mercoledì 5 maggio 2010

Le cose che cambiano quando c'hai un figlio (25 di N)

Quando c'hai un figlio non vedi l'ora che sia diventato grande così se ti capitasse di morire non lasceresti orfano un bambino. D'altra parte vorresti che restasse piccolo perché è troppo divertente avere a che fare con tuo figlio che è ancora piccolo. Giocare ha un significato molto profondo quando non devi usare l'adultità per ridere. Non c'è niente di complesso, non serve toccare corde nascoste, seppellite sotto anni e anni di esperienza accumulata o subita, per far scaturire la gioia.

Per esempio un gioco che ti posso suggerire l'ho chiamato incontro casuale. Serve un tavolo, un padre e un figlio. Ci si mette uno di fronte all'altro e si dice “Oh, ma ciao, eccoti qua!” e il bambino risponde qualcosa, il mio dice per esempio “Ehi, cosa fai da queste parti?” Si parla un po' a caso e a un certo punto dici “Si è fatto tardi, devo andare”, “Hai ragione, anch'io ho un appuntamento”, “Allora io vado di qua”, “Io vado di là”, “Ciao allora, stammi bene”, “Ciao, alla prossima.” Si gira intorno al tavolo, ci si incontra di nuovo e parte una nuova scenetta.

Per rendere più complesso il gioco si possono inserire citazioni da libri o da film. Per esempio di punti in bianco io grido “Sono dappertutto!” e lui replica “Escono dalle fottute pareti!”, poi si torna al tono di voce normale “Adesso devo proprio andare”, “ È stato bello vederti, un giorno di questi dobbiamo organizzare qualcosa.” A volte il bambino passa sotto le gambe del padre e al posto di fare dietro front ci si allontana di spalle.

Una delle cose più belle è anche far finta di non capire qualcosa e farsela spiegare dal bambino. Il mio ha imparato ad approfittarne e si inventa le cose e io faccio finta di crederci sollevando obiezioni solo quando riscontro evidenti contraddizioni o illogicità troppo appariscente.

Sono tutte cose semplici quelle che ti danno maggiore soddisfazione. Uno magari pensa che si debba essere orgogliosi perché il figlio vince qualcosa, perché è più forte degli altri, perché può vantare un padre migliore degli altri padri. A me le cose che piacciono di più sono piccole, come stamattina che all'asilo sono arrivati i suoi amichetti e l'hanno portato via per giocare con lui. Di solito non si stacca da me se non arriva la maestra a prenderlo per mano, oggi no. Oggi sono arrivati dei bambini e l'hanno afferrato e l'hanno trascinato quasi di peso verso la zona giocattoli. Non mi ha neanche salutato, non si è nemmeno voltato a guardarmi andare via.

A me piacciono queste cose, tipo il padre uscì di scena come in quei film in cui tutta l'azione è da una parte e c'è questa figura umana che, da sola, si allontana, indecisa se sorridere, fischiettare, rimuginare, chiudersi nelle spalle, saltellare. Non c'è il regista a dirti cosa devi fare, non c'è scritto sulla sceneggiatura qualcosa di più preciso, c'è solo 'exit', e tu prendila come ti pare, ma devi uscire. Puoi pensare a cosa ricorderai tu di tutto questo e cosa ricorderà lui, che differenza di sentimenti ci può essere fra le persone quando, da posizioni molto distanti, si pongono di fronte a ricordi in comune. Oppure no, puoi anche non pensare a niente.

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