martedì 13 aprile 2010

Primavera.

La domenica mattina Gregorio si sveglia alle sette in punto, come tutti gli altri giorni. Postacqua la domenica mattina esprime un atteggiamento mellifluo, indulgente. Le saracinesche abbassate, tranne quelle della pasticceria, del bar, dell'edicola e poche altre. La gente viene chiamata a raccolta dalle campane, si aggira malvolentieri con le mani in tasca come Pietro o baldanzosa come Beppe. Pietro è di nuovo in cassa integrazione, suo figlio Ronnie fa passi lunghi per restagli al fianco e anch'egli tiene le mani in tasca, cercando di imitarlo. I due non si parlano quasi mai eppure, vi diranno entrambi la stessa cosa, vanno molto d'accordo. Ronnie è un bambino che ascolta parecchio, anche adesso che suo padre sta parlando con Beppe. Osserva le espressioni e adegua la propria a quella del padre, sempre, ma le poche volte che esprime un parere, solo se interrogato, si capisce che i suoi pensieri non sono imitati.
Beppe sta parlando di biscotti, di qualcuno che dovrebbe smettere di criticare, di qualcosa che ha visto in televisione la sera prima. Beppe è molto informato e ha sempre un'opinione precisa. Pietro annuisce, fa quella sua risata che sembra lo scuotere una lattina con dei sassi dentro. Ronnie ride subito dopo, per quanto si sforzi la risata di suo padre è l'imitazione che gli riesce peggio. Un saluto frettoloso e Beppe corre via.
“Papà.”
Pietro cammina guardandosi le scarpe, ma non è triste, è fatto così. È come se non si ricordasse più come si faccia a essere in un altro modo. A un certo punto non ha più importanza e anche se non ti stai più sforzando il tuo corpo continua a pensarci.
“Papà?”
“Ti sento.” Pietro si volta a guardarlo per un momento.
“Oggi è una bella giornata.”
Pietro alza la testa, si guarda intorno, ci mette un po' prima di fare un cenno affermativo. Passano sotto l'arco che dà accesso alla piazza principale. Hanno montato una struttura, un tendone di plastica, ne esce profumo di pane e di pizza.
“Hai fame?”
Ronnie sorride, quando suo padre gli chiede se ha fame, se ha sete, se ha bisogno di qualcosa. Quello che sta dicendo in realtà è 'Ti voglio bene'. Pietro è fatto così. È molto difficile imitarlo. Ronnie è un bambino spigliato, entusiasta, solare. In questo momento la sua espressione è l'esatto opposto di quella che vorrebbe imitare. Se ne rende conto e prima di rispondere recupera, diventa accigliato, con un velo di ironia. Gli occhi di Pietro ridono, pieni di rughe. Toglie una mano dalla tasca e spettina suo figlio.
“Eddai, papà”, si ferma a specchiarsi in una vetrina.
“Tu fa come vuoi, io prendo qualcosa da mangiare, senti che profumo.”
Alcuni anziani hanno già fatto comunella, radunati sul sagrato, in uno spicchio di sole. Terenzio agita le mani, le guance arrossate, lanciato nell'ennesima discussione. Fabio lo usa come fosse un juke-box, quando Terenzio perde entusiasmo butta lì un commento ed è come se schiacciasse lettera e numero per una nuova canzone. Gli altri fingono di ascoltare e si guardano attorno, salutano conoscenti di passaggio, controllano i titoli sulla copertina del giornale. Aspettano. L'impressione generale è che aspettino qualcosa che sta per accadere o di cogliere sul fatto qualcuno.
Oltre al tendone dei fornai ci sono altri baracchini. Uno vende piante aromatiche in vaso, un altro raccoglie firme e offerte, ci sono palloncini da regalare ai bambini, un altro espone libri usati. Davanti a quest'ultimo c'è Enza, sempre pronta a sorriderti e a guardarti come un animale in gabbia, consapevole che non hai la chiave del lucchetto. Sta sfogliando un libro che ha scelto direttamente, senza degnarsi di sfiorare tutti gli altri. Ci sono romanzi d'avventura mai sentiti, vecchi bestsellers con la copertina rigida, manuali per il fai da te. Enza ha scelto 'L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello'. C'è una dedica, c'è una piuma fra le pagine, c'è una busta, attaccata con lo scotch dietro l'ultima pagina, con dentro un biglietto scritto a mano. Quando arriverà a casa Enza aprirà la busta, leggerà il biglietto. Ci sarà scritto qualcosa di commovente, ne è sicura, ma se anche così non fosse lo rimetterà dentro e fingerà che sia importante. Importante per chi lo scrisse, inutile per chi ha lasciato che finisse su una bancarella.
Il volume del chiacchiericcio aumenta, con l'aiuto di bambini nel passeggino che succhiano focaccine appena sfornate, di bambini che tengono i palloncini nella mano mentre rincorrono i piccioni. Terenzio a furia di parlare si è trovato costretto a una pausa e sta offrendo un bicchiere di vino agli amici. Lo bevono in piedi, non si siedono mai ai tavolini all'aperto che vanno via via riempiendosi quando le campane suonano a distesa la seconda, un quarto d'ora alla messa. Beppe sta parlando in inglese con gli americani, i coniugi in pensione Baylier, che si sono trasferiti qui l'anno scorso e stanno ancora finendo di ristrutturare la villetta. Enza ha ancora la cartolina che gli hanno spedito a Natale, il pupazzo di neve nel giardino col fumetto di 'Happy Xmas' e la scritta in gotico sul retro 'Baylier Mansion'. I sassi nella lattina di Pietro fanno girare chiunque venga raggiunto dalla risata. È per qualcosa che ha detto Ronnie. Uscito dal personaggio, il bambino si sta esibendo in una specie di balletto mentre racconta al padre come sono andate veramente le cose, quel giorno di tanto tempo fa, ovvero qualche mese prima.

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