giovedì 17 giugno 2010

Famiglia

C'era una volta un paese come tutti gli altri, normalissimo. C'erano botteghe, scuole, uffici, era un paese di gente molto laboriosa. Le persone di questo paese erano così contente di lavorare che tutto il resto gli sembrava una perdita di tempo. Non si lavavano, mangiavano cose già pronte direttamente dalla scatola di plastica, non parlavano fra di loro se non di cose riguardanti ognuno il proprio lavoro. Lavoravano anche senza essere pagati, tanto gli piaceva avere un lavoro. A chi diceva loro “Buongiorno, come stai?” Rispondevano “Bene, lavoro moltissimo.”

Stavano svegli anche di notte a lavorare. Quando erano obbligati a smettere di lavorare per qualche giorno a causa di tosse e raffreddore, stavano più male per il fatto di non poter lavorare che per la febbre. Per farsi i complimenti non si dicevano cose come 'sei molto gentile', 'sei molto intelligente', dicevano 'il tuo lavoro è bellissimo' o 'sei bravo a fare il tuo lavoro'. Tutto quello che obbligava gli abitanti del villaggio a smettere per un poco di lavorare era vissuto con tristezza, con dolore. Perché devo giocare quando potrei lavorare? Perché devo andare a fare una passeggiata quando potrei lavorare?

In quel villaggio erano tutti famosi, anche se solo tra di loro. Il grandissimo pasticciere Frank, nessuno sa fare torte come le fa lui. Il fenomenale comico John, le sue barzellette sono opere d'arte. Si scambiavano autografi, si davano gran pacche sulle spalle, tutti erano felici di essere invidiati da tutti e di invidiare tutti. Erano tutti esperti e molto competenti nel loro lavoro, ma erano poveri perché a loro non importavano i soldi. Il problema dei soldi era il lavoro del capo del villaggio, che pagava tutti i conti e procurava alla gente tutto quello di cui aveva bisogno per sopravvivere e lavorare. A un certo punto cominciarono a diventare molto magri o molto grassi. Quelli che facevano lavori faticosi non mangiavano abbastanza e quelli che facevano lavori sedentari non si muovevano abbastanza.

Lo so cosa state pensando. E i bambini, c'erano i bambini? Cosa facevano i bambini? I bambini passavano tutta la loro infanzia con persone che si occupavano dei bambini perché questo era il loro lavoro. Da grandi potevano scegliere di innamorarsi del lavoro come tutti gli altri o scappare via dal villaggio. Un bel giorno uno dei figli del capo disse che non era giusto, che c'era qualcosa che non andava. Il capo rise, disse “Diventerai un politico di professione, o un giornalista, hai deciso che lavoro farai da grande?” Il bambino rispose “Sì, metterò su famiglia.” Il capo rise ancora, “Erano secoli che non sentivo quella parola, diventerai un professore di storia.” Il bambino rimase zitto, ma dentro di sé aveva già progettato la fuga perché aveva sentito dire che oltre il bosco, oltre i confini del villaggio, c'erano posti dove la famiglia non era una curiosità storica.

La domenica successiva gli abitanti del villaggio si alzarono per andare al lavoro. Lavoravano anche la domenica, lavoravano sempre, non erano previsti giorni di riposo. Si alzarono e scoprirono che non c'era più neanche un bambino nel villaggio. I più disperati furono coloro che per lavoro si occupavano dei bambini, gli altri rimasero un po' stupiti ma si sbrigarono a prepararsi per non far tardi al lavoro. Alcuni pensarono 'Beh, se poi spariscono tanto vale che non ne nascano altri', erano così presi dal lavoro che si erano scordati di essere stati anche loro bambini una volta. Così nel villaggio non nacquero più bambini, quelli che c'erano erano scappati tutti e il villaggio scomparve.

Sono rimaste solo delle rovine e i bambini che scapparono dal villaggio hanno messo su famiglia e portano in quel luogo i loro figli per mostrargli cosa succede quando dimentichi di esser stato bambino e ti lasci incantare dalla magia che è stata capace di distruggere un intero villaggio senza bisogno di usare la forza, premendo semplicemente bottoni nascosti nel cuore e nella testa delle persone. “Se non fai il bravo ti mando a vivere in un villaggio come questo”, dicono i genitori ai loro figli e non c'è neanche un bambino che non venga percorso dai brividi, che abbia il coraggio di rispondere “Ci andrei volentieri.”

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