venerdì 16 aprile 2010

Lemming-o-matic.

Alla festa c'è il rappresentante dei perni snodabili di nuova generazione, se ne sta vicino al bancone a distribuire materiale informativo coi polsini iridescenti a galleggiare nel buio sotto le luci stroboscopiche. I polsini e la parrucca azzurri, le fibbie smaltate dei mocassini e la punta bianca del fazzoletto nel taschino, il resto di lui pressoché invisibile. Tutt'intorno corpi in movimento, nel rombo di tamburi e delle nenie sassofonate. Onde di braccia, corpi di odalische e danzatrici hawaiane, teste di cane a molla incollate sul cruscotto. Ogni tanto uno sparo stuzzica la curiosità del rappresentante, allora si muove veloce, un gioco di gambe e una schivata, quindi torna lentamente alla compostezza di un distributore automatico. Giornalisti e manifestanti sono rimasti fuori, i poliziotti arrestano chiunque tenti di entrare senza invito. Aumenta il conto dei feriti quando una ragazzina, che fino a poco prima stava fingendo di scandalizzarsi per giungere all'ingresso senza impedimenti, estrae l'invito e lo sventola urlando insulti alla folla. Perché lo fai? Le chiede una voce stridula da vecchia, coperta da strepiti di indignazione. Benvenuti all'apocalisse, risponde lei con un sorriso sfacciato, quindi entra e l'apertura del portone è come la rottura del vetro di una vasca per cetacei, quintali di liquido sonoro coprono la folla che si porta le mani alle orecchie. Sono le percussioni, è il richiamo al villaggio per i cacciatori nascosti nella giungla. La ragazzina riempie i polmoni come prima di un tuffo e corre dentro tenendo sollevato il medio teso dietro di sé. La cronista famosa si sistema i capelli, si schiaccia qualche goccia di collirio negli occhi, fissa la telecamera e commenta il filmato. Dagli altoparlanti una voce profonda ogni tanto sovrasta la musica, dice cose come “Essi nasconderanno ogni opera delle loro mani e la getteranno nelle grotte”, “Questo è il nostro vanto, la testimonianza della nostra coscienza.” Quando succede gli scalmanati si gettano in terra e piroettano, le forsennate sollevano strati di gonne e volteggiano. La ragazza entrata da poco è pietrificata, il volto in estasi, una mano sul cuore e l'altra fra i capelli, fissa l'enorme piñata a forma di tetraedro che diffonderà gas letale quando il timer segnerà gli zeri. Una donna imporporata trascina il rappresentante verso il centro della pista, lei fa dondolare i lucchetti, lui tiene una pacco di opuscoli sotto il braccio lanciandone manciate in aria. Ci sono animali feroci dipinti su corpi seminudi che si aggirano bramosi alla ricerca di entusiasmo, elettrizzati dall'odore di sudori misti a paure. Il tempo scorre ovunque, le cifre del timer proiettate da raggi laser nella nebbia artificiale. “È un legno reciso nel bosco, è l'opera di un artigiano, è una fusione in argento” la voce è seguita da un boato di esaltazione e i tamburi vengono accompagnati da voci di donna che incitano, alitano inviti al limite del morboso.

Nessun commento: