succedendo con il sogno che mi sfuggiva di mente, un cosmo di verità sepolte che andava sprecato, una parte di me voleva scusarsi con la voce narrante per l'intelletto inadeguato a ricevere le informazioni, una parte di me era invece felice di non essere costretta a ricordare, perché c'era qualcosa di definitivo, di completo, in grado di spaventare anche il più spavaldo e curioso dei sognatori, che mi spingeva a rifiutare, disobbedire, a ringraziare per l'opportunità di scappare, nascondermi, dimenticare il sogno e il gioco, ho lottato fino al sollievo di una coscienza riconciliata chissà come, disponibile a un sonno comatoso e amnesiotico, infatti stamattina non ricordo più nemmeno il gioco, non so più quali fossero gli obiettivi del gioco, mi viene in mente solo che potrei scrivere a riguardo un racconto che ha per titolo l'uomo che voleva azzittire il mondo, in cui c'è questo uomo che vive tormentato dal rumore che fa il mondo, gli arrivano suoni normalmente inudibili, gli sembra di cogliere dei significati nel modo in cui si configurano i suoni ma questi significati restano illusori come ombre viste con la coda dell'occhio, quest'uomo è così torturato dal bisogno insoddisfatto di comprendere la propria situazione che decide di azzittire l'universo intero, comincia con l'ignorarlo, nella speranza che si stanchi di inviare segnali, dopo alcuni tentativi l'uomo riesce nel suo intento e a quel punto è silenzio, subentra il silenzio, irrompe il silenzio, si insinua il silenzio, e col silenzio arrivano altre cose, non ho ancora deciso se cose spaventose o sublimi, vendicative o involontarie, cose che venivano tenute a bada dal rumore.

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