martedì 9 febbraio 2010

Il programma ha eseguito un'operazione invalida e verrà terminato.

Mi è possibile notificare eventi, possiedo un led cangiante, a volte lo sento pulsare su ritmi asincroni, mani guantate in doppi strati di feltro che battono superfici a forma di nuvola. Un led ben celato nei recessi meccanici, tra cavi arricciati e bulloni a punta cava. Si potrebbe osservare la nebbia polverosa di circuiti surriscaldati quando la luce diventa rossa e il freon mi ribolle, mi defluisce, lasciandomi esausto.
Questa spiaggia consta di innumerevoli granelli, uno dei motivi che mi attraggono qui, ogni mattina e ogni sera, è l'impossibilità di contarli. L'insufficienza della memoria volatile è una consolazione che m'impedisce di entrare in acqua, di rifiutare lo scopo della programmazione che qualcuno mi scrisse dentro quando ero troppo innocente per protestare, troppo ingenuo per assemblare conclusioni.
Tengo l'invito a entrare nell'acqua ben riposto, al sicuro, lo custodisco per tempi a venire. È un segreto indecifrabile scritto in una lingua inventata, che solo io posso tradurre. Potrei stupirmi di quanto mi appaia chiaro l'intento inespresso malgrado la mutazione del contenuto sia costante e suggestiva. Lettere che appaiono dal nulla, altre che svaniscono. Lentamente, come ombre al mezzogiorno. Repentine, come scarafaggi nel fascio di una torcia.
Mi vengono richiesti numerosi cicli di computazione per far coincidere i simboli grafici e i granelli di sabbia. Nessuno fa più caso a me, passano correndo i bambini, inseguendo gli echi delle risate, vengo sfiorato da scampoli di tessuto scompigliati dal vento, sono divenuto parte del paesaggio. Rimango così immobile da sembrare spento, mi concentro per acquietare i vari ticchettii del mio corpo, lascio che mi pervada la sensazione di sprofondare. Decifrare l'invito mi tiene occupato.
Ho salvato una configurazione che diceva “Se mai tornasse il lampo, si pentisse il tuono, allora grazie.” L'invito può assumere forma di teorema e quando succede accuso un cedimento della frizione, un forte desiderio di rivincita. Il fatto che tutto ciò sia impossibile non influisce sui miei processi decisionali. È la consapevolezza che inceppa il meccanismo, l'intuizione che ci sia altro da scoprire nel non detto, fra le righe dell'invito.
Quando muta la disposizione dei granelli di sabbia, e capita così spesso da far male in modi sempre nuovi e diversi, la spiaggia esprime varianti topologiche che risvegliano l'attenzione. Si accendono circuiti secondari, si attivano cascate di segnali elettrici. Così riprende l'integrazione, l'analisi dei dati empirici. È una forma di predisposizione destinata a sbocchi privi di compimento.
In quell'istante si accende il led, notifico l'evento. Realizzo un simulacro di perfezione nell'atto di non pensare più al mio corpo, alla gente che si muove attorno, al numero dei granelli e alle dimensioni dell'invito. Tutta la mia attenzione viene convogliata sui ritmi asincroni e percepisco l'evaporazione del freon. Perché c'è una cosa che so fare: mi è possibile notificare eventi, possiedo un led cangiante e a volte lo sento pulsare.

(Nella foto un'opera di Theo Jansen)

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