venerdì 2 marzo 2012

The way

The way è un altro film che in Italia non arriva. È uno di quei film che non ci sono cattivi da sconfiggere, drammi o commedie sentimentali, sesso violenza droga tutto quel solito mix di scene forti e linguaggio sboccato e contenuti provocatori e denunce sociali, tutta roba da pugno nello stomaco di cinematografia impegnata con registi di grido e attori famosi che fanno incassi stratosferici al botteghino oppure vincono i premi speciali della critica. No, niente di tutto questo: The way è un film normale. Un film normale dentro a un'epoca, la nostra, dove normale è sinonimo di stupido, poco interessante, banale, perdente, fiacco, moscio, noioso. È un film che a volte ci ripensi e ti senti vulnerabile a parlarne bene, altre volte invece sei contento di dire a voce alta che ti è piaciuto. Perché parla di religione e la religione oggi come oggi è un argomento tabù, degno di selvaggi che vivono in luoghi dimenticati dalla scienza o di mentecatti che giocano con la propria merda. Dopo colossal di noè e mosè e ben hur e gesù di zeffirelli e la vita di san francesco e sceneggiati su padre pio e le pastorelle di lourdes e l'ultima tentazione e angeli su berlino e l'esorcista e la passione di gibson, dopo tutto questo gran parlare di stronzate religiose quando poi esce un film davvero su argomenti religiosi ti senti in imbarazzo, come uno che parla di michelangelo e leonardo quando arte significa parlare di warhol e bansky. The way si fa prima a ignorarlo che a parlarne, lo guardi di nascosto come chi ascoltava le parabole nelle catacombe.

Parliamone invece, anche se l'ha citato Timothy, il neo cardinale di New York, nel suo discorso al concistoro. Rischiamo di essere etichettati e derisi senza ricavarne né soldi né fama: i cristiani cattolici amici del Papa che parlano bene di un film mentendo per fare il gioco della loro religione, fazione, partito, squadra sportiva. The way è un bel film. Niente di eccezionale, anzi, la storia è romanzata, gli attori non recitano con eccelsa bravura delle parti indimenticabili, alcune situazioni sono messe lì solo per divertire, altre solo per creare pathos, i personaggi sono tutti fastidiosamente protagonisti di vicende personali emblematiche. Insomma ci sono mille motivi per criticarlo, ma non quello della religione. Non si può dire che sia un film che fa catechismo o proselitismo o pubblicità al cristianesimo. Forse per quello infastidisce ancora di più lo spettatore premunito: non lo si può accusare di doppi fini, di furbizia, di intenti poco chiari. Siamo sommersi di film di merda che vengono prodotti e diffusi solo per rendere popolare un'opinione politica, sensibilizzare su problemi di minoranze, stimolare e indirizzare la società affinché una certa cultura prevalga e approdi nel campo della legislazione e la società si trasformi in un modo piuttosto che in un altro. Siamo pieni di prodotti editoriali, giornali, tv, libri, film, che mirano a ottenere una reazione politica, sociale, pubblica. The way invece si indirizza alla sfera personale, non implica votazioni, adesioni, firme. Niente, racconta solo una storia con la quale ci si può identificare senza per questo schierarsi pro o contro qualcosa o qualcuno in un dibattito all'ultimo sangue.

The way parla del cammino di Santiago, un pellegrinaggio che fanno i cattolici per motivi incomprensibili a non succubi ipnotizzati mentalmente schiavi del raggio mortale dell'obbedienza che usano i servizi segreti vaticani per trasformarti da razionale positivista ateo a bigotto oscurantista cristiano. È un prodotto turistico con gente che lo fa in bici o a cavallo, ma facciamo finta che ci siano i pellegrini come nel medioevo, con templari crociati inquisizione e simonie. Non guardatelo o rischiate di diventare religiosi. Se lo guardate tenete in mano il vostro scudo del sarcasmo e tirate fuori il ghigno di chi è qui solo per spiare le armi del nemico. Ecco perché forse The way in Italia non arriva, non è un film normale: non fa propaganda politica, non mira solo agli incassi record, e come film religioso non è abbastanza religioso da venire strumentalizzato per sbeffeggiare la Chiesa. The way parla di persone che per i motivi più disparati scelgono di passare del tempo camminando, come uscire a prendere le sigarette e star via vent'anni, come dire vado a fare un giro e buttarsi da un ponte. Di solito è uno scappare da che non diventa mai un andare verso. In questo sta tutta la religione di The way: gente che scopre a metà strada che non sta più scappando da qualcosa ma nemmeno ha qualcosa verso cui andare. Non è come chi da sempre vota quel partito e lo voterà sempre, chi piuttosto che cambiare squadra del cuore si fa ammazzare, chi ormai quello in cui credo è quello e non si può cambiare dopo una certa età. The way è la certezza di una destinazione concreta quanto la morte, un suicidio per tutti coloro che partono, un modo per lasciarsi il passato alle spalle, una rinuncia a tutto che passo dopo passo si pente, scopre che forse c'è ancora qualcosa per cui vale la pena, che la strada è lunga e faticosa, che c'è gente che ha motivi più seri dei miei di odiare la propria vita.

Non guardatelo, fatemi questo piacere, se odiate religione e religiosi. Non c'è niente di più deprimente che guardare persone alla ricerca di qualcosa per riattizzare il proprio odio. Se pensate che sia solo uno stratagemma per abbattere le vostre difese razionali non guardatelo, andate a guardare un film che vi spiega perché le religioni fanno cagare e i religiosi sono dei bastardi, un film che vi rassicura sul fatto che siamo animali tormentati dalla maledizione dell'intelletto che vivrebbero molto meglio se potessero pensare solo a mangiare dormire e scopare. Oggi The way è uno dei film da tenere segreto, da passare sottobanco ai correligionari, e parla di un padre che perde il suo unico figlio, di femministe violentate, di drogati obesi, di scrittori falliti, di albergatori folli, di tutto tranne che di istituzione ecclesiale e di Dio. L'unico prete che si vede nel film è stato operato di tumore al cervello e spera in un intervento divino perché è il suo lavoro. La Chiesa nel film è una costruzione di pietra fredda e vuota quanto il Dio che rappresenta, eppure senza di essa non avresti una strada da percorrere, non avresti poi, dopo che sei arrivato al traguardo, trovare l'oceano dietro l'ultima collina. Senza un finto passaporto su cui stampigliare ridicoli timbri per testimoniare il tuo passaggio, senza dei ricoveri dove trovare riparo quando fuori la natura si diverte a uccidere chi rimane all'aperto, e sopratutto senza altre persone come te, altri individui che finiscono per accompagnarti senza volerlo, solo perché anche loro stanno facendo il cammino, e diventano ogni giorno più preziosi anche se sono dei ladri, dei bugiardi, egoisti, superbi, scontrosi, pigri, golosi, traditori, vigliacchi, anche se sono pieni di difetti diversi dai tuoi e ci sono dei giorni che non li sopporti, vorresti stare solo, vorresti che se ne andassero e ti lasciassero in pace, alla fine li guardi e non vedi facce di persone sconosciute, non vedi estranei, non vedi corpi brutti e puzzolenti, volti dall'espressione irritante, potenziali nemici che al massimo ti lasciano indifferente, vedi degli amici di cui ti puoi fidare che vedono in te un amico di cui si possono fidare. Ah, dimenticavo, alla fine nessuno ottiene ricompense: chi l'ha fatto per smettere di fumare continua a fumare, chi voleva dimagrire è ancora grasso, chi aveva un tumore ce l'ha ancora, sono ancora tutti gli stessi di quando sono partiti, non hanno perso niente, non hanno guadagnato niente, l'unico miracolo che avviene, quando e se avviene, è un miracolo più sottile, impercettibile, una guarigione spirituale, un'avvenuta purificazione, per chi ci crede, per gli altri è solo fumo negli occhi.


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