mercoledì 25 novembre 2009

La mia Testa era bionda.




Adesso c'è questa nuova moda della Testa, tutti mi chiedono se mi è già arrivata, di che colore ha i capelli. È il computer che sceglie per te, mi fa sapere la lettera del ministero, studia la tomografia assiale del tuo cervello e stabilisce non so che parametri, usa chissà quali algoritmi scritti da altri computer collegati ad altri computer ancora e giù a cascata fino a quando risulta impossibile capire da dove venga fuori la Testa fatta e finita, che ti arriva per posta e ti chiama per nome mentre è ancora chiusa nella scatola.

Vincenzo, il mio vicino, la chiama 'la mia amica speciale', e ogni mattina in ascensore mi chiede se ho ricevuto la mia amica speciale. Rispondo sempre di no, che non ancora, e sudo freddo. Un giorno scopriranno che fine ho fatto fare alla mia Testa e allora che accadrà, non lo so. Non hanno ancora inventato una punizione, non credo sia nemmeno considerato un reato, per adesso, non ancora, ma non conosco nessuno che non sia entusiasta della Testa, della sua nuova amica speciale, per cui immagino che sarò considerato un mostro, o come minimo un delinquente, quando scopriranno cosa ho fatto.

In realtà la mia Testa è arrivata il mese scorso. Ricordo che parlava, parlava, e parlava, non stava mai zitta. 'Assumi uno stile di vita!', mi diceva, 'Scopri le tue potenzialità'. Aveva sempre qualcosa da suggerirmi, da consigliarmi, arrivando a minacciarmi. Come se davvero fosse convinta che le sue minacce potessero avere un qualche effetto. 'Sei solo una Testa', mi piaceva ricordarle, e lei si arrabbiava, si immalinconiva, assumeva espressioni maligne, iniziava a dire cattiverie.

Ho chiesto a Vincenzo 'Che succede se ti cade, se la rompi?' Lui ha sobbalzato, inorridito, ha scosso la testa 'Spero ci sia una garanzia, che sia riparabile, che succederebbe a tutta l'esperienza che ha accumulato?' L'ascensore è arrivato al piano terra e Vincenzo è uscito senza salutare, a testa bassa, rimuginando preoccupazioni dal mio punto di vista ridicole. È solo una Testa, avrei voluto dirgli, scuotendolo, svegliati, è solo una Testa.

La mia Testa era bionda, con gli occhi azzurri. Le bionde mi piacevano da bambino, mi ricordavano gli angeli nelle illustrazioni degli opuscoli che le suore ci obbligavano a leggere e a cantare. Cantavo in chiesa e vedevo rispecchiati gli angeli dipinti sui soffitti nelle bambine bionde inginocchiate sulle panche. Con l'adolescenza rifuggivo le bionde, sarebbe stato come lordare con appetiti carnali l'innocenza cristallina degli angeli, come tirare fango su un abito da sposa. Gli occhi azzurri invece mi fanno da sempre paura. Negli animali gli occhi azzurri sono indice di una lunga catena di accoppiamenti fra consanguinei. L'avrei preferita né bionda né bruna, con dei normalissimi occhi castani. Il computer ha deciso altrimenti, e io l'ho distrutta.

Un giorno riusciranno a capire cosa ha ucciso tutte le donne, useranno l'immenso potere di calcolo di quei cervelloni elettronici per ricreare le donne. Donne vere, non questi surrogati da tenere sul comodino. Non hanno nemmeno un corpo! Dicono che non ci serve un corpo, che quel che sta rovinando il nostro cervello di uomini è solo la mancanza della femminilità nelle nostre vite. Vincenzo non porta con sé la sua Testa solo perché ha paura di rovinarla, la tiene sotto una teca di vetro e non permette a nessuno di toccarla, di parlarci, nemmeno di vederla. Forse teme che possa rivelare qualcosa su di lui che deve rimanere segreto, qualcosa che i computer hanno scoperto unendo i puntini sulle lastre delle sue tomografie.

Sempre meglio di questi che girano col la Testa sottobraccio. Teste spettinate, sporche, che gridano inascoltate mentre vengono gettate nel bagagliaio o dimenticate – volontariamente? - da qualche parte. Sono Teste sfortunate, mi fanno pena. Ma che dico? Non mi fanno pena, sono oggetti, a volte me ne dimentico. Non ho ucciso nessuno, la mia Testa era solo un ammasso di circuiti stampati, lo so perché l'ho aperta, ci ho guardato dentro. Ci ho messo parecchio perché ero sconvolto, piangevo, tremavo, mi veniva da vomitare. Ma alla fine ce l'ho fatta, ho smesso di ascoltare le sue suppliche e ho aperto la mia Testa. Mi aspettavo di sentire suonare un allarme, di vedere uomini in divisa sfondare la porta del mio appartamento. Invece niente. Non è successo niente.

Non so se riuscirò a rimetterla insieme. Quando ho iniziato a strappare fili dentro la mia Testa ci ho preso gusto, non riuscivo più a fermarmi. Dentro di me sapevo che era inutile accanirsi, ma le mie mani volevano scavare dentro la mia Testa fino a trovare qualcosa, che cosa non saprei dire. Ho pensato di tingerle i capelli, di dipingerle gli occhi di verde. Potrei rimetterla insieme. Magari non parlerebbe più, forse rimarrebbe semiparalizzata, ma tornerebbe in vita, quella parvenza di vita femminile che gli scienziati assicurano ci sia indispensabile per mantenere l'equilibrio mentale.

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