mercoledì 12 maggio 2010

Gekko.

Adesso ti spiego come funzionano i soldi, dice Quentin. Stiamo attraversando un quartiere dopo l'altro e lui ha in mano questo rettangolo di plastica con dei bottoni sopra, quando li schiaccia i semafori diventano verdi, la sbarre si sollevano, i cancelli si aprono. Quentin sta parlando da quando ci siamo incontrati, stava già parlando ed ero ancora troppo lontano per sentire cosa stesse dicendo. Era così anche da bambino, non riuscivo mai a inserire una parola, parlava anche per me, mi vedeva aprire bocca e mi afferrava il braccio, diceva anche le mie battute, solo che non erano mie, la sua mente schizzava parole ovunque e lui doveva solo prenderle e tenerne qualcuna per sé. Mi faceva dire cose stupide, di solito, ma ogni tanto mi faceva dire cose troppo intelligenti per me e mi sentivo ricompensato. Anche adesso non riesce a farmi dire quello che direi veramente se fossi io a parlare. No, mi dice, afferrandomi il braccio, non è come pensi, i soldi non esprimono un valore. Questo nel suo mondo l'ho detto io, è così che funziona Quentin. E invece ti dico che lo esprimono, prosegue, solo che non è il valore che intendi tu.

A me non interessa quello che dice Quentin, non mi è mai interessato. Mi piace solo cercare di seguire il filo dei suoi discorsi, schivando le parentesi, le divagazioni, distinguendo quando parla per sé da quando parla per uno o più interlocutori immaginari. Mi piace perché mentre parla guida e mi porta in posti strani, esclusivi, e credo lo sappia che non subirei il suo bisogno di parlarmi se non mi scarrozzasse in giro. Posso fare a meno di guardarlo e concentrarmi sul panorama, ho imparato a seguire i suoi ragionamenti come si ascolta la melodia concentrandosi sulle percussioni, senza farci caso. Perché a un certo punto Quentin decide che ti viene concesso il diritto di parlare e ti conviene avere qualcosa di arguto e sensato da aggiungere o sarebbe capace di spararti come si spara a un cavallo zoppo.

Non ricordo il nome di chi ha inventato la zona dei quartieri modello e non ho nessuno a cui chiederlo, c'è solo Quentin e lui non accetta domande, specialmente fuori tema. Stiamo viaggiando entro i limiti su un viale alberato molto pulito, così decorato da farti venire voglia di toccare le foglie per scoprire che sono di plastica o che la tua mano passa oltre, attraversa i laser dell'ologramma. C'è luce gialla che proviene da tutte le direzioni, mille soli invisibili nel cielo carta da zucchero, niente nuvole. Una ragazza in calzoncini sta correndo sul marciapiede, le spalle che si muovono come quelle di un boxeur. C'è una donna che pota un cespuglio fiorito, bambini che si lanciano una palla. Come si chiama questo quartiere, che modello rappresenta, non ho nessuno a cui chiederlo, Quentin non è una guida turistica.

Sta parlando ancora di soldi, di come ci siano più soldi che oggetti. Quando ci sono troppi soldi allora tutti hanno soldi ma cosa ci compri? Niente. Esatto, proprio così, hai detto bene. Non ho parlato, vorrei dirgli, ma non lo faccio. Emetto un singolo breve sbuffo che riassume il mio divertimento che implode. Suona come il punto alla fine della frase che nel mondo di Quentin ho appena pronunciato. A quel punto ci vogliono dei soldi che hanno un valore per comprare i soldi che non valgono più niente, dice Quentin. Poi sta zitto. Si sente solo il fruscio delle gomme sull'asfalto, sembra provenire delle ombre degli alberi, l'ombra delle foglie che scorrono sul parabrezza come uccelli in picchiata contro di me, mi viene da chinarmi per evitare che vadano a sbattere sulla mia faccia e invece si alzano all'ultimo momento e mi passano sopra.

Mi giro a guardarlo, sta fissando dritto davanti a sé, concentrato. Provo a parlare, so già che il suono della mia voce mi sembrerà strano, dopo un po' che sto con lui mi convinco che la mia voce autentica sia uguale a quella di Quentin. Dico mi sembra una bella storia, poi che succede? Non sto mentendo, mi piacciono sempre le sue storie. Questa è più cervellotica, i richiami e le postille, una storia che devia parecchio rispetto allo standard di Quentin a cui sono abituato. Preme un tasto e superiamo il confine col quartiere successivo. Qui è tutto grigio, molto cemento, vetrate a specchio. Un uomo con occhiali scuri ci osserva e parla col polsino della sua camicia. Non so, dice Quentin, soldi commestibili, mi sembra eccessivo. Si è ripreso, parlerà per la prossima ora, il prossimo mese, fino a quando la macchina che ci trasporta non finirà in pezzi con noi dentro ridotti a scheletri, quello di Quentin con la mandibola che va su e giù.

A un certo punto nella storia che mi sta raccontando, la storia che diventerà un file audio tra le migliaia catalogati nel computer di Quentin, il protagonista scopre che esistono solo i soldi. La gente ha smesso di lavorare e tutta la roba che compra viene dall'estero. Lo stato vende pezzi di carta a banche in giro per il mondo e i soldi che ci ricava li distribuisce ai cittadini che li usano per comprare cose prodotte all'estero. In pratica è una critica ai quartieri modello, per questo siamo qui, è il motivo per cui mi ci ha portato. Il resto del mondo paga per venire a vedere questa gente che vive producendo soldi senza valore, li vende in cambio di soldi veri. Come nei villaggi turistici, mi dice, come in crociera, ti danno dei pezzi di carta colorata o delle monete di plastica e ti dicono quella gialla vale dieci e quella blu vale cinquanta. Faccio finta di aver qualcosa da dire così Quentin mi afferra il braccio e va avanti a raccontare.

Mi vedo nell'atto di aprire la portiera e gettarmi fuori dall'abitacolo. Forse non se ne accorgerebbe nessuno. Magari non in questo quartiere, qui sarei riconoscibile come corpo estraneo, non ho i vestiti adeguati e magari usano un loro linguaggio particolare che si è sviluppato in anni di isolamento. La storia si apre proprio nel momento in cui crolla tutto, dice Quentin, la parte in cui le cose andavano bene e nessuno sospettava niente la faccio come dei flashback. Mi immagino questi tizi in completo scuro che invadono il quartiere delle villette, affamati, e in terra ci sono soldi di mille tipi, rifiuti che vengono presi a calci. Devi stare con me, dice Quentin, lo sai, darmi una mano con i dialoghi. Vedo la mia mano che afferra la maniglia e tira, l'asfalto venirmi incontro. Sono in un quartiere modello, ho sempre desiderato scoprire cosa si prova. La macchina si ferma, anche Quentin scende. Si guarda intorno, sta urlando ma è troppo lontano per sentire cosa sta dicendo. Mi arriva solo qualche pezzo di frase perché da qualche parte si è attivato un allarme che va da un ruggito appena percepibile a un fischio altissimo: ...zzeranno...ma sei...to?...bito in macc...are!

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