mercoledì 1 dicembre 2010

All'università prestigiosa (2*N)

Quando vai all'università prestigiosa ti accorgi che tutti intorno a te sono orgogliosi di essere nell'università prestigiosa. Si vestono in modo consono per non avvilire il fascino delle grandi opportunità offerte con l'ingresso nell'università prestigiosa. Non si chiamano più amici di scuola, nemmeno compagni o camerati, si chiamano colleghi. Quando senti i professori che si riferiscono a persone che non conosci, che sono lì con te solo perché seguite lo stesso corso, che probabilmente ti aiuterebbero solo per mandarti a fondo meglio, che non vedono l'ora di emergere usando come scala i corpi ammucchiati di perdenti e sconfitti, i professori li definiscono tuoi colleghi e tu sai che è solo un appello alla civiltà, come dire non azzannatevi alla gola, se proprio dovete cercate di essere discreti e ricordatevi la distruzione delle prove. Se pensi che sia un ambiente infame che riguarda esclusivamente l'università prestigiosa e che il mondo del lavoro là fuori sia tutto un vogliamoci bene allora scusami tanto se non ti contraddico e ti lascio continuare il tuo comodo viaggio nel mondo dei sogni, forse verrò a trovarti nella casa d'accoglienza dove troverai riparo. Oppure confonderai la solidarietà e la collaborazione con l'affiliazione e l'associazione in branco e raggiungerai i vertici senza problemi, e ti basterà una telefonata per far finire qualcun altro sotto un ponte.

Questo è il primo insegnamento che viene impartito usando una semplice sostituzione di termini, da amico di scuola a collega d'università. Fino a quando non lo capisci sei ancora un liceale fresco di maturità che immagina futuri migliori, sentieri luminosi, destini gloriosi, e nelle pause del suo delirio shopenaur-hegeliano cerca di divertirsi e di sembrare normale quando incontra una ragazza carina. A un certo punto arriva il momento di aprire un libro e capire che usare colleghi non è poi niente di straordinario rispetto al linguaggio che viene usato nei libri dell'università prestigiosa, scritti da professori che hanno un quoziente intellettivo stellare, perlomeno nella parte che riguarda lo sviluppo di un linguaggio oscuro e in grado di massacrare anche l'attenzione e l'interesse di uno strafatto di coca. In quel momento esatto si aprono le nubi sul tuo capo e il raggio laser dell'astronave comprensione ti colpisce in mezzo agli occhi: non sai niente, non sei niente. Dovrai imparare non solo a estrapolare le informazioni rilevanti da questo gomitolo di sintassi spastica, traducendo dal matusaliano vocaboli che ti fanno invecchiare la lingua a pronunciarli, dovrai anche imparare a tua volta a scrivere in accademichese per non far la figura da Li'l Abner, e a parlarlo, possibilmente senza cadenze dialettali particolari, al massimo con accento inglese, ma rigorosamente british, non yankee, mi raccomando.

Alla fine arrivi alla tesi, che è la parte più bella se, com'è capitato a me, il correlatore precisino che ti sta facendo tribolare da mesi per le paturnie che lo assillano per via di contenuti che vorrebbe più compiacenti e metodi di analisi poco ortodossi viene bypassato dal boss, dal titolare di cattedra, che dice 'si stampi' quando lui aveva previsto altri mesi di tagli e rifacimenti. Avevo scelto quel professore come relatore perché lo stimavo davvero, credo ancora adesso che sia una delle persone più intelligenti che abbia mai conosciuto, il motivo è che se stai scrivendo per uno stupido scrivi stupidate che tanto è sufficiente così, ma se stai scrivendo per un genio ti preoccupi molto di più di passare per stupido e magari fai un piccolo sforzo ulteriore. La prima scelta era stata in effetti un professore del quale non pensavo granché bene, per fare meno fatica, avere meno seccature, ma il correlatore assegnatomi era ancora più capra di lui, poteva essere diversamente?, s'è mai visto un professore che si circonda di gente più intelligente di lui?, mai sottovalutare la furbizia degli stupidi, se sopravvivono così bene e al posto di estinguersi aumentano un motivo ci sarà. Quando ha cominciato ad annullare gli appuntamenti lamentandosi di continuo dei problemi meccanici con la sua macchina di merda sono andato a cercare qualcun altro senza nemmeno voltarmi a salutare.

Per vendicarmi del sistema scolastico, anni e anni a lasciarmi succhiare tempo e vita dalla noia, dalla prigionia forzata in classi deprimenti, ho inserito qualche chicca nella bibliografia, curioso di scoprire se qualcuno avrebbe mai letto e protestato. Perché la tesi non serve a niente in realtà, non la legge nessuno se non è obbligato, non si viene bocciati alla discussione della tesi, al massimo non si aggiungono molti punti al voto finale calcolato sulla media degli esami sostenuti. Lo studente passa mesi facendo avanti e indietro dalla biblioteca e dall'ufficio del correlatore. Se non sa scrivere, non sa ragionare, non sa mettere insieme questa specie di libro sui generis, non impara a farlo dal nulla. Un conto è ripetere quello che leggi sui libri, un altro è scrivere tu qualcosa che abbia un minimo di senso e di profondità. Da noi, a differenza di altri paesi, non ci sono corsi di scrittura, di ragionamento, di dialettica. Poi scoprono che un sacco di gente se la compra già fatta e non tutti sono casi di somari colti sul fatto. C'è gente che non ha gli strumenti per farla da sé, magari è preparatissimo nella sua materia ma non sa scrivere una tesi di laurea. E i professori lo sanno, per questo chiudono un occhio. Ho visto gente che non saprebbe nemmeno scrivere il riassunto delle sue vacanze al mare discutere tesi scritte da professionisti del copia incolla in biblioteca.

Prima di andare a spendere soldi per truffare il sistema e rischiare processi e figure barbine è meglio provarci da soli. Mi son divertito a scrivere la tesi, devo essere sincero. Era la mia occasione per mandare tutti a quel paese e cavarmela con piena assoluzione, e infatti certi musi lunghi alla discussione quando dicevo questo nobel dell'economia secondo me sostiene cose che non stanno né in cielo né in terra e quell'altra affermazione non sta in piedi senza stampelle ideologiche. Ho abbracciato posizioni controcorrente sui principi cardine della giurisprudenza fiscale, inserito il codice per una simulazione al computer del rischio nei mercati finanziari, messo in discussione teorie ritenute molto solide. Perché comprare una tesi già fatta quando nella tua ti puoi sbizzarrire a tuo piacimento? Non rischi più niente, sei alla fine, di cosa hai paura, che ti guardino storto? Ero così rilassato quando sono arrivato alla discussione che ho iniziato parlando di quello che avevo visto in tv la sera prima, e nessuno trova strana la cosa se lo metti in relazione anche lontanissima con l'argomento della tesi. Quando sei stufo di veder montare quell'aria da puzzetta sotto il naso nei membri della commissione che si aspettano l'accademichese e si vanno convincendo che tu non lo sai usare, è il momento di innestare il modulo divento quasi incomprensibile e far calare il buio in cavità oculari finora illuminate da un divertimento mal riposto.

L'aspetto più gratificante rimane la bibliografia, dove ho inserito titoli come il feticismo degli Zuni, il manuale di perito meccanico che usò mio padre negli anni '50 e le opinioni religiose di Einstein per verificare se qualcuno ci avrebbe fatto caso. La risposta è no, la bibliografia non l'ha controllata nessuno, e se l'ha fatto non ha trovato niente di strano. Sospetto che i membri della commissione non abbiano letto neanche la tesi, limitandosi a sbrigare la faccenda della discussione come una delle tante noiose incombenze legate all'insegnamento universitario. La tesi di laurea è una cerimonia scontata per festeggiare con amici e parenti, non è un esame. Ero l'unico senza mucchi di parenti venuti da chissà dove col vestito della festa, quegli orribili gessati da esselunga, a fare complimenti e omaggiare di regali e mazzi di fiori. Gli addetti alla gestione del parentado, che si occupano di filtrare la folla, di separare laureandi e vecchie zie, di permettere l'accesso all'aula dove il futuro salvatore del mondo sta per dimostrare il suo eroismo a un numero di parenti compatibile con la disponibilità di posti a sedere, in tutto questo io ero da solo, senza parenti, senza amici, senza penne nuove ancora nella scatola, senza fiori puzzolenti, senza manifesti goliardici né feste di laurea colme di invitati. Ho discusso la laurea con due sconosciuti come pubblico e me ne sono andato.


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