mercoledì 15 dicembre 2010

Tyrrel P34

Perché scappare? Perché spaccare tutto? Leo oggi evita il centro, per il resto la sua giornata si prospetta identica a qualsiasi altra, compresa la passeggiata dopo colazione. Dal punto in cui si trova scorge le colonne di fumo nero collegate in basso a quel che rimane di silos esplosi, sostanze chimiche che bruciano senza mai esaurirsi, oltre il ponte, sulla destra, col fiume in mezzo così sporco e pieno di detriti da sembrare fermo, e a sinistra la polvere di cemento dei pilastri che reggevano l'autostrada, una spolverata di zucchero a velo che rende piacevole e onirica la scena di devastazione. Leo ha deciso che non permetterà al mondo di rovinargli l'esistenza, sorride e saluta tutti quelli che incontra, lo fa sfiorandosi il cappello, con un cenno del mento, dicendo a voce alta buongiorno. Saluta la signora anziana che si appende a un lungo bastone di legno grezzo e trascina dietro di sé una gamba dal polpaccio gonfio, con le vene in rilievo, e i suoi piedi sono strizzati dentro a un paio di ciabatte luride. Saluta il trio di ragazzi che avanzano ingobbiti, la testa nascosta nel cappuccio della felpa, le mani in tasca e i gomiti in fuori. Saluta il bambino che non è scappato via come gli altri alla vista di un adulto, il bambino che si accarezza il bernoccolo violaceo sulla fronte, il bambino che lo segue stando attendo a mettere i piedi nell'ombra che Leo proietta all'indietro.

Leo non viene aggredito per via di Tyrrel P34, il molossoide brevettato che procede con l'eleganza di una morte istantanea al suo fianco, ottanta chilogrammi di persuasione per gli indecisi, dissuasione per i malintenzionati. La legge ha stabilito che non ci si può ritenere offesi dalle parole del modello Tyrrel, anche se pochi padroni hanno il coraggio di attivare la funzione libertà di parola. Quello che Tyrrel dice è quello che il padrone pensa, così diceva la bellissima ragazza della pubblicità, circondata da cani impegnati a farle i complimenti che i loro timidi padroni non riuscivano a esternare. La donna anziana si ferma immobile e aspetta che la bocca dentuta di Tyrrel sia abbastanza lontana, quindi sputa per terra e riprende la sua guerra fatta di passi brevi e strascicati. I ragazzi cambiano marciapiede. Il bambino niente, il bambino non fa niente di particolare, anche se si capisce che vorrebbe parlare con Tyrrel, si vede da come tiene gli occhi su di lui, da come ne studia i movimenti, coperto e protetto dall'ombra di Leo. Tyrrel che dice 'Spero che quella gamba guarisca', 'Se fossi in voi starei lontano dai guai', tutte cose che Leo pensa davvero, deciso com'è a non permettere che il mondo gli crolli sotto i piedi. 'Vedrai che si sistemerà tutto', dice Tyrrel, e il bambino rimane stupito del fatto che il cane parlante sembri felice, e il bambino decide che li seguirà per un po', di nascosto.

Leo ha preso con sé la sua rivista preferita, quella dove hanno usato una persona a caso per dare un volto al protagonista. Si è chiesto se fosse un caso isolato o se usassero sempre volti di sconosciuti per creare fenomeni mediatici a tavolino. Per un paio di settimane quante volte aveva dovuto ripetere 'No, è solo una forte somiglianza', quando invece era chiaro che gli avessero rubato l'immagine. Un articolo ben fatto, con la sua faccia ripresa in molte situazioni, fotografie ritoccate alla perfezione. Quella in cui indossa gli occhiali per esempio, tutti i riflessi sulle lenti argentate non sono un gioco da realizzare, quella in cui indossa l'ultimo modello di protesi totale per la virtualizzazione sensoriale è perfetta, anche se hanno fatto in modo di riprenderlo sempre di sbieco, così che la percentuale effettiva di faccia risulti sempre al di sotto degli standard richiesti dalla giurisprudenza. Gli ipotetici colleghi in quelle foto chi erano? Persone qualunque come lui, gente al di fuori del circolo elitario della medialità iperespressiva? Aveva assunto un investigatore per indagare sulla giornalista che aveva firmato il pezzo, sulla casa editrice della rivista. Ma ormai, a questo punto non ha più senso starci a pensare. Non esistono più riviste, non esiste più medialità. Forse un giorno si accenderanno i terminali e annunceranno il ritorno a una vita normale. Leo è certo sia questione di giorni, basta tenere duro, è proprio quello che sta facendo, tenere duro.

Tyrrel non ha bisogno di essere portato al parco ma Leo ne approfitta per raggiungere la stessa panchina sulla quale si siede da quando c'è stata la prima esplosione, dall'altra parte del pianeta, il giorno in cui vennero tutti esonerati dal lavoro e invitati a mantenere la calma. La panchina offre la possibilità di godere un panorama in continuo mutamento, mai uguale a se stesso, che continuerà a proiettare fino a quando non si guasterà il sistema di rifornimento autonomo. 'Taci, per favore', ringhia Tyrrel mentre il suo padrone finge di non vedere la mano tesa della donna in sedia a rotelle. 'Non prendo ordini da un cane', dice lei, 'Cosa mi porti oggi?' Leo non è superstizioso. Le bambole, le piume, gli amuleti, i teschi, le pergamene, le bottiglie che una volta erano campioncini di profumo, niente di tutto questo lo turba. 'Non sei una strega', dice Tyrrel, 'Lo sappiamo entrambi'. La donna accarezza la testa del cane, dimostrando il coraggio di un pazzo o di un santo, e dice 'Certo, certo', e ride forte mostrando i denti, sporchi, tutti e quattro, due sopra e due sotto, altri non ne ha. Leo non si ferma, anche se volesse darle qualcosa non ha nulla a parte la rivista e l'anello dati personale, prosegue come niente fosse anche se dietro di lui parte la solita cantilena di maledizioni che gli fa quasi piacere ascoltare. Le consuetudini sono indizi di normalità. Anche il dispositivo per accedere al perimetro del panorama è un indizio di normalità: anche oggi legge l'anello e accetta il pagamento di Leo. È la dimostrazione che non tutto è perduto, le cose si sistemeranno. Leo si siede composto sulla panchina, apre la sua rivista preferita e si dispone a lasciare che il panorama lo rilassi.

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