lunedì 4 ottobre 2010

Le cose che cambiano quando c'hai un figlio (29 di N)

Quando c'hai un figlio di notte senti le voci e spesso quello che dice la voce notturna di tuo figlio ti va a modificare i sogni. Stanotte alle 3:24, ho controllato l'ora, sono sicuro che fossero le 3:24 spaccate, stavo sognando qualcosa di tranquillo, c'era Daria Bignardi, stavo parlando con Daria Bignardi, avevo visto su internet una sua intervista qualche ora prima di dormire, per questo ho sognato Daria Bignardi.

In questo video su youtube si vedeva nel buio un tavolo rosso all'apparenza spaccato, una lastra di metallo smaltata di rosso, nel cono di luce di un faretto, quel rosso del sangue quando non ha ancora finito di coagularsi. Non so di cosa parlassero, non ascoltavo, mi piaceva di quel video seguire la telecamera in giro per lo studio, c'era un contenitore appeso al soffitto tramite cavi sottili, c'era una specie di protezione per le mensole di quelli da infilare sotto lo scolapiatti per raccogliere le gocce, per evitare di bagnare in giro, per proteggere le superfici sottostanti, e in questo caso la lastra di vetro o di plastica trasparente protegge la testa della Bignardi e ogni tanto la superficie si increspa perché una goccia cade dall'alto e ci finisce dentro, disturbando l'immagine proiettata, diversa o uguale a altre immagini proiettate in giro su varie superfici piatte o curve, grandi o piccole, vicine o distanti.

Ono convinto che ci dormirei volentieri in quello studio, per quello stavo sognando di parlare con Daria Bignardi e mi ricordo che le avevo chiesto qualcosa da bere, in una tazza come quella che usano dal Letterman, che non sai mai cosa ci sia dentro. E infatti lei mi chiede cosa ci vuoi dentro e io le dico qualsiasi cosa tu ritenga possa dissetarmi. E lei dice vodka. Io penso grappa di patate, e rido, dentro di me rido e penso che sono tutti matti, non la berrò mai quella roba. A questo punto, mentre Daria ordina a qualcuno di portarmi della vodka in una tazza da letterman io sento la voce e la voce dice “No!”, la voce grida “Non è giusto!”, una parte di me sa che è mio figlio che parla nel sonno e vorrebbe andare a fargli una carezza, a sussurrargli che è tutto a posto, ma un'altra parte di me queste cose le fa dire a Daria. La Bignardi si sporge sul tavolo, mette le mani sul tavolo, io penso che non lo farei, non metterei le mani su quel tavolo, Daria mi sussurra “ È tutto a posto, stai tranquillo” e siccome adesso le sue pupille sono accese dal di dentro, siccome ha dei led rossi accesi dentro agli occhi e i suoi capelli si muovono anche se non c'è vento, decido di raccontarle una storia, per calmarla, siamo in tv, penso, controllati.

Le racconto di questo ufficio, una storia di quelle in cui ci si godono le frasi senza che per forza abbiano un senso, una storia senza messaggio in cui i personaggi ogni tanto trovano un motivo per inserire nei dialoghi la parola vodka. Daria si rilassa e guarda sempre più spesso verso l'alto, guarda quella roba trasparente piena d'acqua che raccoglie gocce che cadono dal un rubinetto invisibile e a un certo punto si blocca, Daria diventa un fermo immagine con della bava che le scende da un angolo della bocca, respira pesante, credo che si sia addormentata. Non la sveglia nemmeno una voce da bambino che urla “ È finiiiiitaaaaaa!” e questo può significare solo una cosa, ovvero che la voce grida un'informazione banale e scontata, che non c'è nulla da preoccuparsi, che si può continuare a dormire.

Posso smettere di raccontare, nel sogno smetto di raccontare. La regia sta proiettando in giro spezzoni della mia vita che non ricordavo più. Alcuni sono spezzoni della mia vita se fosse andata diversamente, ne sono certo, e la cosa mi incuriosisce. Mi sento come se guardassi di nascosto la vita di un me stesso in un universo parallelo. La voce ora è molto vicina e mi dice “Papa, l'orologio è caduto, è stato un incidente” e aggiunge “è davvero complicato, è troppo vongoluminoso, non ci riesco papa” e io mi chiedo perché nessuno mi abbia portato la tazza promessa, ho davvero molta sete. Poi sento “ È giorno adesso?”, bella domanda, sono chiuso qua dentro con Daria che sbava, a guardare le mie vite alternative da quanto tempo, da quante ere? “Svegliati papa, dimmelo, è giorno adesso?”

Ecco perché so che erano le 3:24 precise. Quando c'hai un figlio capita che parla nel sonno, che grida nel sonno, che si sveglia e ti sveglia in piena notte per chiederti se le 3:24 antimeridiane si possa considerare giorno, dal momento che gli sembra di vedere del chiarore alla finestra, gli sembra che ci sia già un sole coperto da un cielo nuvoloso. Quando gli dici che è giorno in altri fusi orari, è giorno in certi canyon su Marte, è giorno quando si vuole ma secondo l'opinione dominante qui alle 3:24 è ancora notte lui dice “Oh, scusa se ti ho svegliato, pensavo che era giorno” e si rimette a letto e nel giro di qualche istante è di nuovo addormentato. A volte rimango sveglio e aspetto, non so cosa di preciso, aspetto come si aspetta una buona notizia che finisca la notte, ma di solito è come se trovassi anch'io come fa un bambino quel pulsante nascosto che fa addormentare, il bottone autoipnotico fatto di storie senza messaggio, di personaggi che parlano solo per aver la scusa di enunciare una parola chiave.

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