mercoledì 13 ottobre 2010

Supposta.

Tra due ore tocca a me uscire, prendere la supposta, è stato Jorge a chiamarla così, la capsula che ci porterà sopra, lassù, fuori da questa tomba, all'aria aperta. Due mesi in una gabbia di roccia, qualche minuto in una gabbia di ferro, la supposta infilata su per il culo di questa miniera assassina. Sono tutti di buon umore, perfino Mario, che è nato senza il dono del sorriso, ha una luce negli occhi che non ha mai avuto, quando guarda in alto, il soffitto della grotta, e chissà cosa immagina di vedere. Alfredo ripete da giorni che non gli interessa niente di finire in televisione, che se stringerà la mano del presidente sarà solo perché gliel'ha chiesto sua moglie. Alfredo ripete da giorni che a nessuno interessa davvero qualcosa di me, in particolare, o di Mario, in particolare, o di Roberto, in particolare, dice che siamo solo i minatori che verranno salvati, siamo attori di un film che l'anno prossimo sarà già sprofondato in quel posto dove finiscono tutte le cose che succedono agli sconosciuti e alle persone qualunque. Alfredo ripete da giorni che tutto quello che vuole è vedere il mare, sedersi in riva al mare sapendo di poter andare dove gli pare. Anch'io sogno sempre più spesso di trovarmi in posti senza muri.

Possiamo raggiungere con la voce chi sta quasi un chilometro sopra di noi. Parlare con i parenti, con i medici, con gli psicologi. Lo psicologo mi ha raccomandato di dormire quando le luci si abbassano per farci sapere che nel mondo dei liberi è notte. Mi fa moltissime domande, tutti i giorni, e io rispondo sincero. Mi ha chiesto se mi sento bene, ho detto non lo so. Mi ha chiesto se ho dei problemi, ho detto non lo so. Mi accorgo da come gli trema la voce che le mie risposte non lo soddisfano. Mi dice pensiamoci bene, sono qui per aiutarti a sopportare l'attesa nel miglior modo possibile. Ascolto, non sono il tipo che parla molto e il silenzio angustia il mio psicologo, dice non dobbiamo preoccuparci, ti posso assicurare che andrà tutto bene, presto ne verremo fuori. Dice verremo, come se fosse anche lui quaggiù con me, e a volte mi viene il dubbio che vorrebbe davvero esserci. Mi chiede se c'è qualcuno con cui mi piacerebbe parlare, che può mettermi in contatto con chiunque, e ci rimane così male quando gli faccio sapere che in questo momento non sento il bisogno di parlare con nessuno, rimane così deluso da spingermi a dire Sylvester Stallone, fammi parlare con Stallone. Ride, ridiamo. Dico chiamiamo il Papa, vogliamo parlare con Ratzinger, ci piacerebbe molto far due parole con Tom Waits. È molto contento quando anch'io uso la prima persona plurale.

Mia moglie anche oggi si è messa a piangere, dicendomi quanto le manco. Prima di restare bloccato sottoterra mia moglie era già tanto se mi salutava ogni tanto. Dice che là sopra la situazione è molto tesa, gente che era molto amica adesso si odia, scoppiano litigi per i contratti delle future interviste, per i diritti d'autore. Dice che quando tornerò fra i vivi diventerò ricco e famoso, di prepararmi a una nuova vita. Tornare fra i vivi, è una frase che da quando l'ha detta non smette di girarmi nel cervello. Leo si è riempito le tasche di sassi e altri piccoli oggetti, ogni tanto li tira fuori e li pulisce come se avessero un grandissimo valore. Non è il solo, anche Francis vuole portare con sé il più possibile, mi ha rimproverato di non fare lo stesso, dice che una volta fuori metterà all'asta anche la camicia che ha addosso. Una delle cose che mi ha colpito è stata la confusione e i battibecchi quando si è trattato di scegliere l'ordine di evacuazione. Alcuni volevano a tutti i costi uscire per primi, altri invece per ultimi, quasi nessuno ci teneva a uscire nel mezzo. Ho detto al mio psicologo che ci sono dei momenti i cui preferirei restare qua, rifiutarmi di entrare nella supposta, restarmene qui dove sono, da solo. Lui mi ha parlato in quel modo lento e preciso che utilizza solo passando dallo scrupolo alla paura e quando non aveva più voce mi ha invitato a cena, ha detto andiamo a mangiare insieme quando esci, d'accordo?, ero stanco di starlo a sentire e ho detto va bene. Ha detto perfetto, così mi piaci, per sicurezza ti mando giù delle pillole che ti aiuteranno a dormire meglio.

La supposta è un cilindro in rete metallica con un cavo d'acciaio per trascinarla nel cunicolo. C'è una mascherina per l'ossigeno, c'è un telefono d'emergenza. Ho avuto un sacco di tempo per pensare a cosa proverò entrando nella supposta. Non c'è molto da fare qui, a parte giocare a carte, fare ginnastica, intavolare lunghe chiacchierate, c'è fin troppo tempo per pensare. Sentirò i rumori del metallo che sfrega contro la pietra, mi coprirò gli occhi con le mani per evitare la polvere, conterò mentalmente i secondi visualizzando la mia ascesa come un puntino luminoso su uno schermo e di quando in quando mi sforzerò di vedere l'uscita, il cerchio luminoso del mondo dei vivi, il secondo parto, la nuova vita in attesa di possedere il mio corpo, l'esorcismo che mi libererà della vita vecchia, la metamorfosi. Ho sognato che arrivavo in cima e quando aprivano la supposta mi guardavo attorno e scoprivo di essere in ancora una grotta, solo un po' più grande, un po' più arieggiata e luminosa. Ho sognato che la supposta si bloccava a metà strada e mi dicevano che non c'era niente da fare, se ne andavano tutti e io stavo calmo, non mi disperavo, perché sapevo che in realtà ero rimasto l'unica persona viva al mondo e che sarei rimasto vivo per sempre, a percepire il trascorrere delle ere nel bozzolo protettivo della supposta. Ho sognato che la supposta usciva dal tempo e dallo spazio e quando ne venivo fuori mi trovavo nella vecchia casa in cui sono nato, in cui ho passato la mia infanzia. Ho sognato che era una capsula del tempo in grado di farmi tornare bambino e che premendo un bottone avrebbe fatto in modo di tagliare tutti i pezzi della mia vita che non avrei voluto rivivere.

(Disclaimer: i nomi ovviamente sono inventati, non c'è riferimeto a persone realmente esistenti)

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